Presidente Commissione Europea Juncker – AFP23/10/2014
Vertice europeo oggi a Bruxelles: sul tavolo le più importanti questioni interne e internazionali, dalla situazione economica dell’Ue al sedicente Stato islamico, fino a Ebola e alla necessità di aiuti per l’Africa occidentale. E’ l’ultimo Consiglio europeo guidato da Van Rompuy a cui parteciperà, come presidente della Commissione, Barroso. Solo dal primo novembre, infatti, assumerà pieno ruolo il nuovo esecutivo comunitario votato ieri dall’Europarlamento. Della nuova Commissione ci parla Fausta Speranza:
Sarà l’esecutivo “dell’ultima chance” per l’Europa: a dirlo è Jean Claude Juncker, nuovo presidente della Commissione, approvata con 423 si’, 209 no, e 67 astenuti e in carica fino al 2019. L’esponente lussemburghese del Partito Popolare Europeo, che ha guidato l’Eurogruppo dal 2005 al 2013, annuncia che la Commissione presenterà “entro Natale” un piano di investimenti da 300 miliardi. Sembra parlare a Parigi e a Roma quando afferma che sulla disciplina di bilancio non ci saranno svolte epocali, che “le regole di stabilità non si cambiano”. Per poi aggiungere che si applicheranno “i margini di flessibilità consentiti dai trattati”. Non senza raccomandare le riforme strutturali. Juncker ribadisce: con deficit e debito non si cresce. Da parte sua, Federica Mogherini, che ha il ruolo di Alto commissario per gli Affari esteri, assicura che il nuovo governo europeo sarà “più politico ed efficace”.
Della promessa di investimenti per assicurare crescita e occupazione, abbiamo parlato con Leonardo Becchetti, docente di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma:
R. – Ci sono molte incognite, perché per esempio se gli investimenti devono essere co-finanziati a livello nazionale, il rischio è che non si possano fare perché si può sforare il limite del deficit. In ogni caso, io credo che in questo momento l’Europa abbia bisogno di un cambio fondamentale. L’equilibrio di bilancio si può perseguire a livello nazionale ma solo se cambia la cornice della politica europea, quindi se c’è una politica di investimenti forti a livello europeo, e se c’è una politica monetaria diversa con una Bce che monetizza il debito, come stanno facendo negli Stati Uniti e in Inghilterra.
D. – Juncker sottolinea: “Con deficit e debito non ci può essere crescita”…
R. – Infatti ci vuole una ristrutturazione che riduce il debito, attraverso l’intervento della Banca centrale europea. E’ evidente che dobbiamo crescere mantenendo la sostenibilità economica, quindi evitando che il rapporto debito-Pil cresca. Ma la strada che abbiamo scelto finora, che era quella dell’austerità, ha clamorosamente fallito, perché i rapporti debito Pil sono aumentati tantissimo proprio per colpa dell’austerità. Soprattutto se guardiamo a Grecia, Portogallo e Spagna – la Spagna ha triplicato il suo rapporto debito-Pil -, e anche se guardiamo al nostro Paese. La strada, quindi, è diversa: il rapporto debito-Pil si riduce aumentando il denominatore, non semplicemente tagliando la spesa. Lo ha detto anche Draghi, presidente della Bce. Draghi ha spiegato che non bisogna tagliare la spesa ma bisogna spostare la spesa pubblica da direzioni in cui è improduttiva, ed è spreco, a direzioni in cui invece può aumentare le risorse del Paese.
D. – Che cosa significa consolidamento fiscale? Altro punto centrale sul quale punta l’attenzione Jucker insieme agli investimenti…
R. – Io credo che lui ritenga necessario un uso migliore della politica fiscale, quindi laddove c’è la spesa, la spesa deve essere una spesa per investimenti: cioè, quella spesa che ha un moltiplicatore elevato e produce più risorse di quello che lo Stato spende, quindi ha un effetto positivo sia sul Pil che sul bilancio. E ovviamente questo andrebbe bene insieme anche ad una riorganizzazione del fisco, quindi delle aliquote sulle imprese per un’armonizzazione fiscale. Quindi ci vuole un tipo di azione che migliori complessivamente l’impatto della politica fiscale sull’economia europea.
D. – Professore, lei è tra i 340 economisti che lanciano un appello a Renzi a sfruttare la presidenza italiana per fare passi avanti proprio significativi in questo senso. C’è altro in quell’appello?
R.– Senz’altro, è un momento di politica alta. Tutti non stanno rispettando le regole in questo momento: abbiamo sei Paesi sopra il tre per cento – la Bce non ci dà l’inflazione del 2 per cento che sarebbe fondamentale per ridurre il debito – c’è bisogno di ridiscutere le regole, di creare un quadro di regole nuove, più adatto a quello che stanno facendo altri Paesi per affrontare la sfida della globalizzazione. Noi mettiamo sei punti. Uno di questi è la politica fiscale, espansiva dell’Europa, quindi in linea con quanto dice Juncker. Poi ci sono altri punti importanti che riguardano i ruoli della Bce e che riguardano anche il tema dell’armonizzazione fiscale, difficilissima l’unione monetaria con paradisi fiscali e aliquote fiscali così diverse.