In Polonia il primo vertice Nato dopo Brexit

di Fausta Speranza

La Brexit entra nei dibattiti dell’Alleanza atlantica e dunque anche negli equilibri dell’occidente con la Russia. L’8 luglio si apre a Varsavia il primo vertice Nato dopo il referendum che chiede l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea (Ue). Un vertice dal quale ci si aspetta un rilancio della cooperazione tra Nato e Ue, anche alla luce del ruolo sempre più importante di Mosca sullo scacchiere internazionale e, a questo punto,  di fronte ai possibili vantaggi che Mosca potrà trarre da un’Europa a 27.

Il Regno Unito copre, tra gli alleati europei della Nato, un quarto della spesa per la difesa. Si capisce bene, allora,  perché il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, alla vigilia dell’incontro a Varsavia, abbia rassicurato che «la Brexit cambierà il rapporto tra Regno Unito e Ue, ma non cambierà la posizione di Londra all’interno della Nato». Ma Stoltenberg ha voluto anche sottolineare che «i rapporti con Bruxelles si intensificheranno», annunciando che, proprio nella capitale polacca, i vertici della Nato e dell’Unione europea «firmeranno una dichiarazione di impegno a sviluppare e rafforzare la cooperazione».

Se si compattano le fila è perché le sfide incombono. Dal punto di vista della Nato, viene meno nel cuore dell’Unione europea  il più forte alleato degli Stati Uniti, dunque c’è bisogno di sentire Bruxelles più vicina, al riparo da posizioni distanti da Washington. Dal punto di vista dell’Ue, l’esito del referendum britannico comporterà l’uscita del Paese che ha tenuto testa alla Russia su dossier cruciali come i fatti della Crimea e la crisi ucraina, ma anche sulle questioni energetiche. Sulle sanzioni a Mosca, volute in relazione alla situazione nell’est dell’Ucraina, al momento delle decisioni è stata Londra a volere la linea più dura.

Nei giorni del dopo Brexit, un editoriale del New York Times sosteneva che la scelta dei cittadini britannici era «tutta colpa di Vladimir Putin». Il quotidiano statunitense giungeva a ipotizzare finanziamenti russi ai partiti di euroscettici in Francia e altrove, gli stessi partiti che nel Regno Unito hanno fatto campagna vincente per la Brexit. Al di là delle analisi della stampa bisogna capire quanto questa fase di riassestamento dell’Europa possa giovare al Cremlino.

È innegabile che il presidente russo da tempo lavori con impegno  per un posizionamento nuovo di Mosca nello scacchiere internazionale. Ed è innegabile che, in particolare con l’intervento militare in Siria contro il sedicente Stato islamico (Is), si sia ritagliato un ruolo di peso. La Russia sta incidendo fortemente sugli equilibri del conflitto, anche se ci si augura che sulla voce delle armi prevalga finalmente la voce della mediazione politica.

In ogni caso, la Siria non è l’unico terreno su cui Mosca sta lavorando. C’è il rapporto strategico con la Turchia, che il Cremlino sta ricucendo. Tanto che il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, di recente ha chiesto formalmente scusa a Putin per l’abbattimento, a novembre, del bombardiere Su-24  precipitato al confine tra Turchia e Siria. Ankara per mesi aveva rivendicato il diritto di intervenire in caso di violazioni del suo spazio aereo. Le scuse sono state un chiaro segnale di avvicinamento.  D’altra parte, ad Ankara conviene uno scambio diretto con Mosca anche in considerazione della lotta al terrorismo: gli attentatori suicidi di tanti attacchi sul territorio turco provengono dalle fila degli estremisti islamici delle zone della Cecenia e del Daghestan, ex repubbliche sovietiche. Inoltre, la Turchia sa che il conflitto siriano ha fatto riemergere la questione curda e su questo tema Ankara può aver bisogno dell’appoggio russo. Di fatto, Mosca sta tessendo rapporti nuovi, mentre in fondo il rapporto della Turchia con l’Ue risulta congelato.

Di grande importanza per gli equilibri geopolitici regionali è stato, inoltre, il recentissimo accordo per la ripresa delle relazioni diplomatiche tra Turchia e Israele. Un segnale importante è anche la decisione del Governo israeliano di permettere agli aerei di Mosca di sorvolare il proprio spazio aereo, nonostante la storica alleanza tra Russia e Iran.

In tutte queste dinamiche, un’Ue che si ridisegna a 27 rappresenta un elemento di novità. E questo non può non interessare la Nato.

Osservatore 6 Luglio 2016

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