Ambiente, il disastro hymalaiano del 7 febbraio scorso e la riflessione di Vandana Shiva sull’avidità e il clima che cambia
“Il senso della sete. L’acqua tra geopolitica, diritti, arte e spiritualità”, il libro sdi Fausta Speranza (Infinito Edizioni). La 51° Giornata Mondiale della Terra del 22 aprile
ROMA – Il 7 febbraio scorso l’India ha subìto un disastro assai simile a quello del Vayont: un ghiacciaio nello Stato dell’Uttarakhand ha ceduto e la massa d’acqua ha travolto ogni cosa. A differenza del cataclismo che ci fu la sera del 9 ottobre 1963 nel bacino idroelettrico artificiale del torrente Vajont, che provocò la morte di 2.018 persone, il bilancio delle vittime in India è stato per fortuna assai meno tragico: 9 morti e almeno 150 dispersi. Il crollo è stato provocato molto probabilmente dal riscaldamento globale, ed ha causato un’alluvione che ha danneggiato una diga. Dodici persone intrappolate in un tunnel coperto di fango sono state salvate dai soccorritori, che hanno scavato nella melma.
L’avidità per l’ultima goccia di petrolio e l’ultimo chilowatt di energia. “I disastri himalayani, compresa la tragedia del 7 febbraio 2021 – scrive Vandana Shiva nella prefazione al volume di Fausta Speranza dal titolo Il senso della sete. L’acqua tra geopolitica, diritti, arte e spiritualità (Infinito Edizioni) – sono una conseguenza dell’ignoranza e dell’avidità, l’avidità di estrarre l’ultima goccia di petrolio e gas dal sottosuolo, l’ultimo chilowatt di energia dall’ultimo fiume, compresa la nostra sacra madre Gange e i suoi affluenti, l’ultimo soldo, l’ultima rupia della natura e dei lavoratori”. La riflessione di Vandana Shiva, che viene riportata a ridosso della 51° Giornata Mondiale della Terra (il 22 aprile) si addice perfettamente al libro Il senso della sete, dove si evidenzia come il legame tra l’acqua e il diritto alla salute sia una tra le questioni sociali e geopolitiche più urgenti inerenti alla più essenziale delle risorse.
La lettera di Papa Francesco all’autrice, Fausta Speranza in un’epoca segnata dai disastri ambientali legati ai cambiamenti climatici e dal consumo umano eccessivo delle risorse del Pianeta, l’acqua è l’emblema di quell’equilibrio naturale che evidentemente gli esseri umani non possono continuare ad alterare senza annientare se stessi. “Coltivare e custodire il Creato è un’indicazione di Dio data non solo all’inizio della storia (cfr Gen 2.15), ma a ciascuno di noi, per far crescere il mondo con responsabilità, trasformarlo perché sia un luogo abitabile per tutti”, scrive Papa Francesco in un’originale lettera a Fausta Speranza, contenuta integralmente all’interno del suo libro.
L’Autrice. Fausta Speranza è giornalista inviata dei media vaticani, al Radiogiornale internazionale di Radio Vaticana dal 1992 e nella redazione esteri de L’Osservatore Romano dal 2016 (prima donna a occuparsi di politica internazionale nel quotidiano della Santa Sede). Collabora o ha collaborato con Famiglia cristiana, Limes, RadioRai, il Corriere della Sera e Il Riformista. Vincitrice di molti premi (nelle sezioni Radio, Tv e Libri), è coautrice di diversi volumi.