Non più solo PIL ma PNS

Non più solo PIL ma PNS, Prodotto Nazionale Sapere: è la proposta dell’India all’Onu di Fausta Speranza, pubblicato su www.fabioghioni.net il 19 dicembre 2011

Dall’Homo Sapiens all’Homo Cognoscens: è possibile una “evoluzione biologica del pensiero” nella teoria dell’economista Umberto Sulpasso

Per capire il grado di “ricchezza” di un Paese non basta la rilevazione del Pil: è la convinzione dell’India che si appresta a presentare formale richiesta all’Onu di introdurre anche l’indicazione del Prodotto Nazionale Sapere. Il nuovo Indice di rilevazione, che in inglese suona Gross National Knowledge Product, dovrà dare la misura di quanto uno Stato sia in grado di produrre Sapere, di accumularlo, di farlo circolare. Non si tratta di eliminare il Pil ma di aggiungere un parametro che può fare la differenza. Ne è convinto l’economista Umberto Sulpasso, docente in diverse Università statunitensi, che ha contribuito a pensare l’iniziativa e che è concretamente impegnato a elaborare il possibile calcolo del Pns, perchè non sia solo un’idea. Per fare un solo esempio, si vogliono indicare dei fattori che possano essere Moltiplicatori del Sapere, con i quali avrebbero a che fare politiche fiscali e finanziarie.
Il termine Sapere evoca orizzonti di umanità, con l’immagine di Ulisse che tenta di varcare le Colonne d’Ercole della conoscenza, in ogni epoca. Ma in più c’è il concetto di Sapere condiviso che da sempre è un motivo di avanzamento delle società. Inoltre ci sembra un’idea geniale valutare il benessere di un popolo dal grado di conoscenze, perchè conoscenza significa anche libertà. Nulla come l’ignoranza crea catene all’uomo e lo espone a falsità. Nulla come un pensiero banale lo limita. Pensiamo alle nostre società ricche imbrigliate da un pensiero dominante, segnate dall’ansia di possedere oggetti glorificati come portatori di felicità, di venerare l’apparenza, condizionate negli ultimi anni da tanta banalità e stupidità televisiva.
In India ci sono studiosi e uomini delle istituzioni che stanno lavorando a tutto ciò. In attesa della presentazione all’Onu dell’articolata e precisa proposta, il prof. Sulpasso teorizza il tutto in un particolarissimo libro intitolato Darvinomics, edito da Il Saggiatore. Spazia da teorie economiche a citazioni letterarie, dalla fantascienza al jazz, attraverso anche colloqui impossibili con personaggi del passato. Il lettore è accompagnato e a volte sballottato anche da interpretazioni personalissime da approfondire, ma senz’altro arricchito. E’ l’arricchimento brutale e essenziale di chi sceglie la lucidità.
La prima consapevolezza è quella delle reali dimensioni della crisi economica che attraversa l’Occidente: Sulpasso afferma che è una crisi che può far implodere il nostro mondo di fronte alle economie crescenti di Cina e Russia che hanno rispettivamente la demografia e l’energia dalla loro parte. Teorie e meccanismi economici applicati finora hanno prodotto le attuali società in cui cresce il divario tra ricchi e poveri, cresce la disoccupazione e aumentano i costi dell’istruzione. La Gran Bretagna è l’esempio più lampante anche perchè lì ci sono state forti proteste dei giovani per l’aumento delle tasse scolastiche ma non è affatto l’unico paese. Dei tagli al Sapere si parla meno ma è forse l’elemento che più taglia le gambe al futuro, insieme al dramma della disoccupazione. Ed è proprio l’Occidente, che dovrebbe vantare l’arma del know how di fronte alle ricchezze di Cina e Russia, a tagliare l’istruzione. Pur senza amare le dietrologie da Grande fratello, non si può non concordare con Sulpasso quando dice che tutto questo fa pendant con la promozione di un’ignoranza diffusa che crei consenso, senza se e senza ma. L’Occidente non è solo questo insieme di negatività, per fortuna, ma per capire da dove viene la crisi è dalle debolezze che si deve partire. Perciò seguiamo Sulpasso nell’analisi che peraltro non è nuova. E’ rivoluzionaria invece la proposta di riscatto.
Per un Occidente un po’ addormentato, Sulpasso immagina nuove formule economiche che vadano oltre quella che definisce la Fossil Economy, cioè l’economia che andava bene prima dei profondi cambiamenti della globalizzazione. E chiama la nuova economia da inventare Darwinomics. Il concetto è spietato: se la disoccupazione continua a crescere, la fame porterà a conflitti sociali e guerre, e dunque il primo significato è che ne va della sopravvivenza della specie. Il secondo significato è che Darwin insegna che nei processi di selezione della specie non è il più forte a sopravvivere ma è quello che riesce meglio a modificarsi per adattarsi al nuovo ambiente. L’appello è chiaro: attento Occidente a non rimanere uguale a te stesso, solo più vecchio e più ignorante.
L’ignoranza è l’alternativa drammatica alla consapevolezza e alla capacità di produrre idee. Ci sembra questo il punto centrale. E qui ci piace pensare che si aprono  anche orizzonti di speranza. Nello scenario di una TV diventata quasi monopolio di un Sapere niente affatto indirizzato a creare coscienze vigili, si sono affacciate nuove forme di informazione e di comunicazione: Internet, con i suoi spazi dilatati, e i social network, promotori di condivisione per definizione. Spuntati un po’ in sordina, stanno palesando tutte le loro potenzialità, a partire dalla “primavera araba”. Ma non possono essere lasciati a loro stessi, per tanti motivi. L’uomo deve essere sempre attore protagonista di ogni tecnologia e non esserne in balia acriticamente. Personalmente ci piace ricordare l’espressione di Erich Auerbach: “solo l’uomo, ma in tutti i casi, in qualsiasi situazione terrena, è eroe drammatico e deve esserlo necessariamente”. Insomma, all’uomo spetta pensare e guidare la rivoluzione del Sapere che può salvarlo dalla nuova Grande recessione, che non è più solo uno spettro.
Va detto che Sulpasso azzarda un vero e proprio passaggio biologico da Homo Sapiens a Homo Cognoscens, cioè “da antropo che sa a quello che usa correttamente il proprio Sapere”. Dunque si parla dell’affascinantissima prospettiva di una evoluzione biologica del pensiero. Un ulteriore stimolo alla riflessione. Un ulteriore stimolo a promuovere pensieri creativi che entrino in conflitto con i pensieri dominanti, come è giusto che sia per avere dinamiche di crescita del pensiero e del Sapere dell’umanità! In definitiva, un appello a focalizzarsi sulle risorse intellettuali del pianeta per far fare all’uomo un passo in avanti.

