Terra Santa: la statua della Madonna di Loreto torna a casa

Nell’anno giubilare lauretano la statua della patrona dell’aviazione ha ricominciato a viaggiare: tappa d’eccezione il viaggio a Nazareth realizzato nell’ambito della prima visita in Terra Santa post pandemia dell’Opera romana pellegrinaggi

Fausta Speranza – Città del Vaticano

“Abbiamo portato la Madre a casa sua”: con questo spirito  monsignor Remo Chiavarini, amministratore delegato dell’Opera romana pellegrinaggi (Orp), ha espresso la gioia di aver deposto nella grotta dell’Annunciazione a Nazareth la statua della Madonna di Loreto. E’ avvenuto ieri nell’ambito del pellegrinaggio in Terra Santa del gruppo guidato dal cardinale Enrico Feroci. Ad accoglierla a Nazareth è stato fra Bruno Varriano, guardiano della Custodia di Terra Santa a Nazareth. La statua della Madonna di Loreto, patrona dell’aviazione, è tornata così dunque a viaggiare nell’anno giubilare lauretano che Papa Francesco ha prorogato, 2020-2021, per via del fermo imposto dalla pandemia. Dei significati di questa cerimonia abbiamo parlato con Don Savino Lombardi, assistente spirituale dell’Opera romana pellegrinaggi (Orp):

Don Savino spiega che oggi la statua viene riportata a Roma a conclusione di questo primo pellegrinaggio in Terra Santa dopo i lockdown, per poi continuare a sostare negli aeroporti in quanto patrona dell’aviazione. Sottolinea l’importanza di vedere la statua della Madonna di Loreto in giro per il mondo, ma soprattutto si sofferma sull’immagine particolare e – dice – molto toccante di vederla poggiata nella grotta della Basilica dell’Annunciazione a Nazareth. Inoltre, ricorda che, mentre di solito la statua viaggia con la compagnia aerea Alitalia, in questo caso, viste le difficoltà dei voli, è stata la compagnia aerea israeliana El Al ad accettare di portare a bordo la scatola di legno contenente la statua.

La celebrazione a Nazareth

Don Savino spiega poi che la celebrazione – alla quale hanno partecipato i fedeli, sacerdoti e giornalisti del gruppo dell’Orp, oltre ai frati della Custodia di Terra Santa – è stata particolarmente toccante. Si è svolta infatti in una Basilica non frequentata come di consueto per via della situazione sanitaria globale.  Don Savino ricorda il legame tra Loreto e Nazareth, spiegando che la tradizione suggerisce che un lato della casa originaria di Maria, con la grotta, è a Nazareth e gli altri tre lati a Loreto. Non vuol dire – sottolinea – che la Madonna abbia due case, ma significa che Maria è “di casa” a Loreto come a Nazareth. Don Savino poi si sofferma a commentare la scelta di celebrare nella chiesa all’interno del complesso della Basilica dedicata a San Giuseppe: stiamo vivendo l’anno giubilare dedicato allo sposo di Maria e dunque – spiega – è stato significativo porre l’accento anche sulla figura di San Giuseppe che – aggiunge – è l’uomo del silenzio ricco di speciali scelte di amore che si accompagnano a quelle di Maria.

Ripartire per rincontrare le pietre vive di Terra Santa

Tra le altre riflessioni di questo pellegrinaggio, il cardinale Feroci ha suggerito l’idea che riprendere una certa normalità dopo la fase emergenziale del Covid 19  non significa tornare a fare quello che si faceva prima, ma partire nuovamente, cioè in modo nuovo, con delle novità. Con questo pellegrinaggio – ha sottolineato – si è voluto “mettere al centro non i luoghi, ma il Signore Risorto, e rinsaldare quel legame tra la Chiesa Madre, che è Gerusalemme, e la Chiesa Capo, quella di Roma. Il Covid ci ha separato: non solo le famiglie, ma anche le Chiese, eppure noi vogliamo superare questa separazione e tornare alla comunione originaria”. Riaprire i flussi dei pellegrinaggi – ha spiegato inoltre il porporato – vuol dire ribadire la nostra vicinanza, perché la nostra fede non deve poggiare solo su un discorso teologico, ma anche esperienziale. Questo significa non solo vedere i luoghi santi, ma incontrare la Chiesa che vive e opera lì oggi.

