L’offensiva iraniana in Afghanistan

Armi, spie, enti e cultura: l’offensiva iraniana in Afghanistan

Secondo Dolat Nouruzi del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, movimento di opposizione iraniano a Parigi, Teheran fomenta il terrorismo in Afghanistan. La zona di Herat è fondamentale per lo smistamento di armi e uomini dei servizi iraniani. Tra gli obiettivi osteggiare i pashtun e cacciare le forze straniere.


di Fausta Speranza

Il regime di Teheran muove parecchi fili in Afghanistan e mai come ora sta raccogliendo i frutti di una semina che è cominciata anni fa. L’Iran ha una lunga frontiera con l’Afghanistan e molti afghani sono sciiti. E’ immediato, dunque, pensare che Teheran abbia le mani in pasta nella fase di instabilità che sta vivendo l’Afghanistan. E’ evidente anche l’accresciuto interesse: più Washington è impantanata in territorio afghano e meno ha possibilità di intervenire in alcun modo in Iran.

Nutrire il terrorismo, dunque, è missione prioritaria per la Repubblica islamica iraniana. L’Iran rappresenta il corridoio per il passaggio di uomini e armamenti in Afghanistan e in Pakistan, e resta attivo nonostante l’impegno delle forze internazionali. La base di Ansar, nel nord est dell’Iran, è punto nevralgico per tutto ciò. La zona di Herat, in Afghanistan, è un crocevia di smistamento delle armi benedette dai Mullah.

E’ una regione che si distingue per la mancanza di sicurezza. Nella regione di Herat c’è Valsoali, teatro il 13 ottobre 2008 di un attentato che ha distrutto una scuola che era stata da poco ristrutturata da una squadra italiana. Tra gli obiettivi del terrorismo c’è quello di far fuori tutte le forze straniere.

Ma la strategia di ingerenza è partita da lontano e non si muove solo sul binario del terrorismo. Quando i talebani erano al potere, molti dissidenti sono stati accolti a Teheran. Quei dissidenti oggi sono funzionari del governo di Karzai o governatori di amministrazioni importanti, e sono dunque punti fermi a Kabul per il regime di Khamenei, punti di influenza politica. Oppure sono titolari di compagnie legate a enti che gestiscono i campi dell’agricoltura, delle costruzioni o della cultura in diverse città afghane. Tante di queste compagnie e di questi enti sono un’efficiente copertura per i servizi segreti iraniani o sono cassa di risonanza dei valori della Rivoluzione islamica.

Ne è sicura la responsabile degli Affari Esteri del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, signora Dolat Nouruzi. Si tratta del gruppo di opposizione al regime di Teheran che ha sede a Parigi e che raccoglie ogni primavera nella capitale francese decine di migliaia di iraniani da tutto il mondo per il raduno annuale. Dolat Nouruzi a Limes fa un esempio preciso di compagnia di copertura: la compagnia Abadgaran, che ha sede proprio ad Herat. E poi conferma che la rete di funzionari e servizi segreti iraniani è significativa anche a kabul, Badghes, Bamian, Dainki. Da questi centri i servizi iraniani controllano pressoché tutto il territorio afghano.

A livello culturale i difensori del regime di Teheran trovano terreno fertile dove è maggiore la presenza di persone di lingua farsi e di sciiti e dove è più scarsa la presenza del gruppo etnico-linguistico dei pashtun. Dal punto di vista culturale, tra le “basi” della Rivoluzione islamica ci sono Kabul, Mazar Sharif, Kandahar, Jalal Abad. Per quanto riguarda la convivenza tra sciiti e sunniti, ovviamente la lunga mano dei Mullah è impegnata a provocare e a alimentare tensioni, anche attraverso organi di stampa locali. Dunque, armi, influenza politica e propaganda sono gli ingredienti di una presenza iraniana che si sta facendo sempre più significativa in Afghanistan, teatro ogni giorno di attacchi sanguinosi e teatro dei difficilissimi passi del presidente Karzai verso il nuovo governo.

La forza speciale dei Qods, voluta dai Mullah nel 1990 come braccio armato della Rivoluzione islamica iraniana per l’esportazione del fondamentalismo, ha lavorato molto in Afghanistan, come d’altra parte ha lavorato e sta lavorando in Iraq. In generale, a Teheran gli affari afghani vengono seguiti da vicino da Said Jalili, Segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale e fidatissimo di Khamenei. Non solo, nel Ministero degli Esteri iraniano c’è una “divisione Afghanistan”, diretta da Mohammad Ebrahim Taherian, ex ambasciatore iraniano in Afghanistan, che segue il “caso” Afghanistan dal punto di vista politico. Nella Forza Qods, gli “affari afghani” vengono coordinati dal generale passdar Mussavi.

L’Iran è una Repubblica Islamica basata sull’Istituto del “Velayat-e-Faqih”, il primato del giureconsulto sciita, praticamente il ruolo assoluto del clero. Questo è il “prodotto” principale che il regime dei Mullah vorrebbe esportare in Afghanistan, come anche in Libano, in Iraq e altrove. Ma, stando alle ultime notizie da Teheran sembra proprio che l’esercito di giovani che rappresentano il 70% degli oltre 68 milioni di iraniani abbiano ora come obbiettivo di rimettere in discussione tale primato.

Mentre nelle dimostrazioni post elezioni del 12 giugno scorso, la parola d’ordine era contestare Ahmadinejad, negli ultimi video che giungono di nascosto dalle università iraniane le urla sono contro l’autorità religiosa Khamenei, che ha veramente in mano il potere del Paese. Le manifestazioni continuano nonostante le condanne a morte eseguite in piazza e quelle annunciate. E il punto è che sembra proprio che le manifestazioni stiano alzando il tiro. Secondo Dolat Nouruzi, stanno per rovesciare il regime a Teheran. Significherebbe una scossa notevole a tanti equilibri di potere nella regione mediorientale..