A dialogo con Giancarlo Capozzolo, giornalista blogger de L’Espresso:
Roma. Il senso della sete. L’acqua tra geopolitica, diritti, arte e spiritualità. Un colloquio con Fausta Speranza
Multilateralismo e governance di beni essenziali come le risorse idriche: ne ho parlato con la giornalista Fausta Speranza, autrice del libro Il senso della sete. L’acqua tra geopolitica, diritti, arte e spiritualità. (Infinito Edizioni).
GC: Gentile Fausta, perché indagare il legame tra l’acqua e il diritto alla salute?
FS: Perché è una tra le questioni sociali e geopolitiche più urgenti. In piena pandemia, negli Stati Uniti la più essenziale delle risorse è stata quotata in Borsa e in Europa si è alzata l’allerta sulle microplastiche e altri inquinanti negli Oceani. L’estate 2021 è stata segnata da drammatiche alluvioni in Germania, Belgio e Gran Bretagna e da devastanti incendi in California, Grecia, Turchia, in Italia. Piogge torrenziali e siccità sono le due facce dello stesso fenomeno, di quel surriscaldamento climatico denunciato con dati incontrovertibili dagli esperti dell’Onu a inizio agosto in vista della Conferenza mondiale sul clima (Cop 26) prevista a novembre in Scozia. Mentre l’Ue rilancia il suo progetto di neutralità climatica entro il 2050, bisogna ripensare il legame tra sistemi naturali e sistemi sociali, in sostanza mettere seriamente in discussione i meccanismi di sviluppo.
GC: La Risoluzione della Assemblea delle Nazioni Unite 64/92 del 28 luglio 2010 ha riconosciuto che il “diritto all’acqua potabile ed ai servizi igienico sanitari è un diritto dell’uomo essenziale alla qualità della vita ed all’esercizio di tutti i diritti dell’uomo”. Undici anni dopo, oltre una persona su 4 – circa 2,2 miliardi – non ha accesso a fonti d’acqua sicure…
FS: L’acqua è il primo elemento naturale da considerare seriamente per la sua essenzialità e per il suo valore emblematico. Tra urgenze geopolitiche e diritti non scontati, è magnifico – lo faccio nella parte parte del volume – riscoprire la sacralità dell’acqua in tutte le espressioni di spiritualità, religiosità, arti, filosofie che il mondo ha conosciuto in tutti i tempi e in tutte le latitudini. Il sacro non è assenza di pensiero: in quella sacralità c’è tanta saggezza.
GC: Per dirlo con una battuta, non si può più dire “facile come bere un bicchier d’acqua”…
FS: Purtroppo direi proprio di no. L’International Food Policy Research Institute (Ifpri) prevede che, agli attuali tassi di crescita demografica e di consumo idrico, entro il 2025 il fabbisogno di acqua aumenterà di oltre il 50 per cento. Il Mediterraneo ha una velocità di riscaldamento che è del 20 per cento superiore rispetto alla media globale, e questo fa temere che entro pochi anni circa 250 milioni di persone si potranno trovare in una condizione di insicurezza idrica.
GC: …già sappiamo delle guerre per l’acqua intorno il Lago Ciad in Africa o delle contese per le dighe tra Etiopia, Egitto e Sudan…
FS: Gli agricoltori saranno i più colpiti, in particolare nei Paesi a basso reddito, dove i raccolti dipendono molto più direttamente da sistemi di irrigazione ad alto consumo d’acqua rispetto all’America Settentrionale o all’Europa. L’allarme riguarda soprattutto Medio Oriente e Nord Africa, ma anche l’India, che desta particolare preoccupazione per il numero elevatissimo della sua popolazione. Paesi come Qatar, Israele, Libano e Iran ogni anno prelevano in media più dell’80 per cento delle proprie risorse totali di acqua. Si traduce in un serissimo rischio di rimanerne a corto. Guardando all’Iran, dopo le proteste per il pane, sono arrivate in primavera quelle per l’acqua. Nella Repubblica islamica il cambiamento climatico sta determinando la peggiore siccità degli ultimi 50 anni. La rete idroelettrica nazionale sta cedendo a causa della mancanza prolungata di piogge, aggravata da decenni di incuria e mancati investimenti. Una situazione drammatica soprattutto nella parte occidentale del paese, spazzata dai venti desertici provenienti dal vicino Iraq che hanno reso aride pianure un tempo fertili. Nel Khuzestan, provincia occidentale, migliaia di dimostranti sono scesi in strada, scandendo slogan sull’acqua contro le autorità, e scontrandosi con le forze dell’ordine. Altri 44 Paesi, in cui vive circa un terzo della popolazione mondiale prelevano ogni anno il 40 per cento dell’acqua di cui dispongono. Per questi territori, che comprendono anche l’Italia, il rischio è meno elevato, ma comunque preoccupante.
