Pubblicato da Famiglia cristiana n.° 16 – 20 aprile 2008
di Fausta Speranza da Israele
Tra i palestinesi cresce la violenza tra clan rivali e in ambito familiare. Lo denuncia Ray Dolphin, responsabile dell’OCHA, l’Ufficio dell’ONU per le questioni umanitarie nei Territori Occupati. Lo abbiamo incontrato nel suo ufficio di Gerusalemme. Tensione, disorientamento e anarchia non sono solo il frutto del sostanziale stallo nel processo di pace con gli israeliani ma anche del conflitto tra Fatah e Hamas. Dalla vittoria alle elezioni di Hamas a gennaio 2006 e lo scontro a giugno 2007 con gli esponenti del partito del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, la frattura non è ricomposta e si riflette sulla popolazione. Nell’ultimo incontro che hanno avuto nei giorni scorsi a Gerusalemme, il premier israeliano Olmert e il presidente palestinese Abu Mazen hanno ribadito di voler arrivare a un accordo di pace entro la fine del 2008, in coincidenza con la fine della presidenza di George W. Bush. Ma restano aperte tutte le questioni e cresce la sfiducia nella popolazione. La situazione a Gaza è quella di una terra sotto assedio ma anche in Cisgiordania il peggioramento delle condizioni di vita è evidente, a causa della frammentazione del territorio provocata dalla costruzione del famoso muro, che Tel Aviv porta avanti senza che la comunità internazionale se ne accorga.
Tutto ciò ovviamente si va a sommare alla situazione già tragica di decenni di conflitto. Si tratta di un terreno arido e difficile dove qualcuno continua a coltivare semi di non violenza, di dignità, di positività. E’ quello che accade al centro di accoglienza per bambini orfani o sbandati vicino Tel Aviv. Si trova nel villaggio di Lidda-Lod, che pur distando solo mezz’ora da Tel Aviv è molto povero, con una caratteristica: ad essere in difficoltà economiche in quella zona sono palestinesi con passaporto israeliano ma anche ebrei. Il fondatore si chiama Zidan Mtanes, è un avvocato palestinese cattolico, battezzato Antonio. Cristiani sono la maggior parte delle 7 persone che lavorano come volontari nel centro che si chiama Arfad Association, ma il 98% dei bambini che sono stati accolti finora e di quelli
che attualmente lo frequentano sono palestinesi musulmani. Al momento sono 140 minori, ospitati a dormire e seguiti per un recupero del percorso scolastico perso nella maggior parte dei casi. Antonio spiega che nella stessa zona o nelle vicinanze ci sono strutture con lo stesso obiettivo di recupero sovvenzionate dal governo israeliano ma sono solo per bambini ebrei. Da qui la spinta a crearne uno per tutti gli esclusi, di qualunque religione siano o qualunque passaporto abbiano.
In realtà il villaggio di cui parliamo, che nei secoli ha preso la denominazione di Lidda o quella di Lod, non è un villaggio qualunque: ospita il sepolcro di san Giorgio, il martire cristiano la cui memoria è celebrata anche nei riti siro e bizantino, dal IV secolo. La tradizione popolare lo raffigura come il cavaliere che affronta il drago, simbolo della fede intrepida che trionfa sulla forza del maligno. Il centro Arfad Association sorge all’ombra della chiesa dedicata a San Giorgio, chiesa affiancata, come spesso succede in Palestina, da una moschea. Abbiamo incontrato Antonio Zidan Mtanes nel cortile del suo centro, sorto tre anni fa.
Antonio, fino a che età i bambini posso stare?
Fino a 16 anni. Per il momento non ci è proprio possibile ospitarli o assicurare loro scolarità oltre. Certo viviamo il dramma di vederli andare via in un’età ancora molto difficile. E tanti di loro vengono da un’infanzia segnata da morte, carcere dei genitori o abbandono. E c’è poi il dramma del lavoro che non si trova. Cerchiamo di mantenere un filo forte con loro per tentare di non restituirli alla strada.
Ricevete aiuti?
Il governo israeliano non ci dà nessun sostegno di nessun tipo e neanche il Comune di appartenenza. Abbiamo avuto donazioni internazionali. Ringraziamo Dio per quello che riusciamo a fare: siamo tutti volontari. Il
punto è che ogni giorno si sente maggiore tensione. Sempre di più. Non soltanto aumenta il livello di violenza a livello familiare e a livello di clan tra i palestinesi, ma tutto ciò è motivo di inasprimento da parte israeliana. Parlo da arabo con passaporto israeliano: con la lotta tra palestinesi si esaspera l’atteggiamento nei nostri confronti degli israeliani. Vengono ancora meno i nostri diritti. Stiamo perdendo quel 30% di diritti che avevamo in rapporto agli israeliani ebrei. Siamo persi in Israele.
