Summit Asia-Africa: i due continenti sempre più vicini

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partecipanti a vertice Asia Africa  (foto REUTERS)

Sono 77 i Paesi rappresentati al vertice Asia-Africa, in corso da lunedì a Giakarta in Indonesia. Di questi almeno 34 partecipano al massimo livello, attraverso capi di Stato o di governo. Tema dell’incontro: “Realizzare una partnership asiatico–africana per il progresso e la prosperità”. Il presidente indonesiano, Joko Widodo, che ha aperto i lavori, ha esortato gli Stati a varare legislazioni più favorevoli alle imprese. Il vertice si svolge a 60 anni dalla prima conferenza dei Paesi d’Africa e d’Asia che si svolse nel 1955 nella città indonesiana di Bandung. Per capire novità e prospettive di oggi, Fausta Speranza ha intervistato Antonello Biagini, docente di Internazionalizzazione all’Università La Sapienza di Roma:

R. – Il fatto che si tenti una sorta di visione univoca dei problemi potrebbe rappresentare una grande innovazione, soprattutto nella politica internazionale di questa nostra fase, che per molti aspetti è estremamente confusa e manca quasi di una leadership mondialD. – Quando diciamo “partnership” diciamo innanzitutto il piano economico o il piano politico?

R. – In questo caso all’ordine del giorno mi sembra che ci siano temi che riguardano l’aspetto dello sviluppo, che è il tema principale per questi due Continenti. E su questo non c’è alcun dubbio. La grande presenza della potenza economica della Cina, che cammina ormai a livelli di sviluppo a doppia cifra, anche se c’è una parte di rallentamento; l’India, che è un’altra grande realtà; ma poi tutto il resto dell’Asia: la Corea; lo sviluppo che c’è nel Vietnam in questa fase. Quindi, sono Paesi in forte crescita. Dall’altro, nella stessa Africa si registrano, al di là delle complessità, dei problemi che abbiamo sull’Africa a nord del Sahara, anche nel resto dell’Africa negli ultimi anni si sono registrate delle forme di ripresa, di riorganizzazione. E riorganizzare l’economia in qualche modo significa anche riorganizzare la politica. Poi, il problema dei due processi è quale deve avvenire prima. Per certi aspetti, gli accordi politici potrebbero mettere in moto poi le sinergie positive per l’economia. Però, mi sembra che in questo caso il primo elemento sia un’idea di relazioni internazionali che coinvolgano due grandi soggetti che,  storicamente, o appartenevano ai Paesi non allineati oppure erano Paesi a sviluppo bloccato per certi aspetti, perché ancora subivano le conseguenze o della decolonizzazione o del post-colonialismo, cioè la prima fase dell’indipendenza che molto spesso è stata turbolenta. In alcuni casi ci sono stati conflitti veri e propri come nel caso del Vietnam, tanto per ricordare quello che più o meno tutti ricordano. Ma anche in Corea, la stessa Corea che ancora oggi è divisa: è il prodotto di un grande conflitto che era anche ideologico, che era anche di sistema politico e in parte lo è ancora.

D. – Chi si siede davvero al tavolo quando parliamo di vertice “Africa – Asia”? Da una parte c’è l’Unione Africana, dall’altra c’è la Cina? Chi sono gli interlocutori veri?

R. – Sicuramente la Cina ha un ruolo preponderante in questo caso. I cinesi hanno dichiarato che il XXI secolo sarebbe stato il secolo della Cina. Ora, al di là dell’affermazione che può sembrare ridondante, ci sono alcuni elementi, sia della crescita economica, ma direi anche delle posizioni che la Cina assume in politica estera, che sono veramente calibrati sul ruolo di una grande potenza. Sul versante africano, sicuramente hanno peso Paesi all’interno dell’Unione Africana: io penso ad esempio sicuramente al Sud Africa, che fino all’altro ieri rappresentava una realtà importante di come anche si potesse gestire un passaggio da una situazione coloniale o semi-coloniale o comunque di apartheid a una situazione invece completamente nuova e diversa, salvo che questi ultimi giorni abbiamo visto scontri sociali. Poi, certo, ci sono i grandi Paesi dell’Africa: possiamo pensare al Kenya, che però in questa fase ha dei problemi. Ci sono altri grandi Paesi africani come la Nigeria stessa, il Mozambico: ci sono Paesi che rappresentano delle realtà estremamente interessanti. Come dicevo prima: l’Unione Africana in qualche modo è una cornice che tiene insieme molti di questi Paesi, quindi formalmente sarà l’interlocutore. Poi, dietro questo, bisognerà aspettare e capire anche in base ai risultati di questi primi lavori, verso quale direzione potrà andare questa nuova modalità di interpretare la politica  tra due aree continentali completamente diverse. Il punto centrale è che si sta bypassando gli interlocutori storici per certi versi, che erano: da un lato, i Paesi dell’Europa e, dall’altro lato, gli Stati Uniti. Anche un po’ la Russia ma la Russia è sempre entrata poco nel gioco africano. È stata più attenta alla contiguità territoriale in Asia, piuttosto che spingersi in Africa, salvo il caso dell’Egitto tanti anni fa. Insomma non ha avuto mai questa grande presenza in Africa e nel mondo africano.
Trasmissione del Radiogiornale della Radio Vaticana del 22 aprile 2015