GC: …c’è poi un altro dato da non trascurare: il 12 per cento della popolazione dell’Unione europea lamenta problematiche legate all’acqua..
FS: Tra difficoltà di approvvigionamento, querelle tra pubblico e privato e soprattutto inquinamento. Tanto che nel 2020 abbiamo assistito alla prima Direttiva europea frutto della possibilità (secondo quanto previsto dal 2009 dal Trattato di Lisbona) di promozione da parte dei cittadini: ed era la Direttiva sugli standard di sicurezza delle risorse idriche. Tutto questo ci ricorda innanzitutto che il livello di regolazione deve essere superiore allo Stato nazionale, vale la logica del principio di sussidiarietà verso l’alto: senza accordi internazionali che diano standard comuni non c’è una reale efficacia di intervento per garantire il diritto all’accesso all’acqua potabile.
GC: Da tempo si parla di guerre per “l’oro blu” mentre si è parlato molto poco di un fatto che tu nel libro definisci potenzialmente dirompente : i futures sull’acqua …
FS: Sappiamo che scarsità fa rima con speculazioni. Secondo le stime del Water Grabbing Observatory, nel 2030 il 47 per cento della popolazione mondiale vivrà in zone a elevato stress idrico, che significa elevatissimo stress sociale. “L’oro blu”, dunque, è in grado di scatenare carestie e guerre e l’acqua potabile, in particolare, rappresenta il primo diritto da tutelare in tema di salute ma anche un’arma da guerra: far mancare l’acqua ad alcuni territori piega il nemico. E dunque in quest’ottica non sorprende che ci sia qualcuno che si prepara a speculazioni. Nel 2020 c’è stato chi in California ha quotato l’acqua in Borsa. Ribadisco che ritengo questo un fatto potenzialmente dirompente quanto impensabile. È chiaro che tutto il discorso va posto a livello planetario, esattamente come a livello globale si sta imponendo il determinismo tecnologico che diventa determinismo sociale. L’alternativa può essere una forma di consapevolezza globale innanzitutto e di governance globale che salvi i fondamenti dei sistemi liberali messi a dura prova anche dallo tsunami Sars-CoV2 o Covid-19. E nei fondamenti democratici c’è il diritto a non morire di sete o di acqua inquinata. Certamente avrei voluto un dibattito forte su quanto accaduto negli Stati Uniti: in Italia non c’è stato affatto.
GC: A proposito di Italia, il referendum sulle privatizzazioni esattamente di 10 anni ci ha messo al riparo?
FS: A giugno di 10 anni fa abbiamo votato per il referendum che ha respinto la privatizzazione, ma oggi ci ritroviamo in alcune zone d’Italia con accordi di municipalizzate con privati che pongono seri problemi. Le cronache ci portano direttamente in Sicilia dove è vivissimo il dibattito, ma non ci sono sole le isole in ballo. Alcuni sindaci stanno combattendo la battaglia per difendere l’accesso alle fonti idriche perché le lobby delle acque minerali rischiano di trovare cittadinanza nel prossimo decreto legge sulla transizione ecologica”. Le grandi lobby di potere, che avevano mal digerito l’introduzione dell’articolo 147 bis nel Codice dell’ambiente, voce che assegnava il servizio idrico ai piccoli comuni montani e a quelli con sorgenti in aree pregiate, ci riprovano ancora: vorrebbero mettere le mani sulle sorgenti idriche che ricadono nei parchi e nelle aree di pregio. Lo strumento potrebbe essere il nuovo decreto legge in corso di approvazione sulla transizione ecologica che prova ad abrogare quell’articolo, nato a seguito di tante lotte, per l’acqua pubblica, fatte da piccole e grandi comunità. Ma sui giornali in questi mesi vengono anche raccontati i sit-in in piazza Carlo di Borbone a Napoli, organizzati dall’associazione ‘Comuni per l’acqua pubblica’ che manifestano la loro contrarietà alla proposta dei nuovi aumenti delle tariffe sulla bolletta dell’acqua nella provincia di Napoli. Sappiamo bene come in Veneto per decenni le acque della seconda falda più grande d’Europa sono state inquinate con sostanze chimiche, gli Pfas. Un disastro ambientale che ha messo a rischio la salute di un’intera regione e centinaia di migliaia di persone. Nel 2020 ha avuto inizio il processo ai responsabili ma non si esaurisce tutto nelle aule dei Tribunali seppure serva urgentemente giustizia.
