Una giornata di preghiera per la pace in Colombia

Alla scommessa di pace che si vive in Colombia, la Chiesa colombiana ha voluto dedicare la Giornata di preghiera nella festa odierna della Vergine di Guadalupe. A Bogotà, un momento di incontro ufficiale per parlare di riconciliazione e giustizia, nella difficilissima fase di attuazione dell’Accordo di pace raggiunto nel 2016. Intervista con Leonardo Morlino docente di America Latina all’Università Luiss

Fausta Speranza – Città del Vaticano

La Conferenza episcopale colombiana (Cec) invita alla riflessione e alla preghiera “per chiedere la riconciliazione, la pace e l’unione” della nazione. L’iniziativa –  si legge nella nota della Conferenza episcopale – “si svolge nell’ambito della festa di Nostra Signora di Guadalupe, patrona d’America e in sintonia con l’invito del Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) ad assumere uno sguardo cristiano e una posizione di semina basata sulla speranza e con i costanti messaggi di Papa Francesco sulla riconciliazione e la pace di tutte le nazioni”. Il momento d’incontro ufficiale, a Bogotà nell’auditorium Regina Apostolorum della sede Cec, viene trasmesso anche per televisione, radio e su web.  Sui social network, gli hashtag: #OremosPorColombia #AméricaLatinaRezaPorLaPaz.

Il cammino verso la pace

A tre anni dall’Accordo di pace tra il governo e le Forze armate rivoluzionarie colombiane-Esercito del popolo (Farc-Ep), la Colombia vive una fortissima tensione sociale e continue mobilitazioni popolari.  Dal 21 novembre migliaia di persone sono scese in piazza contro il pacchetto di misure economiche  varato dal presidente Iván Duque e non hanno fermato le proteste neanche dopo l’annuncio, giorni fa, di una piattaforma di dialogo sociale denominata   «conversazione nazionale».  Delle sfide che vive la Colombia, abbiamo parlato con Leonardo Morlino, docente di America Latina all’Università Luiss:

R. – La tensione, le dimostrazioni e le proteste che abbiamo oggi in America Latina – dal Cile fino ad Haiti, compresa la Bolivia e altri Paesi – sono il sintomo di fenomeni differenti che non devono essere confusi. Ad esempio, se parliamo di Cile, parliamo di una democrazia tutto sommato consolidata e quindi si tratta di rispondere a proteste che incidono poi sulla vita specifica. Ma il Cile è un Paese democratico. Se parliamo della Colombia, invece parliamo di un Paese che noi definiamo a regime “ibrido”, cioè non ancora completamente democratico, non ancora con gli aspetti essenziali della democrazia ma con problemi piuttosto seri di limitazione delle libertà individuali.  C’è la combinazione di due fattori: da una parte, la novità di tutti gli immigrati che sono arrivando dal Venezuela, ma soprattutto, dall’altra, il fatto che l’accordo con le Farc non sia stato accettato, come si è visto poi dal risultato del referendum, da una buona maggioranza dei colombiani, e quindi il paese si trova in una situazione molto difficile.

Arrivare comunque all’accordo e chiudere decenni di conflitto è stata una scommessa importante di pace…

R. – Importantissima. E non solo, qualche atteggiamento più moderato dovrebbe portare all’accettazione di questo accordo. E’ vero anche che una parte della popolazione ha sofferto troppo in questi anni e non è disposta a perdonare e dimenticare.

C’è anche tanta voglia di pace, di tranquillità…

R. – Non c’è dubbio e questa può essere la leva per giungere a una qualche soluzione, però i problemi ci sono ancora e credo che soprattutto nell’atteggiamento, almeno vedendo alcuni dati di sondaggio, nell’atteggiamento dei cittadini c’è voglia di pace, ma c’è al tempo stesso il ricordo ancora vivo di tutto quello che è successo con la guerriglia.

Quanto ha inciso, nel momento delicatissimo dell’attuazione dell’accordo, lo scossone del Venezuela in crisi?

R. – Esattamente, sì, secondo me, ha inciso a peggiorare un quadro che era già molto incerto e problematico. Sì, indubbiamente ha inciso.

E quanto può incidere la destabilizzazione un po’ in tutta l’America Latina…

R. – Questo di meno, proprio perché, come dicevo, hanno diverse caratterizzazioni e diverse origini.

Se vogliamo cercare di individuare i punti di forza perché il Paese possa avere uno sviluppo positivo, cosa possiamo citare?

R.  – Non è semplice per il coinvolgimento della polizia… In ogni caso, probabilmente il punto di forza è proprio quello che diceva lei: la necessità, la necessità della pace. Cioè la Colombia ormai  ha la necessità che esca dalla sua tradizione di violenza e di guerra interna. Alla fine, psicologicamente si giunge a un punto che non è possibile andare avanti. E’ necessaria la pace. Solo una percezione piena di questo aspetto, sia a livello di élite sia a livello della gente, può dare una svolta.

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