L’ambiente al centro del vertice Ue-Balcani

L’agenda verde è in primo piano nei colloqui tra l’Unione europea e i Paesi balcanici: il piano per la cooperazione economica regionale si intreccia con quello delle riforme richieste per l’integrazione europea. Ora Bruxelles aumenta gli aiuti per la pandemia, ma chiede progressi in tema di Green Deal, come conferma il giornalista esperto dell’area Luca Leone

Fausta Speranza – Città del Vaticano

I capi di Stato e di governo dei Balcani Occidentali e quelli dei principali Paesi membri dell’Ue a colloquio: il quadro è quello del cosiddetto Processo di Berlino, fortemente voluto dal cancelliere tedesco Angela Merkel nell’estate del 2014. In questo contesto è maturato l’impegno formale per le riforme preso dai Paesi balcanici al Vertice di Trieste del luglio 2017. C’è un piano economico incentrato al momento su alcune iniziative ‘faro’ (flagship), che vanno dal trasporto e l’energia sostenibile alla transizione ecologica, dall’agenda digitale al rafforzamento del capitale umano e del settore privato. Ci sono da fare passi in avanti concreti e condizione imprescindibile per le sovvenzioni rimane l’avanzamento sulla road map delle riforme nei singoli Paesi. E centrale è il concetto della connettività tra i Paesi in vari settori, secondo quanto indicato proprio al momento dell’avvio del Processo di Berlino.

Verso un’Agenda Verde

Il linea con il Green Deal europeo e l’impegno ambizioso dell’Unione di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, la Commissione ha pubblicato ad ottobre una bozza per un’Agenda Verde per i Balcani Occidentali, che dovrebbe essere adottata dai leader della regione durante il vertice che si apre oggi. Per arginare i fenomeni legati al cambiamento climatico e la protezione dell’ambiente nella sua interezza.

L’aiuto Ue in tempo di pandemia in una prospettiva più ampia

In tempo di pandemia, l’Ue, nel vertice che si è svolto il 6 maggio scorso durante la presidenza semestrale croata del Consiglio, ha assicurato il sostegno di Bruxelles attraverso 9 miliardi di euro in sovvenzioni che arriveranno nei prossimi sette anni. Ma non è mancato l’orizzonte più generale: nella cosiddetta Dichiarazione di Zagabria è stato messo nero su bianco l’impegno  per l’elaborazione di un robusto piano di sviluppo economico per contribuire a rafforzare le economie locali e accrescere la loro competitività e per ottenere una miglior connettività a livello intra-regionale ed europeo.

All’inizio di ottobre, dunque, la Commissione, oltre ai report di monitoraggio annuale, ha elaborato un piano in cui si legge: “I Balcani Occidentali sono una parte integrale dell’Europa e una priorità geostrategica per l’Ue”. E il Commissario europeo per la politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi, ha spiegato che “il piano delinea un percorso per un’adeguata integrazione economica regionale per contribuire ad accelerare la convergenza con l’Unione e colmare il divario di sviluppo tra le regioni, accelerando in questo modo anche il processo di integrazione”.

Per capire meglio il contesto della realtà dei Paesi balcanici, abbiamo parlato con Luca Leone, che da anni firma reportage e libri dedicati a quest’area:

Leone ricorda che l’area dei Balcani risulta essere la più inquinata del vecchio continente, spiegando che probabilmente mancano politiche ad hoc. E a proposito di attenzione al rispetto dell’ambiente Leone sottolinea che non sono soltanto le aziende locali ad esserne carenti ma anche aziende multinazionali che agiscono spesso in modo incontrollato. Il giornalista fa esempi di industrie di cemento o di materiali chimici e di mezzi di trasporto desueti. Inoltre, Leone ricorda che, accanto all’agenda verde, la Commissione si è impegnata a presentare a breve ai leader balcanici anche una nuova ‘Agenda innovativa’ che mira ad investire nel miglioramento del capitale umano, oltre che incoraggiare la cosiddetta circolazione dei cervelli (brain circulation) e la transizione verso un’economia sostenibile basata sulla conoscenza.

Sostenere i giovani 

Leone sottolinea l’urgenza di misure in questo senso perché – ricorda – negli ultimi anni non si è fermata l’emorragia di giovani dall’area. Un fenomeno che va considerato – sottolinea il giornalista – ricordando l’esodo di un milione e mezzo di profughi al momento del conflitto che non sono mai rientrati. Al momento – dice – sono sparsi in vari Paesi del mondo. L’emigrazione attuale rappresenta un grossissimo problema perché rispecchia il dramma di un mondo del lavoro che non offre opportunità ma – spiega Leone – con lo sguardo a lungo termine è anche una sconfitta per questi Paesi che dovrebbero puntare a tutte le migliori energie a disposizione per tutte le scommesse da vincere nel prossimo futuro.