GC: Qualcosa si muove davvero a tuo avviso?
FS: Cresce in generale la consapevolezza dei problemi dei cambiamenti climatici. Il 22 marzo è dal 1993 la Giornata Mondiale dell’Acqua, su iniziativa dell’Onu, ma è evidente come solo negli ultimi anni, e in particolare nel 2021, venga sempre più seguita. Inoltre, dal 2020 è iniziato il Decennio degli Oceani. E la Giornata dell’Ambiente del 5 giugno 2021 ha lanciato ufficialmente il Decennio delle Nazioni Unite per il Ripristino dell’Ecosistema. Il profondo legame tra la più essenziale delle risorse e il cambiamento climatico è stato il tema dell’edizione 2020 della Giornata mondiale dell’acqua. E per l’edizione 2021 della Giornata è stato scelto il tema Valuing Water, ovvero dare valore all’acqua.
GC: Il prossimo orizzonte è la United Nations Climate Change Conference, 1-12 novembre 2021, a Glasgow, in Scozia…
FS: In vista di questo appuntamento mondiale il 9 agosto veniva pubblicato il rapporto, dal titolo “Cambiamenti climatici 2021 – Le basi fisico-scientifiche”, del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) dell’Onu. Il messaggio è chiarissimo: non è rimasto più tempo da perdere per limitare il riscaldamento globale ed evitare cambiamenti disastrosi alla vita sul nostro pianeta. Ma non bastano singole azioni: è il momento di ripensare sistemi naturali e sistemi sociali. Con la pandemia, il messaggio è deflagrato: si deve ripartire dall’ambiente costruito per contrastare l’arrivo di ondate di calore anomale, piogge torrenziali, siccità e aridità, uragani e cicloni e anche per fronteggiare il fenomeno delle zoonosi, le infezioni dovute al cosiddetto salto da specie animale a specie umana. E’ evidente che è dovuto ad alterazioni degli equilibri dell’ecosistema. Ma si deve anche garantire una gestione idrica più sicura e sostenibile e tutelare il diritto alla salute in un modo nuovo. Dunque, qualcosa davvero si muove almeno a livello di denunce globali. Bisogna passare ai fatti.
GC: C’è chi ci perde la vita per certe battaglie …
FS: Sono drammatici i tentativi di zittire le voci di denuncia. Aambientalisti e attivisti di tutto il mondo combattono, dal Brasile all’Australia, dal Canada alle Filippine, e troppo spesso lo fanno a costo della vita. Secondo il rapporto dell’organizzazione Global Witness, il 2019 ha segnato l’angosciante record di almeno 212 omicidi di ambientalisti che operavano in difesa di terre e risorse naturali. Quattro ogni settimana. E non c’è solo il Messico o l’America Latina, considerate terre di narcotraffico: parte della strage si è consumata in Asia. La gravità della situazione è esacerbata dall’agricoltura intensiva, che nei Paesi non sviluppati sperpera risorse in modo impensabile, e dalla produzione di carne per i ricchi mercati del Nord del mondo che, insieme con lo sfruttamento minerario indiscriminato, consumano enormi quantità d’acqua. Anche l’inquinamento delle falde acquifere causato dagli scarichi industriali ha un ruolo nel ridurre la disponibilità idrica. Ricordiamo che la popolazione mondiale ha a disposizione soltanto il 2 per cento dell’acqua, mentre il restante 98 per cento viene destinato a usi industriali, agricoli, forestali e minerari. E pensare che dai popoli indigeni dell’Amazzonia o di altre aree dell’America Latina possono arrivare insegnamenti preziosissimi. Per la forza della loro tradizione, considerano i corsi d’acqua esseri viventi e non concepiscono inoltre la proprietà privata. Si capisce che il loro approccio è diverso e arricchente. Non c’è spreco e non c’è scempio possibile nella loro mentalità, ma solo il rispetto che si deve ad altri esseri viventi. In Ecuador e in Bolivia, sotto la spinta di questo tipo di concezioni, ai fiumi e ai laghi è stato riconosciuto per legge lo status di personalità giuridica. C’è l’uso delle acque e delle culture secondo tradizionali metodi che conservano in sé il concetto oggi tanto ambito di sostenibilità. Eppure finora li abbiamo sacrificati troppo spesso a vantaggio di un’agricoltura commerciale che non pensa al domani. È solo un flash di altri orizzonti possibili, che conferma che tutti i popoli hanno qualcosa da insegnare e dovrebbero avere voce in capitolo. Questa sarebbe una faccia bella della globalizzazione.
