Valeria Golino spiega che non ha voluto fare un film che promuovesse l’eutanasia ma piuttosto un film che facesse capire il dramma di chi vuole ricorrervi e di chi è vicino.
di Fausta Speranza
Mentre l’Assemblea plenaria dell’europarlamento ha bocciato il rapporto della socialista Estrela che voleva aprire a aborto e eutanasia, lo stesso giorno nello stesso luogo a Strasburgo, si presentano i finalisti del Premio Lux dedicato ai film europei di impegno sociale, tra i quali compare Valeria Golino con il suo Miele dedicato al suicidio assistito.
Primo è stato Alabama Monroe. Una storia d’amore, del belga Felix Van Groeningen. E’ incentrato sul tema della diversità culturale che viene in luce all’interno di una coppia, in particolare di fronte alla malattia della loro figlioletta, che chiama in causa valori profondi. Terzo classificato è The selfish giant, della britannica britannico Clio Barnard, dedicato al dramma del lavoro minorile. E c’è appunto il secondo posto assegnato a Valeria Golino che, in Miele, affronta il dramma di chi chiede la morte.
Abbiamo incontrato l’attrice che è al suo primo film da produttrice. Spiega che non ha voluto fare un film che promuovesse l’eutanasia ma piuttosto un film che facesse capire il dramma di chi vuole ricorrervi e di chi è vicino. Le facciamo notare che il messaggio del film però risulta sbilanciato alla fine verso il sì al suicidio assistito e ammette che questa è la sua propensione ma ci confessa: «Al momento di fare il film avevo tanti dubbi e dopo averlo fatto me ne restano tantissimi». Ci ricorda di aver preso al festival di Cannes il premio della Giuria ecumenica, volendo sottolineare che il suo è «un film niente affatto politico ma dedicato al sentimento umanissimo della pietas e che è davvero quello che le interessa smuovere».
Resta tutta l’importanza di sollevare attraverso espressioni artistiche tematiche scottanti, ma anche l’importanza di seguire il dibattito quando approda in sede politica perche’ li’ non si fa più discussione ma decisione che riguarda tutti. Ieri è stato sfiorato un passo che avrebbe potuto essere di non ritorno. L’impressione è che, complice la crisi economica che occupa tutti gli spazi dedicati a Bruxelles, di fronte alle sfide epocali di quanto bolle in pentola in Europa e delle diverse posizioni che risultano sempre piu’ difficili da individuare, non si parli abbastanza.
Testo proveniente dalla pagina del sito Famiglia Cristiana dell’11 dicembre 2013