Primavera araba, ecco i premi

L’egiziana Asmaa Mahfouz, 26 anni, e il libico Ahmed al-Sanusi, 78 anni, hanno ricevuto il Premio Sacharov 2011 per i diritti umani. Una battaglia che non è ancora finita.

Il libico Ahmed al-Sanusi, 78 anni, 31 dei quali passati nelle carceri libiche per aver partecipato al tentativo di ribellione a Gheddafi un anno dopo il colpo di Stato del colonnello.

I protagonisti della “primavera araba” ringraziano i media europei per il supporto assicurato finora ma chiedono anche che non si parli dei loro Paesi e dei loro popoli attraverso i soliti stereotipi. L’appello arriva da Asmaa Mahfouz, la giovane egiziana che ha ricevuto il Premio Sacharov per i diritti umani del Parlamento Europeo 2011 insieme con altri 4 protagonisti dei cambiamenti in atto nel mondo arabo. Mahfouz ha preso parte, mercoledì 14 dicembre, alla cerimonia di consegna del Premio nell’emiciclo di Strasburgo insieme con il libico Ahmed al-Sanusi. Le sedie pronte per gli altri tre sono rimaste vuote. Il riconoscimento a Mohamed Bouzazizi è stato assegnato alla memoria: l’ambulante tunisino che, dandosi fuoco il 17 dicembre 2010 per protesta contro soprusi e ingiustizie, ha dato il via a tutta l’ondata di proteste, è morto dopo 18 giorni.