Più cooperazione e  lotta ai nazionalismi

Leone poi ricorda la scelta dell’Ue di proporre piani che si muovano in parallelo su diversi fronti: ribadisce che servono dinamiche politiche che sappiano promuovere trasparenza e contrastare ogni forma di nazionalismo per portare avanti le riforme necessarie all’integrazione europea. Leone commenta infine anche un altro intento dichiarato da parte dei leader delle istituzioni Ue: quello di promuovere interconnettività tra i Paesi in questione, ne sono esempio le polizie locali che, con la forza della cooperazione, farebbero grandi passi in avanti nella lotta alle mafie.

da Vatican NEWS del 10 novembre 2020

 

L’ultimo passo perché sia operativo il Recovery Fund

Settimana decisiva per il via libera al pacchetto Ue di contrasto alla crisi dovuta alla pandemia. L’accordo è quasi raggiunto, ma la mobilitazione senza precedenti di risorse europee non può bastare senza l’impegno dei singoli Stati, come spiegano l’economista Paolo Guerrieri e il già ministro Pier Carlo Padoan

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Il dialogo tra Parlamento europeo e Consiglio per raggiungere un’intesa sul bilancio pluriennale dell’Ue e il cosiddetto Recovery fund è il principale punto politico in agenda della settimana europea. I rappresentanti dell’Eurocamera e la presidenza di turno tedesca hanno ripreso i colloqui da oggi, lunedì 9 novembre, per provare a raggiungere un’intesa sulle misure di sostegno all’economia mentre l’Europa è travolta dalla seconda ondata della pandemia. Dei passi che mancano per il vaglio finale abbiamo parlato con Paolo Guerrieri docente di Politica economica in vari atenei, a Roma, a Parigi, in California:

Guerrieri spiega che al momento l’Europarlamento, che chiedeva maggiori risorse per la ricerca nel bilancio europeo dei prossimi anni, e il Consiglio europeo hanno sostanzialmente trovato un accordo, aggiungendo che rimane il veto dell’Ungheria: il primo ministro Orbàn chiede che i vincoli siano ulteriormente alleggeriti. L’economista dunque sottolinea quanto sia importante che il programma venga davvero licenziato in questa settimana. In questo caso infatti, comunque, i soldi non arriverebbero prima di metà del prossimo anno e ritardi ulteriori metterebbero in crisi i bilanci dei vari governi dei Paesi membri. Guerrieri ricorda che c’è un quantitativo dei fondi previsti che può essere messo a disposizione da subito ma spiega che si tratta di non più del 10 per cento. Per quanto riguarda l’urgenza, Guerrieri sottolinea che già alcune settimane fa politici, economisti e parti sociali riconoscevano che bisognasse fare presto e dunque ribadisce che l’esplosione della seconda ondata di infezione da coronavirus non fa che accentuare l’urgenza. Guerrieri ricorda che dopo il via libera ci sono comunque dei tempi tecnici da considerare, per la ratifica da parte dei vari parlamenti nazionali. Poi l’economista richiama l’attenzione sul ruolo fondamentale dei singoli Stati: i soldi che arriveranno non potranno davvero contribuire a un rilancio della crescita economica se ogni singolo governo non sarà in grado di mettere in moto le dinamiche all’altezza delle sfide da affrontare.

Il momento è molto critico, come sottolinea il già ministro dell’Economia italiano Pier Carlo Padoan raccomandando che i governi nazionali siano all’altezza delle risorse messe in campo in modo eccezionale dall’Ue:

Padoan ricorda che per una vera ripresa dovremo aspettare che sia finita l’emergenza pandemia, ma poi sottolinea che nel frattempo è importante rendersi conto delle opportunità che si possono cogliere in una situazione che resta difficilissima. In particolare, l’economista spiega che non si può negare la gravità della crisi perché ci vorrannno ancora mesi prima di un vaccino e poi perché l’Europa, come altri Paesi del mondo, paga ancora le conseguenze della crisi economica che c’è stata un decennio fa. Dunque, Padoan parla di “cicatrici” da considerare per il futuro. Poi mette in luce alcuni fattori positivi da tenere presente: mai come prima – afferma – l’Ue ha messo in campo risorse ingenti ma soprattutto è stato elaborato un programma, il Next Generation Eu, che prevede uno sguardo a lungo termine e politiche di investimento a lungo termine in cui sono centrali la questione ambientale e la prospettiva dell’inclusione sociale. Tutto questo può essere di grande importanza a patto che – raccomanda Padoan – i vari Paesi portino avanti le relative necessarie riforme strutturali.

da Vatican NEWS del 10 novembre 2020