Anche suprematisti bianchi nella lista nera di Washington

Per la prima volta gli Stati Uniti hanno inserito un movimento di suprematisti bianchi tra le organizzazioni tacciate di terrorismo. Si tratta di un gruppo nato a Mosca che ha contatti e affiliati fuori della Russia e che promuove ideali neonazisti. Con noi l’esperto di questioni della difesa Pietro Batacchi

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Ormai ufficialmente il Movimento imperiale russo e tre dei suoi leader, Stanislav Vorobiev, Denis Gariev e Nikolai Trushchalov, compaiono tra i sospetti terroristi. Il vecchio sito web del gruppo è stato bandito in Russia per estremismo, ma il movimento stesso non è considerato “terrorista” da Mosca. Washington lo accusa di  fornire addestramento paramilitare ai neonazisti e ai suprematisti bianchi in due centri di San Pietroburgo, e di aver così addestrato alcuni svedesi che hanno poi effettivamente effettuato attacchi nel loro Paese tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017. Il coordinatore dell’antiterrorismo al Dipartimento di Stato, Nathan Sales, ha sottolineato che “la misura mostra quanto seriamente l’amministrazione di Donald Trump prenda seriamente la minaccia che rappresenta”. L’Amministrazione Trump ritiene che questo gruppo “svolga un ruolo importante nel tentativo di radunare europei e statunitensi in un fronte comune contro coloro che percepiscono come nemici”, ha affermato il diplomatico.

Propaganda di violenza

 Il movimento che si definisce monarchico afferma di essere in grado di allenarsi nella lotta con i coltelli e nelle arti marziali e considera “una debolezza criminale per un uomo moderno in Russia non essere un guerriero”. Lo ha ricordato Nathan Sales commentando: “Vogliamo assicurarci che non sia in grado di fare lo stesso qui negli Stati Uniti. “Gli Stati Uniti non sono immuni da questa minaccia” del “terrorismo legato al suprematismo bianco”, che si è diffuso in tutto il mondo dal 2015, ha ammesso il diplomatico.

Per una riflessione sui significati di questa decisione dell’Amministrazione Trump, abbiamo intervistato Pietro Batacchi, Direttore della Rivista Italiana Difesa:

Il pensiero va ai recenti attacchi contro le sinagoghe a Pittsburgh, dove 11 persone sono morte nell’ottobre 2018, e a Poway, in California, dove un suprematista bianco di 19 anni ha ucciso una donna e tre persone ferite nel mezzo della Pasqua ebraica nel 2019. Ma bisogna ricordare anche la sparatoria dell’estate scorsa a El Paso. In quel caso, il killer, prima di uccidere 22 clienti del supermercato, aveva scritto un manifesto in cui denunciava “un’invasione ispanica del Texas”.Per anni, molti analisti statunitensi hanno sottolineato che veniva  trascurato il cosiddetto terrorismo interno, che ha ucciso più negli Stati Uniti dal 2002 del jihadismo. A luglio scorso il direttore della polizia federale, Christopher Wray, ha assicurato che erano state aperte 850 inchieste per “terrorismo interno” e che i suoi agenti avevano effettuato cento arresti.

da Vatican NEWS del 7 aprile 2020

Centuplicati i casi di coronavirus negli Usa

Gli Stati Uniti hanno raggiunto in 24 ore il triste record di 1150 morti per Covid 19, mentre la Cina annuncia di aver azzerato le vittime. Sono in crescita i contagi in America Latina e in Africa. Dal Regno Unito la notizia che il premier Johnson è in terapia intensiva, mentre in Italia arrivano centinaia di milioni per le imprese in difficoltà e si intravede la fase discendente. Appello dell’Onu contro i mercati di fauna selvatica

Fausta Speranza – Città del Vaticano

In 20 giorni negli Stati Uniti i casi si sono centuplicati e si parla di blocco dei voli interni. A New York, preoccupante epicentro, in uno dei piani di emergenza si ipotizzano fosse comuni nei parchi di fronte all’emergenza sepolture. Da Chicago un dato: più della metà dei casi è nella comunità afroamericana, anche se rappresenta solo il 30 per cento della popolazione. In America Latina salgono i numeri, in Brasile resta uno solo dei 27 stati senza contagi. In Venezuela, l’allarme ha messo in moto migliaia di rimpatri dai paesi vicini, con conseguenti difficoltà.

Difficoltà nel Regno Unito

Nel Regno Unito i contagi sono circa 50.000, di cui un quinto solo a Londra. E le funzioni di capo del governo sono passate, come da regolamento, al ministro degli Esteri Dominic Raab, dopo che si sono aggravate le condizioni del primo ministro britannico, Boris Johnson, trasferito in un’unità di terapia intensiva all’ospedale St. Thomas di Londra.

Le misure economiche per l’Italia

In Italia il Consiglio dei ministri ha assegnato 450 milioni di euro al Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza. Nella penisola per il momento non c’è una data di riapertura delle attività anche se i dati fanno ben sperare: i ricoveri sono calati del 90 per cento e la terapia intensiva del 2 per cento. Austria e Danimarca, invece, annunciano il riavvio delle scuole dopo Pasqua.

I timori per l’Africa

In Africa sono stati colpiti 51 dei 54 Stati del continente e hanno registrato un totale di 9400 contagi e 442 decessi. Comore, Lesotho, Sao Tomé e Principe sono le uniche nazioni che non hanno annunciato alcuna infezione. Si tratta di numeri limitati, considerato che in Africa vivono 1,3 miliardi di persone e che il continente ha consistenti e regolari rapporti con la Cina. Ufficialmente, i tre paesi più colpiti del continente sono Sudafrica, Algeria ed Egitto. Tuttavia, il timore è che la fragilità dei sistemi sanitari del continente e la scarsità di medici – secondo l’Oms in Africa è presente solo il 3 per cento del personale medico mondiale, nonostante siano presenti sul suo territorio il 24 per cento delle malattie a livello globale – siano del tutto inadeguati ad affrontare una pandemia globale. In Kenya c’è un solo medico ogni 5.000 abitanti, mentre in Uganda c’è un solo letto di terapia intensiva per ogni milione di cittadini. Se finora il continente è stato relativamente risparmiato, non è detto che il coronavirus non possa diffondersi con conseguenze devastanti. A sottolinearlo è il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus.

Intanto, dall’Onu arriva un monito importante: il capo della Convenzione sulla biodiversità ha chiesto un divieto globale sui mercati della fauna selvatica – come quello di Wuhan, in Cina, che si ritiene sia stato il punto di partenza dell’epidemia   – per prevenire future pandemie.

da Vatican NEWS del 7 aprile 2020