La risposta dell’Ue alla crisi economica da pandemia

In Europa si discute su come far fronte comune ai costi della pandemia. Dall’Europarlamento, la Commissione (Ce) e la Banca centrale europea (Bce) sono arrivati fondi e proposte molto concreti, ma la parola spetta ai capi di Stato e di governo per avere anche politiche comuni. Si guarda al prossimo Eurogruppo del 7 aprile. Con noi l’economista Paolo Guerrieri

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Secondo l’Ocse, la riduzione del Pil mondiale potrebbe essere compresa tra lo 0.5 per cento e l’1.4 per cento che in Italia – che comincia a fare i conti essendo stato il primo Paese Ue colpito dal Covid 19 – si potrebbe trasformare nel 4-5 per cento se fallissero circa 150.000 imprese a rischio, pari al 4 per cento di quelle esistenti. Un dato statistico parziale, perché tutto dipenderà dall’effettiva durata dell’emergenza.

Provvedimenti concreti già avviati

All’interno dell’Ue è stato sospeso il cosiddetto Patto di stabilità, che dal 1992 fissa il rapporto tra deficit pubblico e Pil entro la soglia del 3 per cento e il rapporto tra debito pubblico e Pil al di sotto del 60 per cento. Il 22 marzo, ad esempio, la Commissione europea ha subito approvato le misure italiane di aiuti pari a 50 milioni di euro per sostenere la produzione e la fornitura di dispositivi medici. La stessa cosa ha fatto per la Spagna.

Già due settimane fa, 37 miliardi della politica di coesione sono stati destinati alla lotta contro il coronavirus e ai sistemi sanitari, imprese e lavoratori colpiti dall’emergenza. Di questi, circa sette miliardi vanno a beneficio dell’Italia. E sono stati sospesi i debiti ai debitori colpiti dalla crisi. Altri otto miliardi di euro di investimenti sono stati destinati ad aiutare 100.000 piccole e medie imprese (Pmi) europee e imprese a media capitalizzazione. Inoltre, 137,5 miliardi sono stati destinati a sostenere la ricerca, di cui una parte già assegnata.

Ipotesi al vaglio

La proposta dei cosiddetti coronabond è difesa da Francia, Italia e Spagna ma vede al momento il veto di Germania, Olanda e Austria, contrarie a quelle che considerano una mutualizzazione del debito. L’Aia propone ora una “donazione” – non si sa di quale entità  – a favore dei Paesi più colpiti come la Spagna e l’Italia. Il governo francese sta vagliando come soluzione di compromesso la creazione di un fondo di salvataggio speciale, della durata di cinque o al massimo dieci anni, destinato ad alleviare le conseguenze economiche del coronavirus e che non esclude il contemporaneo ricorso al Fondo di Stabilità. Ci si aspetta che emerga la decisione di ulteriori misure dopo la discussione martedì prossimo al vertice tra i ministri delle Finanze dei paesi della zona euro.

Il monito della Bce a non dirottare i soldi per i cittadini

La Banca Centrale Europea ha stanziato un pacchetto di emergenza da 750 miliardi di euro per alleviare l’impatto della pandemia. Ma ha lanciato un monito agli istituti bancari dei vari Stati membri: i prestiti straordinari alle banche non devono essere utilizzati per i dividendi e i bonus ma devono essere messi a disposizione di imprese e cittadini che hanno bisogno di liquidità per far fronte alle perdite dovte all’interruzione delle attività lavorative.

Del richiamo da parte del Servizio di vigilanza della Bce a non far prevalere gli interessi di azionisti e di manager a danno dei cittadini, delle ipotesi sul tavolo dei capi di Stato e di governo in tema di fiscalità che possono essere di grande aiuto anche al di là dei cosiddetti coronabond, abbiamo parlato con Paolo Guerrieri docente di Politica economica in vari atenei europei:

Le incertezze nel commercio aggravano la fame nel mondo

In una nota congiunta, i direttori generali della Fao, dell’Oms e dell’Omc, rispettivamente Qu Dongyu, Tedros Adhan  Ghebreyesus e Roberto Azevedo, lanciano un appello a considerare le conseguenze dello stop a tanti percorsi commerciali mondiali dovuti alla chiusura delle frontiere come misura precauzionale contro il dilagare dei contagi da Covid 19.

Secondo i rappresentanti delle agenzie delle Nazioni Unite che si occupano di fame nel mondo, di sanità e di commercio, “è necessario ridurre al minimo l’impatto potenziale sull’approvvigionamento e la sicurezza alimentare da cui dipendono i mezzi di sussistenza di milioni di persone in tutto il mondo”. L’incertezza sulla disponibilità di cibo – sottolineano   – “può innescare un’ondata di restrizioni all’export, creando carenze sul mercato globale, e reazioni simili possono alterare l’equilibrio tra domanda e offerta di alimenti, con conseguenti picchi di prezzo e maggiore volatilità dei prezzi”. L’appello è chiaro: “garantire che la risposta al Covid-19 non crei carenze ingiustificate dei prodotti di prima necessità, aggravando la fame e la malnutrizione”. “E’ giunto il momento – scrivono – di dimostrare solidarietà, di agire in modo responsabile e di aderire al nostro obiettivo comune: ottimizzare la sicurezza e la salubrità alimentare, la nutrizione e migliorare il benessere generale delle persone in tutto il mondo”

da Vatican NEWS del 3 aprile 2020

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