Punto nevralgico del Medio Oriente

Il Libano in bilico tra crisi politica e tensioni sociali

di Fausta Speranza

“Salvare la città di Beirut al di là della politica e dei conflitti”: è l’appello del Patriarca di Antiochia dei Maroniti, cardinale Béchara Boutros Raï, all’indomani delle violente esplosioni nel porto che hanno lasciato “la città devastata”, 136 morti, 5000 feriti, dispersi e dubbi sulle responsabilità. Il Libano sta attraversando una gravissima crisi economico-sociale e “non è in grado di far fronte a questa catastrofe umana”. Da qui la richiesta accorata di aiuto del Patriarca rivolta “a tutti gli Stati del mondo”. In questione c’è un territorio chiave, punto nevralgico di un contesto mediorientale che non si è mai presentato così militarizzato dagli anni dei conflitti mondiali, teatro di confronti per corrispondenza di altre potenze regionali, cartina tornasole di contrasti che investono Oriente e Occidente.

Le deflagrazioni, avvertite anche a Cipro, sembra siano avvenute per un tragico incidente nel deposito di nitrato di ammonio dove, però, c’è chi sostiene che ci fossero anche armi. Secondo documenti citati dall’emittente Al Jazeera, funzionari doganali avevano messo in guardia già anni fa le autorità contro il “grave pericolo” rappresentato dall’enorme quantità del composto chimico utile in agricoltura ma anche per produrre esplosivo.

In Libano gli interessi privati prevalgono da anni sul bene comune, come denunciano da tempo i vescovi che si sono uniti alle richieste di una svolta nel Paese allo scoppio delle proteste che, a ottobre scorso,   hanno visto sfilare insieme cristiani e musulmani, gente meno abbiente e professionisti di una classe media falciata. Cortei che non si sono mai fermati neanche al cambio di governo o durante il lockdown, che peraltro è ripreso dopo una pausa, a seguito della nuova impennata di Covid-19. I contagi nei dati governativi restano sempre più bassi di quelli che ospedali e centri per migranti denunciano, ma a questo punto è evidente la tragedia, se si considera che le strutture sanitarie erano quasi al collasso prima che tre ospedali di Beirut fossero rasi al suolo e altri due parzialmente distrutti.

Le devastanti esplosioni rappresentano una catastrofe per il Libano, ma anche uno scossone per la comunità internazionale: non si può continuare a dimenticare il Paese che è stato la Svizzera del Medio Oriente e che nel default finanziario rivela incapacità interne ma anche mutati equilibri di investimenti e dunque di potere regionali. E poi ci sono pagine di storia ancora da completare: si aspetta il verdetto del Tribunale Speciale dell’Onu sull’assassinio di Rafīq al-Ḥarīrī, il primo ministro ucciso, con altre 21 persone, in una esplosione sul lungomare di Beirut nel 2005. Per quell’atto terroristico sono state processate in contumacia quattro persone, membri di Hezbollah, il movimento sciita e poi partito al governo  che però ha sempre negato le accuse. Per rispetto alle vittime l’annuncio è stato posticipato da domani al 18 agosto. In ogni caso, dopo 15 anni arriva in un Paese colpito al cuore. Non può cadere nel vuoto l’invocazione del Patriarca: “Non solo aiutare Beirut, ma “far sì che il Libano ritrovi il suo ruolo storico a servizio dell’uomo, della democrazia, della pace in Medio Oriente e nel mondo”.

