Fausta Speranza – Città del Vaticano
Nel messaggio diffuso in occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, la Segretaria generale del Consiglio d’Europa, Marija Pejčinović Burić, chiede ai governi dei Paesi membri di “evitare indebite restrizioni”. Nel corso di questa crisi sanitaria, alcuni governi hanno fatto arrestare i giornalisti che avevano pubblicato notizie critiche nei confronti della gestione della pandemia e hanno anche ampliato notevolmente la sorveglianza e approvato nuove leggi per punire notizie “false”. Tra le altre problematiche messe in rilievo, ci sono anche le misure che rendono più difficile la protezione delle proprie fonti da parte dei giornalisti e le continue minacce all’indipendenza delle emittenti pubbliche, oltre a iniziative per ridurre i finanziamenti e le interferenze politiche nella governance.
L’effetto pandemia
“La pandemia di Covid-19 sottolinea e amplifica le molte crisi che minacciano il diritto a un’informazione libera, indipendente, varia e affidabile”. È quello che si legge nell’edizione 2020 del World Press Freedom Index, pubblicata da Reporters Sans Frontières (RSF) il 21 aprile scorso. Il decennio – sottolinea Reporter Sans Frontières – sarà molto delicato e importante per il mondo del giornalismo, poiché la pandemia evidenzia e aggrava le crisi che non sempre sono denunciate liberamente a causa delle pressioni governative. Delle sfide attuali che si sono presentate con il coronavirus, della questione aperta da tempo delle interferenze delle fake news, del fondamentale rapporto tra libertà di stampa e democrazia, abbiamo parlato con il direttore della Scuola di giornalismo di Urbino, Giampiero Gramaglia:
Dati in Europa
Aumentano violenze e intimidazioni contro i media in molti dei 47 Paesi membri del Consiglio d’Europa, al punto che gli attacchi alla libertà di stampa rischiano di diventare una nuova normalità. E’ quanto emerge dal rapporto annuale della Piattaforma del Consiglio d’Europa per la protezione del giornalismo e la sicurezza dei giornalisti, redatto da 14 Ong per la libertà di stampa. Nell’ultimo anno sono state documentate 142 gravi minacce, di cui 33 attacchi fisici, 17 nuovi casi di detenzione (alla fine del 2019 erano 105 i giornalisti incarcerati, 91 nella sola Turchia), 43 casi di molestie e intimidazioni, e 2 nuovi casi di impunità per omicidio. In particolare nei Paesi dell’Unione Europea, secondo Reporters Sans Frontières (Rsf), la libertà di stampa è considerata per lo più “positiva” o “soddisfacente”. Finlandia, Danimarca, Svezia e Paesi Bassi continuano a registrare i gudizi migliori, mentre Croazia, Romania, Malta, Ungheria, Bulgaria occupano le posizioni più arretrate della classifica. La Segretaria generale del Consiglio d’Europa sottolinea come i media “possono aiutare a prevenire la diffusione di panico e a mettere in luce gli esempi positivi di solidarietà nelle nostre società”.
Dati nel mondo
Le minacce spesso si traducono in omicidi, come confermano i dati dei primi mesi del 2020: 11 i giornalisti uccisi. Nel 2019 sono stati 49 gli operatori dell’informazione assassinati. Si tratta del numero più basso degli ultimi 16 anni, ma non va necessariamente interpretato come un dato positivo per la libertà di stampa. perché in alcuni Paesi a grande rischio potrebbe significare il venir meno dell’impegno investigativo dei giornalisti. In ogni caso ci sono alcuni dati positivi, ma la situazione generale della libertà di stampa nel mondo è peggiorata, mentre è cresciuta l’ostilità nei confronti dei giornalisti.
Il numero di Paesi considerati sicuri continua a scendere: solo il 24 per cento tra i 180 Paesi ha registrato un livello di libertà di stampa ottimale o soddisfacente nel 2019, rispetto al 26 per cento del 2018 e il 27 per cento del 2017. Nel confronto con l’anno scorso, il rapporto 2020 conferma la Cina al 177esimo posto della sua classifica, individua l’Iran al 173esimo posto (in discesa di tre posizioni), l’Iraq al 162simo (sceso di sei posizioni). Ci sono poi Medio Oriente e Nord Africa, che continuano ad essere le regioni del mondo più pericolose per gli operatori dell’informazione, mentre la regione Asia-Pacifico ha registrato il più grande aumento di violazioni alla libertà di stampa con un incremento dei casi pari all’1,7 per cento. Chiude la fila la Corea del Nord, sotto il regime di Kim Jong-un, al 180esimo posto.
La scelta del 3 maggio per la Giornata della libertà di stampa
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 3 maggio Giornata mondiale della libertà di stampa per ricordare ai governi il loro dovere di sostenere e far rispettare la libertà di espressione sancita dall’Articolo 19 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948. Come data si è scelto l’anniversario della Dichiarazione di Windhoek. Si tratta del documento sull’importanza fondamentale dei principi in difesa del pluralismo e dell’indipendenza dei media promulgato dai giornalisti africani a Windhoek, capitale della Namibia, a conclusione del seminario organizzato dall’Unesco dal 29 aprile al 3 maggio 1991. Il documento rappresenta il primo di una serie di dichiarazioni in tutto il mondo sull’impegno per la libertà di stampa.