Alle periferie dell’universo: la Specola Vaticana accoglie Papa Francesco

“Annunciamo con gioia che Papa Francesco ha pranzato con la comunità gesuita della Specola Vaticana. Siamo profondamente emozionati!”. Si apre così una serie di messaggi diffusi domenica su Twitter dai gesuiti astronomi di Castel Gandolfo in lingua italiana e poi in inglese, spagnolo e francese. La Specola Vaticana ha il suo quartier generale nelle Ville Pontificie di Castel Gandolfo, mentre la sede storica, nel Palazzo Pontificio proprio sopra l’appartamento del Papa, continua ad ospitare le cupole con i telescopi. Ma le osservazioni da qualche tempo si fanno presso il nuovo centro di ricerca, The Vatican Observatory Research Group (Vorg), che si trova negli Stati Uniti, a Tucson, presso lo Steward Observatory dell’Università dell’Arizona. Della particolarissima visita di Papa Francesco domenica a quella che si distingue come una delle più antiche istituzioni di ricerca astronomiche del mondo, Fausta Speranza ha parlato con padre José Gabriel Funes, direttore della Specola Vaticana:

R. – Una bellissima giornata per noi gesuiti, dipendenti della Specola Vaticana. Abbiamo accolto il Papa, gli abbiamo fatto vedere un po’ i locali che abbiamo qui a Castel Gandolfo. Il Papa ha visto alcuni libri antichi, i più preziosi che abbiamo, come – ad esempio – una copia del libro di Copernico De revolutionibus, poi Principia di Isaac Newton e ancora La riforma del calendario gregoriano e le Tabelle di padre Clavio, che ha partecipato a questa riforma. Ha visitato anche il laboratorio dei meteoriti, dove ha guardato nel microscopio un meteorite caduto a Buenos Aires. Fratel Consolmagno, che ne è il curatore, gli ha preparato questa piccola sorpresa. Alla fine del pranzo, il Papa ha firmato la pergamena che abbiamo con la firma di tutti i Papi: da Pio XI fino ad oggi, a Papa Francesco. E’ stato veramente molto bello e siamo molto contenti.

D. – Padre Funes, nessuno come voi della Specola Vaticana può essere felice di guardare il cielo con Papa Francesco…

R. – Certo, certo! E’ stato un momento molto bello, anche perché durante il pranzo abbiamo potuto parlare delle attività e dei progetti della Specola, quindi quello che noi facciamo, la nostra missione.

D. – Che significa guardare il cielo con lo sguardo di fede ma anche dal punto di vista scientifico?

R. – Questa prospettiva logica o scientifica aiuta anche una migliore comprensione religiosa dell’universo; ma d’altra parte, la conoscenza puramente scientifica è limitata, se non è aperta ad altri modi di conoscenza, come quello filosofico o religioso.

D. – Padre Funes, Papa Francesco, alla Specola Vaticana, è stato anche un gesuita tra gesuiti?

R. – Esatto. E’ stato un nostro confratello. Quindi una doppia gioia: avere il Papa con noi, il Papa gesuita. Poi è la prima volta che un Papa pranza con la comunità dei gesuiti della Specola: anche questa è una cosa straordinaria. Mi hanno raccontato che durante il primo anno del Pontificato di Giovanni Paolo II, dopo la Messa con la comunità, il giorno di Sant’Ignazio, il Papa si è recato presso la comunità dei padri, si è fermato per la prima colazione con i gesuiti e i dipendenti… Anche quella visita è stata molto familiare. Ma questa è stata la prima volta che un Papa pranza con la comunità dei padri gesuiti.

D. – Delle parole pronunciate finora da Papa Francesco, quale insegnamento per il vostro lavoro sentite più forte?

R. – Io credo che sia quello sul quale il Papa ha insistito sin dall’inizio: andare nelle periferie e non solo geografiche, ma anche esistenziali. La nostra missione fa parte di questo andare alla periferia più lontana – se così possiamo dire – perché riguarda l’universo: andiamo indietro, nel senso che esploriamo anche l’inizio dell’universo dal punto di vista della scienza, ma andiamo anche lontano, perché studiamo anche le galassie più lontane, lontanissime… E questo presenta delle domande che tutti ci dobbiamo fare nel rapporto tra scienza e fede. Penso che questa sia la missione della Specola: andare verso questa periferia veramente lontanissima, che è quella dell’universo, che è sempre dono di Dio.