GC: I conflitti e le migrazioni in tutto il mondo si moltiplicano e scopriamo la fragilità anche in Occidente di diritti che avevamo dato per scontati, come quello di vivere in un ambiente salubre…
FS: Emerge una complessità da considerare con uno sguardo che non può che essere globale. I cambiamenti climatici stanno rendendo l’acqua più scarsa, più imprevedibile, più inquinata; incidono quindi sulla sua qualità, minacciando lo sviluppo sostenibile e la biodiversità. Il punto è che la crescente domanda richiede un aumento della necessità di trattamenti ad alta intensità energetica e alcune misure di mitigazione dei cambiamenti climatici, come l’uso esteso di biocarburanti, possono perfino aggravare la scarsità d’acqua. D’altra parte, l’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici sull’acqua può proteggere la salute, così come l’uso più efficiente dell’acqua può contribuire a ridurre i gas serra. Si capisce che si debba adottare la tecnologia giusta e che non si possa procedere random. Il Covid-19 ha sparpagliato le carte a tutti sotto diversi punti di vista, ma su un aspetto gli studiosi internazionali concordano: la stretta correlazione tra cambiamenti climatici, alterazioni dell’ecosistema e salto di infezioni dagli animali all’essere umano. Il Covid-19 è solo uno della catena di esempi possibili, dopo Hiv, Ebola, H5N1, H1N1, Sars, Mers.
GC: Parli di governance globale per salute e acqua ma non ti sembra che abbia seriamente vacillato di recente lo stesso concetto di multilateralismo?
FS: E’ vero. Ha vacillato seriamente e ora si sta riformulando ma c’è anche il rischio che si recuperi un multilateralismo delle democrazie che esclude o mette ai margini Paesi che invece ormai devono dire la loro perché hanno un peso notevole sotto tanti punti di vista. La lotta ai cambiamenti climatici, nonostante la consapevolezza del legame profondo con le questioni della salute, ha subìto una battuta d’arresto in questi ultimi anni, travolta dall’isolazionismo degli Stati Uniti di Donald Trump, ma anche dalla crisi che attraversano le agenzie internazionali che devono “produrre” multilateralismo. Senza approccio concertato, una battaglia come questa non può essere vinta: lo sa bene l’Unione europea che se ne è fatta paladina, con una corsa in avanti in tema di emissioni nocive che resterà nei libri di storia. La crisi per gli organismi internazionali non è tanto di efficienza degli apparati, ma di legittimazione da parte dei leader mondiali e di credibilità minata dai venti di populismo e di sovranismo. L’aria con il nuovo presidente statunitense Joe Biden è molto cambiata: nel giorno stesso del suo giuramento, il 20 gennaio 2021, ha firmato carte utili a far rientrare gli Stati Uniti nell’Accordo di Parigi sul clima e in altri consessi internazionali. Inoltre, dopo una settimana dal suo insediamento, il secondo presidente cattolico, dopo Kennedy, ha annunciato la disponibilità degli Stati Uniti a ospitare il summit con i leader mondiali sui cambiamenti climatici in programma il 22 aprile 2021 in occasione della Giornata della Terra.
GC: In definitiva, in tema di ambiente è ripartita la collaborazione tra Stati Uniti e Unione europea ma ormai qualunque seria partita deve essere giocata a tre, Washington, Bruxelles e Pechino…
FS: Sembra che si stiano rimettendo insieme i pezzi del puzzle multilaterale, che si stava costruendo, in campo economico, con il G20, nato nel 1999 come versione allargata del gruppo degli otto o sette Paesi più industrializzati. Bisogna chiedersi quali dossier debbano trovarsi sul tavolo, al di là ovviamente di quello dell’emergenza pandemica scoppiata a inizio 2020; quello della gestione dei vaccini maturato a inizio 2021; quello delle conseguenze economiche a lungo termine che vanno a sommarsi alle altre fasi negative precedenti.
