“I governi stanno affrontando sfide senza precedenti, ma questa situazione non deve essere utilizzata per mettere a tacere o ostacolare i giornalisti”. L’appello viene dal Consiglio d’Europa, l’organismo a 47 Paesi deputato alla difesa dei diritti umani. Quest’anno leva la sua voce ancora più alta – in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa il 3 maggio – per mettere in guardia sui rischi per la libera informazione legati alla pandemia, o, meglio, legati alle misure fuori dall’ordinario messe in campo.
Il rischio è che diversi livelli della crisi segnino il futuro del giornalismo. Innanzitutto, si deve fare i conti con la crisi democratica e geopolitica, in considerazione dell’affermarsi di politiche repressive e della maggiore aggressività dei regimi autoritari. Poi c’è il piano tecnologico dove si rischia di avere sempre minori garanzie. Senza dimenticare la crisi economica, che peggiora la qualità del giornalismo. Basti pensare ad un fenomeno in crescita sotto la definizione di chilling effect, cioè la piaga delle azioni di diffamazione senza alcun fondamento: hanno il solo effetto di minacciare la stampa e impedire l’esercizio della libertà di espressione, provando a ridurre al silenzio i giornalisti visto il costo oneroso del solo avvio di una causa di difesa.
L’Europa e l’Occidente
L’Europa e l’Occidente in genere sono le aree del mondo dove è maggiormente rispettata la libertà di espressione, anche se c’è molta differenza tra i Paesi dell’Unione europea e altri Paesi membri del Consiglio d’Europa come Turchia, Russia, Albania, Azerbaijan, dove il margine di azione e le condizioni reali dei giornalisti restano ben distanti dai proclami ufficiali. Ma anche tra i 27 dell’Ue è scattato l’allarme dopo che in Ungheria il primo ministro Orbàn, a causa dell’emergenza sanitaria, ha evocato a sé i pieni poteri e in un tempo illimitato, coniando lui stesso l’espressione di “democrazia illiberale”. Amnesty international ha scritto che nella cosiddetta legge Coronavirus sono stati introdotti reati incompatibili con il rispetto dei diritti umani, a cominciare da ulteriori limitazioni alla libertà di stampa. La raccomandazione è chiara nelle parole della Segretario generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović Burić che chiede ai governi di “evitare indebite restrizioni”.
Per quanto riguarda l’Italia
nella graduatoria di Reporter senza frontiere (Rsf) risulta essere risalita anche se di poco: nel 2020 figura, infatti, al 43° posto, rispetto al 41° del 2019. In realtà, ha ritrovato la sua posizione dopo la discesa denunciata l’anno scorso, quando nel rapporto del Consiglio d’Europa si leggeva: «La libertà di stampa in Italia è chiaramente diminuita nel corso del 2018» e si chiariva: «I due vice presidenti del Consiglio, Luigi Di Maio e Matteo Salvini, usano regolarmente sui social media una retorica particolarmente ostile nei confronti dei media e dei giornalisti». Attualmente “restano ripetuti attacchi agli operatori dell’informazione da parte di esponenti del Movimento 5 Stelle, anche se nel complesso, i politici italiani sono meno aggressivi nei confronti dei giornalisti rispetto al passato”.
Il punto è che nella Penisola, al di là del Covid-19, resta la criticità delle minacce agli operatori dell’informazione da parte della criminalità e di appartenenti a gruppi neofascisti e neonazisti. L’organizzazione non governativa Rsf pone l’accento sugli oltre 20 giornalisti italiani costretti a vivere sotto la protezione delle forze dell’ordine a causa delle minacce ricevute per via del loro lavoro. “Il livello di violenza di gruppi neofascisti contro i giornalisti continua a crescere, soprattutto a Roma e nella regione circostante e nel sud del Paese”, ricorda Rsf.
Con uno sguardo globale
la relazione 2020 di Reporters Sans Frontières (Rsf), che prende in considerazione 180 Paesi del mondo, conferma la Cina al 177esimo posto; individua l’Iran al 173esimo (in discesa di tre posizioni); l’Iraq al 162esimo (sceso di sei posizioni). Medio Oriente e Nord Africa continuano ad essere le regioni del mondo più pericolose per i giornalisti, ma la regione Asia-Pacifico ha registrato il più grande aumento di violazioni alla libertà di stampa, con un incremento pari all’1,7 per cento dei casi. Ultima, al 180esimo posto, si conferma la Corea del Nord, sotto il regime di Kim Jong-un.
Sono tante le criticità che emergono in questa Giornata della libertà di stampa 2020, segnata dalla pandemia. Le possibili conseguenze restano sintetizzate egregiamente da Albert Camus: “La stampa libera può, naturalmente, essere buona o cattiva, ma è certo che senza libertà non potrà essere altro che cattiva”.
da meridianoitalia.tv del 2 maggio 2020