da Vatican NEWS dell’8 luglio 2021

Fragilità e speranza: l’esperienza del Piccirillo Handcraft Center

Betlemme, dove il 90 per cento delle famiglie vive di turismo religioso, ha sofferto come nessun’altra città i lockdown, ma ha preservato il laboratorio per ragazzi disabili che continua a vendere su commissione oggetti della tradizione artigianale. Un’esperienza di inclusione che diventa esempio di imprenditorialità, come raccontano padre Faltas e il direttore del Piccirillo Handcraft Center

Fausta Speranza – Città del Vaticano

“Betlemme è la città che più ha sofferto il Covid in Terra Santa: il 90 per cento delle famiglie lavora nel turismo religioso”. Sono parole di padre Ibrahim Faltas, francescano della Custodia di Terra Santa, responsabile delle scuole ma anche della struttura di accoglienza dei francescani “Casanova” a Gerusalemme:

Padre Faltas spiega che la maggior parte delle famiglie di Betlemme non ha potuto pagare la retta in quest’ultimo anno e che i bisogni sono stati tanti. Racconta che i francescani hanno provveduto a sostenere più persone possibili, dai pacchi alimentari agli aiuti per le spese della casa. All’inizio infatti le persone hanno dato fondo ai risparmi, poi – sottolinea – sono arrivati alcuni aiuti, ma ora – avverte – l’unico modo per dare speranza a questa terra è la ripresa del turismo religioso. Per questo l’arrivo del primo gruppo di italiani, accompagnati dall’Opera Romana Pellegrinaggi della Diocesi di Roma è stato per padre Ibrahim “un segnale di speranza per una popolazione che la sta perdendo”. Il francescano non nasconde che al problema del Covid si sono aggiunte anche le nuove tensioni tra israeliani e palestinesi.

Una risorsa dai più fragili

Nella tradizione della città dove è nato Gesù c’è tanto artigianato locale, soprattutto presepi e bambinelli di legno d’ulivo. In pandemia nessuno è passato a comprare nelle botteghe di Betlemme. Ma da qualche tempo i francescani, su inziativa alla vigilia del 2000 di padre Michele Piccirillo, francescano e archeologo, avevano rispolverato anche un’altra tradizione antica: quella della lavorazione della madreperla, accanto a quella del legno di olivo e della ceramica. A padre Piccirillo, scomparso prima dell’inaugurazione, è dedicato il particolare laboratorio nato per riproporre quest’arte antica: il Piccirillo Handcraft Center. È un laboratorio artigianale dove si fa soprattutto formazione ma che dà anche una chance di lavoro a chi non ne avrebbe, disabili e persone che vivono ai margini della società. Ne abbiamo parlato con Samer Barboun attuale direttore del Piccirillo Handcraft Center:

Barboun ci racconta che non si fa vendita nei negozi di Betlemme per non interferire con le famiglie di piccoli commercianti locali che da sempre vivono di questo. Si fanno invece lavori su commissione. E questo, sottolinea, ha signfiicato che durante il lockdown il lavoro non si è fermato. Dai rosari ai calici per la Messa, dalle decorazioni per l’albero di Natale alle croci di ogni forma e dimensione: sono i prodotti realizzati in due piani del convento dei francescani a Betlemme che sono stati adibiti ad ospitare macchinari e materiali, insieme con tanti giovani che mettono in comune diverse disabilità ma anche tanta precisione e tanto impegno.  Ogni anno – racconta Samer Barboun, che ha 40 anni – maestri artigiani formano decine di persone che possono poi mettere a frutto le loro competenze. Il laboratorio dà lavoro a circa 25 famiglie in maniera stabile e ad un’altra quarantina che fa piccole parti della lavorazione dalla propria casa. Attualmente, afferma, ci sono 100 persone impegnate. Passare dall’assistenza al lavoro è la sfida che si gioca a Betlemme.

da Vatican NEWSdell’8 luglio 2021