Gli altri due premiati, invece, non sono riusciti a lasciare la Siria, Paese dove la repressione del regime del presidente Assad continua. Si tratta di Razan Zaitouneh, giovane donna avvocato per i diritti umani, creatrice e autrice del blog Syrian Human Rights Information Link, e di Ali Farzat, noto autore di satira politica al quale le forze di sicurezza ad agosto hanno rotto le ossa delle mani come avvertimento a smettere di criticare il regime attraverso vignette e cartoon.

L’egiziana Asmaa Mahfouz, 26 anni, dopo le proteste in Tunisia, ha contribuito alla nascita dell’analogo movimento in Egitto con i sui post su diversi social network.

Se in Siria siamo ancora nel pieno delle violenze, in Egitto e in Libia si vivono due diverse fasi di transizione accomunate dall’inquietudine. Asmaa Mahfouz è la più giovane laureata con il Premio Sacharov dall’istituzione nel 1988. Ha 26 anni. Dopo le proteste in Tunisia, ha contribuito alla nascita dell’analogo movimento in Egitto con i sui post su diversi social network, in particolare con i suoi coraggiosi video blog di ogni settimana. A Famiglia cristiana parla di una “battaglia niente affatto finita”. Spiega che “al momento in Egitto la situazione è in mano a uomini che gravitavano nella sfera di Mubarak” e che “la cacciata del presidente dittatore non può finire con la consegna del Paese ai militari”. “

La piazza non si fermerà e io stessa sarò ancora in piazza – dice – fino a quando non avremo un governo civile,  ma – sottolinea – in modo pacifico”. Chiede ai media europei di continuare ad assicurare il loro sostegno, evitando “gli stereotipi che ricorrono in tema di mondo arabo”, in particolare in tema di “Islam e di forze che si oppongono alla democrazia in nome di presunte leggi islamiche”. Chiede che si guardi  alle donne che in Egitto – assicura – “sono impegnate a fare chiarezza su questo”. “Non esiste una democrazia perfetta – aggiunge – ma esiste l’impegno a costruirne una in cui le donne siano protagoniste di pace.”

Premi Sacharov e il presidente PE Buzek

Ahmed al-Sanusi ha 78 anni e 31 li ha passati nelle carceri libiche per aver partecipato al tentativo di ribellione a Gheddafi un anno dopo il colpo di Stato del colonnello. Un passato lungo e pesante. Ma anche un presente attivo: fa parte del Consiglio Nazionale di Transizione in rappresentanza dei prigionieri politici di decenni di dittatura. Il modo di parlare risulta un po’ affaticato: rifiuta interviste personali. In conferenza stampa con il presidente del Parlamento Europeo, Buzek, sottolinea “l’urgenza in Libia di dare vita a un’Assemblea costituente per assicurare una Costituzione e libere elezioni e scongiurare lo strapotere di qualcuno”. Avverte: “Non può esserci spazio per vendette, la priorità deve essere la riconciliazione nazionale”. “La vera faccia del regime di Gheddafi deve essere mostrata al mondo in tutta la sua brutalità e chi si è macchiato di crimini contro la popolazione deve pagare ma ci vogliono processi e non vendette, ci vuole pace e non odio”. In queste parole si riassume la speranza in un futuro davvero di primavera e non di lungo inverno per i Paesi che, dal Nord Africa al Medio Oriente, sono caratterizzati da profonde differenze sociali, culturali perfino al loro interno ma che sono stati attraversati dallo stesso vento di cambiamento. Fausta Speranza da Strasburgo

Famiglia Cristiana del 19 dicembre 2011