E l’Europa fa appello alle religioni

di Fausta Speranza

Il Consiglio d’Europa ha chiesto ai leader religiosi di essere protagonisti del dialogo. Perché non si può parlare di cultura o identità dei popoli senza il concorso di tutte le fedi.

Thorbjiorm Jagland, Segret. Generale del Consiglio d’Europa.

Il Consiglio d’Europa fa appello alle religioni e bacchetta i media. Dopo anni in cui sembrava prevalere la ricerca di una certa neutralità di approccio che possibilmente facesse fuori il punto di vista delle confessioni religiose di per sé mai neutrali, c’è una vera e propria riscoperta dell’importanza della “dimensione religiosa del dialogo interculturale”. È stato proprio questo il tema dei due giorni di dibattito che l’organismo a 47 Paesi, nato per la difesa dei diritti umani, ha organizzato il 28 e 29 novembre a Lussemburgo.

Il messaggio è chiaro: il Segretario Generale del Consiglio d’Europa, Thorbjorn Jagland, che ha inaugurato eccezionalmente la Conferenza generale di quest’anno, ha chiesto ai leader religiosi di essere protagonisti dei tentativi di dialogo. È stato, inoltre, presentato il Rapporto redatto da eminenti personalità su richiesta del Consiglio d’Europa intitolato “Vivere insieme: combinando diversità e libertà nel 21esimo secolo in Europa”.

Si legge che in particolare la Chiesa cattolica a partire dal Concilio Ecumenico Vaticano II ha messo in atto un impegno notevole per chiamare al dialogo altre fedi. C’è da dire che la Chiesa si impegna nel dialogo interreligioso che è terreno diverso da quello interculturale e che soprattutto resta prerogativa delle fedi. Ma il punto è che le si riconosce un impegno particolare in termini di ascolto e di rispetto dell’altro.

Monsignor Aldo Giordano, osservatore permanente della Santa Sede.

Alla Conferenza, pertanto, sono stati chiamati mons. Aldo Giordano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa, padre Laurent Mazas del Pontificio Consiglio per la Cultura, mons. Piotr Mazurkiewicz, segretario generale della Commissione delle Conferenze Episcopali delle Comunità Europee, Comece. Così come personalità delle Chiese ortodosse e esponenti dell’Ebraismo e dell’Islam, ma anche rappresentanti di associazioni di atei.

Mons. Giordano parla esplicitamente di “nuova coscienza maturata in questi anni anche all’interno delle istituzioni europee: la consapevolezza dell’importanza del ruolo delle religioni per popoli e culture”. Non si può parlare di storia, di cultura, di identità di popoli senza parlare delle religioni. Questo è il primo punto, ma poi c’è il vero e proprio allarme lanciato sui media: in nome della libertà di espressione non si può mancare di rispetto alla diversità culturale e religiosa.

Un gruppo di lavoro durante il dibattito che si è svolto a Lussemburgo sul tema della “dimensione religiosa del dialogo interculturale”.
Il direttore generale dei Programmi del Consiglio d’Europa, Gabriella Battaini-Dragoni, spiega che la prima mancanza di rispetto è lo scollamento tra la realtà, seppure fatta di luci e ombre, e la rappresentazione a senso unico dei media che parlano delle diversità e delle religioni sempre in termini riduttivi, unilaterali e, quel che è più grave, in termini di contrapposizione. Il vizio dei mezzi di comunicazione di “parlare solo di scandali”, di “spettacolarizzare”, di “ridurre tutto allo scontro” è emerso in tante delle relazioni fatte da ambasciatori, esperti culturali.
La dottoressa Myria Georgiou, della London School of Economics, guarda ai nuovi media, che rappresentano indubbiamente una nuova frontiera della comunicazione in particolare con le piattaforme personali, per denunciare il rischio che ripetano con modalità nuove chiché antichi, schemi mentali che già in molti casi si vedono ricalcati dai mezzi tradizionali. Un esempio per tutti: costruire identità contro e non verso l’altro. Esattamente l’opposto di quello che serve a un’Europa in crisi sotto tanti punti di vista. Un’Europa che fa appello alle religioni.

Famiglia Cristiana 28 novembre 2011

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