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2020-08/punto-nevralgico-del-medio-oriente.html

 

 

 

 

I vescovi europei e il Libano

A nome di tutti i vescovi dell’Unione Europea, il cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Comece, Commissione degli episcopati dell’Ue, condivide il dramma e la tristezza della popolazione di Beirut a seguito delle orribili e mortali esplosioni avvenute nel porto della capitale del Libano, assicura preghiere per le vittime e lancia un forte appello per il Libano

Fausta Speranza – Città del Vaticano

“A nome di tutti i vescovi dell’Unione Europea, condivido il dramma e la tristezza della popolazione di Beirut a seguito delle orribili e mortali esplosioni avvenute   nel porto della capitale del Libano”. Sono parole espresse dal cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Comece, Commissione degli episcopati dell’Ue, con un comunicato dopo la tragedia delle esplosioni a Beirut, assicurando “le più sentite condoglianze alle famiglie delle vittime e a tutti coloro che hanno perso i propri cari: amici, vicini, colleghi”, elevando “preghiere per le anime dei defunti e per la pronta guarigione dei feriti”.Condividendo le parole di Papa Francesco, i vescovi europei pregano per il Libano “affinché, attraverso la dedizione di tutte le sue componenti sociali, politiche e religiose, possa affrontare questo momento estremamente tragico e doloroso”.

R. – Il Libano è il nostro vicino. Ci sono tanti cristiani, tanti musulmani che vogliono vivere in pace in questo Paese, un Paese che è stato molto prospero e ora è diventato molto povero: la gente ha tante sofferenze … Non dobbiamo dimenticare che il Libano ha accolto tanti profughi, che anche nella Chiesa in Europa ci sono libanesi, così come nei nostri Paesi. Ad esempio, a Cipro, la Chiesa cattolica di Cipro è la Chiesa maronita: sono persone venute dal Libano. Quindi, in un certo senso, fanno parte dell’Europa e noi nelle nostre preghiere, nell’aiuto concreto non dobbiamo dimenticare il Libano.

Eminenza, qual era l’impegno delle Chiese europee anche prima di questa tragedia?

R. – Naturalmente, nella Comece lavoriamo per la pace e lavoriamo anche per le relazioni tra l’Unione Europea e il Libano; ma per quanto riguarda il denaro, l’aiuto concreto è ogni Chiesa nazionale che dà il suo contributo. E sappiamo che ci sono tante Chiese in Europa che sono molto generose.

E’ importante anche un appello alla comunità internazionale a non dimenticare il Libano? Questo piccolo Paese che negli ultimi 30 anni è stato baluardo di pace e di convivenza, sembra un po’ dimenticato, a parte questa tragedia …

R. – Sì, e anche dal punto di vista politico, della sicurezza. Penso che il Libano sia importante per l’Unione Europea, che ha tutto l’interesse ad avere un Libano stabile, stabile dal punto di vista politico e dal punto di vista economico. Dunque, penso che i politici, anche dell’Europa, debbano reagire perché è nell’interesse dei popoli europei che il Libano sia aiutato. Ma noi come cristiani dobbiamo fare di più: non dobbiamo agire per il solo nostro interesse, ma dobbiamo agire con solidarietà e con amore, con carità.

Sembra non sia stato un atto voluto, ma un incidente: un incidente, comunque, dove c’era un deposito con una quantità spropositata di composto chimico utile per l’agricoltura, ma anche per creare esplosivi. In ogni caso, è anche una tragedia ambientale: torna l’appello del Papa a un’attenzione agli equilibri tra uomo e natura…

R. – E’ tanto importante: noi non abbiamo ancora capito questo appello così importante.  Vediamo che il riscaldamento della nostra Terra è più veloce di quello che abbiamo pensato. Vediamo che ci sono incendi in Amazzonia: il 19% in più rispetto all’anno scorso, se non sbaglio. Questo significa che dobbiamo agire, e vuol dire anche che noi dobbiamo cambiare il nostro modo di vivere. E’ molto importante, perché noi abbiamo una responsabilità nei riguardi di questa Terra, abbiamo una responsabilità nei riguardi delle generazioni future. E si capisce che, dove non c’è più stabilità politica, dove ci sono tanti interessi diversi, come accade attualmente in Libano, la situazione diventa molto pericolosa. Sappiamo che sono tanti i Paesi che si trovano in  situazioni analoghe, dunque bisogna agire a livello internazionale, per garantire che in Paesi a rischio non si verifichino incidenti di questo tipo.

https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2020-08/libano-beirut-vescovi-europei-comece.html