Radio Vaticana del 15 luglio 2013

Padre Cremona: a dieci anni dalla scomparsa

Padre Carlo Cremona,
intellettuale di Dio
A dieci anni dalla scomparsa
l’UCSI Lazio ha ricordato il sacerdote agostiniano,
giornalista e scrittore in un incontro organizzato da Fausta Speranza
con brevi letture e contributi audio e tanti interventi,
presso Radio Vaticana, il 15 Luglio
Hanno partecipato tra gli altri:
L’Arcivescovo mons. Giovanni Marra
Padre Bernard Ardura,

Presidente del Pontificio Istituto di Scienze Storiche

Don Giuseppe Costa,

direttore della Libreria Editrice Vaticana

Giovanni Maria Vian,

direttore dell’Osservatore Romano

Fabio Zavattaro,

vaticanista della RAI (Tg1)

Claudio Baldasseroni,

responsabile Nastroteca RAI

V I D E O

Il meglio in rassegna  stampa:

in OSSERVATORE ROMANO del 16 Luglio 2013

Autentico comunicatore della fede. Erano appena passate le 10 di domenica 13 luglio 2003 quando, negli studi Rai di Saxa Rubra, subito dopo aver partecipato al dibattito sull’Angelus pronunciato la settimana prima da Giovanni Paolo II, moriva a ottantasei anni padre Carlo Cremona, il pioniere del giornalismo religioso in Italia.«È morto — scriverà Gianfranco Grieco su «L’Osservatore Romano» — sulla breccia come ha sempre desiderato. È morto dopo aver annunciato ancora una volta la Parola di Dio in televisione, lo strumento che lo ha fatto diventare “popolare” come padre Mariano da Torino. Lunga è stata la stagione radiotelevisiva di Padre Cremona che dagli anni Cinquanta, quando era parroco di Santa Maria del Popolo, vicino alla sede Rai di via del Babuino, ha incominciato a offrire a un pubblico sempre più vasto la Parola di Dio». E proseguiva Grieco nel suo ricordo: «Lavorava sodo padre Cremona. A questa fedeltà di lavoro che intendeva come “missione” perché la sua parrocchia era vasta quanto il mondo, non si sottraeva mai nell’annunciare la Parola di Dio. Dai pulpiti delle chiese, ai dibattiti; dalla radio e dalla televisione pubblica e privata a Radio Maria, sempre e dovunque, opportune et importune».A dieci anni esatti dalla scomparsa di Carlo Cremona, l’Unione Cattolica Stampa Lazio ha ricordato il sacerdote agostiniano con una tavola rotonda dedicata all’«Intellettuale di Dio». Organizzato da Fausta Speranza nella Sala Marconi di Radio Vaticana, l’incontro ha visto la partecipazione dell’arcivescovo Giovanni Marra, di padre Bernard Ardura, presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, del direttore della Libreria Editrice Vaticana don Giuseppe Costa, del vaticanista del Tg1 Fabio Zavattaro, del responsabile della Nastroteca Rai Claudio Baldasseroni e del direttore del nostro giornale. Quattro le dimensioni importanti emerse dai ricordi personali e professionali legati a padre Cremona: il rapporto con sant’Agostino (di cui il religioso di Genazzano scrisse una biografia, ristampata ben dodici volte), il rapporto con l’arte, quello con Paolo VI — anche di Montini Cremona scrisse una biografia — e monsignor Pasquale Macchi (che alla scomparsa dell’amico sacerdote ne ricordò «la gioia di vivere, di credere, di realizzare la propria vocazione, di rendere al mondo quei doni che Dio ha seminato in ciascuno»), e, infine, il rapporto con il mondo del giornalismo. Fu un autentico comunicatore della fede, padre Carlo Cremona. E per una volta tanto non vi fu bisogno della sua scomparsa per apprezzarne il valore e l’impegno: il 20 dicembre 1978 Raimondo Manzini — che aveva diretto L’Osservatore dal 1960 all’inizio di quell’anno — raccontava sulle pagine del nostro giornale il colloquio avuto casualmente con un tassista romano, all’ora di punta. Tra auto, sorpassi, macchine e attraversamenti insidiosi, il tassista raccontò a Manzini cosa significassero per lui quei cinque minuti di trasmissione radiofonica il sabato a mezzogiorno. Cinque minuti in cui la voce di padre Cremona seminava nell’ascoltatore «sacerdotale esperienza, evangelica comprensione e umana pietà, senza peraltro concessioni a qualsiasi spirito di compromesso».