Il Papa: non si può partecipare all’Eucaristia senza impegnarsi nella fraternità

Gesù è “forza rinnovatrice” e comunione, ma dobbiamo lasciarci trasformare e dobbiamo superare le tentazioni di rivalità. E’ questo il messaggio centrale della riflessione del Papa all’Angelus, dedicata alla Solennità del Corpus Domini celebrata oggi in Italia e in altre nazioni. Francesco mette in guardia dal rischio di vivere le celebrazioni eucaristiche come riti vuoti e formali e sottolinea che se è vero che la Chiesa fa l’Eucaristia, è fondamentale che “l’Eucaristia fa la Chiesa”.

Fausta Speranza – Città del Vaticano

E’ vero che la Chiesa fa l’Eucaristia, ma è più fondamentale che l’Eucaristia fa la Chiesa, e le permette di essere la sua missione, prima ancora che di compierla.

Papa Francesco all’Angelus esprime questa convinzione richiamando ad una partecipazione al Sacramento in cui “Gesù è presente per essere il nostro nutrimento – sottolinea  – per essere assimilato e diventare in noi quella forza rinnovatrice che ridona energia e voglia di rimettersi in cammino, dopo ogni sosta o caduta”. (Il servizio con la voce del Papa)

L’importanza della disponibilità a lasciarsi trasformare

Il Mistero del calice condiviso e del pane spezzato presuppone però il nostro sì:

Ma questo richiede il nostro assenso, la nostra disponibilità a lasciar trasformare noi stessi, il nostro modo di pensare e di agire; altrimenti le celebrazioni eucaristiche a cui partecipiamo si riducono a dei riti vuoti e formali.

“Tante volte – aggiunge il Papa – qualcuno va a Messa perché si deve andare come atto sociale, rispettoso ma sociale. Ma il Mistero è un’altra Cosa – ribadisce – è Gesù presente che viene per nutrirci.”  Francesco si richiama alla Prima Lettera ai Corinzi di San Paolo, in cui l’Apostolo si chiede: “E il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il Corpo di Cristo?”. “Queste parole – afferma Papa Francesco – esprimono l’effetto mistico o spirituale dell’Eucaristia”: esso riguarda l’unione con Cristo, che nel pane e nel vino si offre per la salvezza di tutti. E poi spiega che quello mistico è solo il primo dei due effetti del calice condiviso e del pane spezzato: il secondo è quello  “comunitario”.  Ancora il richiamo a San Paolo: “Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo”.

La Comunione è sincera fraternità

E Papa Francesco ribadisce: “Si tratta della comunione reciproca di quanti partecipano all’Eucaristia, al punto da diventare tra loro un corpo solo, come unico è il pane che si spezza e si distribuisce. La comunione al Corpo di Cristo è segno efficace di unità, di comunione, di condivisione”. E avverte:

Non si può partecipare all’Eucaristia senza impegnarsi in una sincera fraternità vicendevole, che sia sincera.

La tentazione della divisione

Una consapevolezza su tutte: “Ma il Signore sa bene che le nostre sole forze umane non bastano per questo”, dice Francesco, che ricorda:

Tra i suoi discepoli ci sarà sempre la tentazione della rivalità, dell’invidia, del pregiudizio, della divisione….

Dio lo sa e “anche per questo ci ha lasciato il Sacramento della sua Presenza reale, concreta e permanente, così che, rimanendo uniti a Lui, noi possiamo ricevere sempre il dono dell’amore fraterno.”

“Rimanete nel mio amore”, ha detto ai suoi amici. E Papa Francesco  ci rammenta che “è possibile grazie all’Eucaristia.” E’ quindi importante ricevere Gesù perché ci trasformi da dentro, faccia l’unità. Dunque, il riferimento forte alla comunità cristiana:

Questo duplice frutto dell’Eucaristia: l’unione con Cristo e la comunione tra quanti si nutrono di Lui, genera e rinnova continuamente la comunità cristiana.

Il riferimento al Concilio Vaticano II

Significativo il richiamo al Concilio Vaticano II, precisamente all’inizio della Costituzione sulla Chiesa, quando – ricorda Francesco – “afferma che essa “è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”. Infine, la preghiera di Papa Francesco: “La Vergine Santa ci aiuti ad accogliere sempre con stupore e gratitudine il grande dono che Gesù ci ha fatto lasciandoci il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue.”

da Vatican NEWS del 14 giugno 2020

L’impatto della pandemia sulle democrazie latinoamericane

Intervista con la studiosa di America Latina Tiziana Terracini

di Fausta Speranza

L’America Latina, epicentro dell’infezione da coronavirus dalla fine di maggio, fa i conti con la crisi sanitaria ed economica ma anche con l’urto dell’emergenza sul già fragile equilibrio delle istituzioni democratiche. In realtà, i dati registrano una retrocessione da questo punto di vista da quattro anni e non è imputabile solo alle situazioni del Salvador o del Nicaragua. In Brasile, secondo Paese al mondo dopo gli Stati Uniti per i contagi, si sono aperti orizzonti di crisi politico-istituzionali, in Messico è braccio di ferro in tema di patto federale.