Nel tuo caso sei arabo con passaporto israeliano e cattolico…
Per noi cristiani è peggio. Siamo tra l’incudine e il martello. Noi cristiani palestinesi paghiamo tutto il prezzo dalla parte israeliana e dalla parte palestinese. Se gli arabi sono il 20%, i cristiani sono l’1,5%. Devo dire che si dice spesso che aumentano i musulmani ma bisogna anche dire che anche gli ebrei aumentano. In questa zona ne sono arrivati tanti dall’Etiopia ma anche dalla Russia, richiamati dal governo israeliano. E io parlando con alcuni giunti dalla Russia ho scoperto che erano cristiani ortodossi ma molto poveri e si sono convertiti all’ebraismo per essere accolti e iutati dal governo israeliano. Quindi, non è solo il numero di musulmani che aumenta. Aumenta, e anche in questo modo, il numero degli ebrei. La decisione del governo è giustificata da tanti discorsi di Olmert che ha parlato più volte di problema demografico. Hanno fatto venire milioni di persone.
In quanti anni?
In dieci anni.
Dunque già prima di Olmert con il governo Sharon. E continua questo processo?
Sì, continua. Continuano a far venire gente. C’è anche un altro motivo ora. Il governo ha bisogno anche di persone per il servizio militare. Ci sono
insediamenti di 400 coloni che hanno 4000 soldati che li proteggono.
Dalla vittoria a gennaio 2006 di Hamas, e in particolare negli ultimi 9 mesi, dopo lo scontro sul campo tra esponenti di Hamas e sostenitori di Fatah, c’è una drammatica situazione di divisione e di tensione tra palestinesi. Si sente nel quotidiano?
E’ un dolore per noi. Mi dispiace tantissimo, per il fatto che la Palestina è un luogo santo dove è nato e ha vissuto Gesù cristo. E ogni lotta e divisione che si gioca su questa terra aumenta la sofferenza.
Ha una speranza di negoziati?
Tutto sono talmente finti. Israele alla fin fine vuole occupare tutto il territorio arabo. I palestinesi voglio anche Gerusalemme capitale. Secondo me Gerusalemme è una questione cruciale. Se la questione di Gerusalemme si risolve tutto si risolve. Però a mio parere è talmente così difficile. Io una soluzione non ce l’ho.
Come avete vissuto l’incontro di Annapolis a novembre scorso?
Un incontro fatto in fabbrica, soltanto per far vedere al mondo che Bush faceva qualcosa. Un incontro finto. Ogni due anni fanno un incontro simile per calmare l’opinione pubblica internazionale e la gente qui. Io penso che la nostra speranza è solo un miracolo di Dio.
Che ne pensa di Hamas? Dello statuto fondativo del movimento?
Hamas è un’organizzazione violenta. Non mi piace la violenza e non mi piacciono i loro toni fanatici. Sono proprio fanatici. E già per questo non mi piace. Il loro obiettivo è di cancellare Israele e questo non è condivisibile. E poi c’è da dire che se potessero non sarebbero certo teneri con i cristiani. E’ un’organizzazione fanatica e violenta e io sono contro. Certo quando parlo di violenza devo anche dirti che io condanno anche tante cose che il
governo israeliano fa. Ognuno che decide di ammazzare senza motivo lascia senza fiato.
Si parla sempre della corruzione di Fatah. E’ stato uno dei motivi principali per cui si è spostato il voto?
La corruzione dispiaceva ma non è stato questo il motivo principale. La gente disperata appoggia il forte. Io non lo farei e non sono d’accordo ma quando tanti hanno visto che Fatah è debole, hanno appoggiato Hamas che sembra più forte. Il motivo è uno solo: non vogliono essere ammazzati e pensano di essere più protetti da uno forte. Non hanno visto altra scelta per vivere, anzi per sopravvivere perché qui non si vive, al massimo si sopravvive. Per esempio, la gente che vive a Gerusalemme e che non avendo passaporto israeliano vota nelle elezioni palestinesi, ha votato al 98% e rivolterebbe ora Hamas. Sanno che è un’organizzazione violenta ma dicono di essere esasperati e per questo di voler votare chi sembra forte. E’ un momento bruttissimo per i palestinesi:
L’isolamento di Gaza e la frantumazione del territorio in Cisgiordania con sempre nuovi insediamenti di coloni ebrei e conseguente blocco delle comunicazioni: è un momento particolarmente negativo e drammatico per i palestinesi. Ma se ne parla abbastanza secondo lei anche in Europa?
Da quello che so io no. Si fa solo il conto dei morti se sono tanti.
Intanto, in questi giorni, le autorità israeliane hanno deciso di distribuire di nuovo alla popolazione, a partire dall’anno prossimo, le maschere antigas, che erano state ritirate negli scorsi anni, in previsione di un conflitto nel quale le città del paese potrebbero essere colpite da missili armati con testate chimiche.