 La pandemia ha accentuato le criticità e i limiti delle democrazie latinoamericane. Si tratta di Paesi dove già nel corso del 2019 si erano registrate diffuse manifestazioni di forte scontento per le ingiustizie sociali, la corruzione, l’impunità. La diseguaglianza cronica della regione è stata aggravata dall’emergenza Covid-19 che ha toccato proprio i settori già precari: lavoro, salute, educazione. Il punto è che, oltre alla prevista perdita di Pil, come peraltro in tutti i Paesi del mondo, si è andato esasperando il nodo strutturale del continente: un rapporto tra crescita e sviluppo che riesce a penalizzare il secondo fattore anche quando non è mancato il primo.

       La permanente instabilità politica e alcuni meccanismi già imbrigliati di governance hanno aperto la strada a crisi politico–istituzionali. E’ accaduto in Brasile, tra tentazioni personaliste e l’implementazione di riforme che aprono interrogativi seri sull’aumento della discrezionalità dell’esecutivo. E’ cambiato per due volte il ministro della Sanità in piena brasilePresidente Jair Bolsonaro

esplosione dell’infezione da coronavirus, il primo è stato allontanato e il secondo si è dimesso sempre per contrasti con il presidente Bolsonaro. Ma è aspro il confronto anche in ambito di Corte Costituzionale dopo l’allontanamento, su decisione di Bolsonaro, del capo della polizia da sempre stretto collaboratore del noto giurista e politico, già ministro della giustizia Sérgio Moro, in relazione a presunte accuse di malversazione di fondi pubblici rivolte al figlio del capo di Stato Flavio Bolsonaro. Suo fratello Carlos è accusato solo di responsabilità per la diffusione di fake news. Ma tentazioni personaliste si ravvedono, anche se con grandi differenze, anche nell’atteggiamento del presidente Obrador in Messico, dove la questione della divisione dei poteri, tra patto federale e autonomie degli Stati, ha mostrato le sue fragilità. La decisione di non sospendere le tasse, ad esempio, voluta dal presidente Obrador  con il dichiarato intento di non far mancare aiuti ai più poveri, non è stata accolta a cuor leggero dagli imprenditori né dai governatori degli Stati del Nord più ricchi e produttivi, che hanno chiesto a gran voce la revisione del patto fiscale.

Nell’era più democratica del continente già da tempo si parla di una crescente rimilitarizzazione. Nel caso del Nicaragua, il ruolo delle forze armate è tra i fattori che hanno portato ad escludere il Paese dal rango delle democrazie. In generale, si riassume bene in un aumento delle spese di difesa in quasi tutti i contesti e, in particolare, con il fenomeno della militarizzazione delle frontiere a fronte dell’esodo venezuelano. Ma il fenomeno si capisce anche pensando che già nel pieno delle proteste popolari del 2019 abbiamo visto non solo il leader salvadoregno, ma anche i presidenti di Ecuador, Perù, Cile, comparire in televisione per parlare alla nazione indossando le rispettive uniformi militari. Senza dimenticare la delicata questione della violazione dei diritti umani, come in Salvador o in Nicaragua dove è stata autorizzata la “forza letale” nel caso dei manifestanti più “facinorosi” ed è stata anche assicurata assistenza legale in caso di denunce a forze di polizia. Ma anche in Colombia, nel processo che ha fatto seguito al decisivo processo di pace, ci sono stati episodi di repressione che hanno fatto molto discutere. Peraltro, va citato anche il ruolo che hanno avuto i militari in Bolivia nel passo indietro imposto a Morales.

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Tiziana Terracini, docente di storia e politiche dell’America Latina all’Universita’ di Torino

Sullo sfondo di queste argomentazioni, in una delle regioni più violente al mondo, la pandemia avvantaggia le organizzazioni malavitose, rafforzando ulteriormente il loro controllo territoriale e la governance criminale in Stati deboli e fortemente corrotti. Là dove i governi scarseggiano di risorse, i clan malavitosi non conoscono recessione e le situazioni di emergenza sono l’occasione per metterle in campo. Tra le varie modalità illecite, ci sono gli affari dell’usura ma c’è anche un impegno “sociale” di soccorso ai più bisognosi che inesorabilmente li legherà ai “donatori”.

del 14-06-2020