GC: Abbiamo parlato di diritti ma non abbiamo parlato di sanzioni e di reati?
FS: Il punto è assicurare davvero incisività all’impegno della Corte penale internazionale in tema di delitti ambientali. Ricordiamo il mandato che ha ricevuto in questo campo nel 2016, ma anche i limiti con i quali può muoversi. Che sono davvero troppi. Come è inaccettabile il numero di coloro che nel mondo vivono senza poter accedere all’acqua potabile. Si tratta del padre di tutti i diritti, un requisito necessario per la sussistenza, per combattere le infezioni e difendere la salute. Nessuno può negare che far mancare l’acqua a esseri umani possa rappresentare un crimine contro l’umanità.
GC: Perché tanti nomi a firmare prefazioni e postfazioni del tuo libro?
FS: Sono convinta che abbia ragione il filosofo e massmediologo Derrick de Kerckhove quando dice che “il futuro della politica non sarà più nazionale, ma ovunque nasceranno due grandi partiti, uno favorevole alle regole di base per il rispetto dell’ambiente e della società e l’altro contrario”. Mi sono occupata di acqua perché è il primo, basilare ed emblematico elemento naturale da cui partire per riflettere sulle urgenze del pianeta, ma anche perché rappresenta un fattore chiave per la sussistenza, utile per ragionare di un nuovo patto sociale globale. E per farlo ho coinvolto oltre all’ambientalista Vandana Shiva, i rappresentanti dei fondamentali ambiti di discussione: l’Ambasciatore Pasquale Ferrara rappresenta l’impegno di riflessione dell’internazionalista; Leonardo Becchetti il punto di vista dell’economista; Stefano Ceccanti quello del costituzionalista, Francesco Profumo “incarna” l’innovazione tecnologica. E non poteva mancare un poeta, Plinio Perilli, proprio perché di visione e di spessore umanistici abbiamo molto bisogno. C’è bisogno di sinergie! Vacillano alcuni punti fermi in tema di equilibri sociali, come il lavoro e il welfare, già colpiti da crisi economico-finanziarie alternate a liberismo selvaggio, concentrazioni di interessi. In parallelo, nella narrativa social e nelle più varie realtà sociali si moltiplicano preoccupanti recrudescenze di razzismi, fascismi, presunte supremazie. Dall’Europa arriva un messaggio forte da tradurre in azione. Lo ha lanciato la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen: dopo l’Europa del carbone e dell’acciaio, dopo l’Europa verde agricola, dopo quella seppur non completa della moneta e delle banche, ci vuole l’Europa della salute.
GC: In sostanza, non è più possibile il solo binario dell’ambientalismo, dobbiamo percorre percorsi sinergici…
FS: …non avrei immaginato ma ovviamente è stato un bellissimo regalo ricevere la lettera di Papa Francesco, protagonista con la Laudato Sì delle più efficaci provocazioni in tema di ambiente. Ricordo che mai – in 30 anni da cronista a Bruxelles e a Strasburgo – mi era capitato di vedere monopolizzate le conversazioni nei corridoi della Commissione europea per settimane e settimane sulle parole di un Papa, come è accaduto in quel momento. E bisogna anche dire che interi brani del programma Green Deal dell’Ue, lanciato nel 2019 dal Consiglio europeo, con la sola clausola di non partecipazione della Polonia riprendono stralci della Enciclica di Francesco del 2015.
GC: La pandemia è stata come l’apertura del vaso di Pandora: ha messo in luce come la crisi che viviamo riguardi molteplici ambiti della vita sociale e molteplici dimensioni del vivere comune…
FS: È una crisi sanitaria ed economica, ma è anche una crisi istituzionale, delle democrazie, e culturale. Dobbiamo ripeterci che il termine crisi nell’etimologia conserva un potenziale di rinascita: viene dal greco krísis, che significa discernimento, scelta, decisione. Sono concetti che proiettano in avanti, che aprono a un impegno nuovo. Ma non c’è nulla di scontato. Piuttosto, molto da riprendere in mano.
GC: Nel tuo libro non ci sono solo denunce e drammi, ma anche arti, filosofie, religioni. Perché?
FS: Il senso della sete cerca di mettere in luce i temi, le problematiche, i fili che attraversano le varie questioni più importanti, ma anche di proporre alcuni flash del patrimonio di inventiva tecnologica e di idealità già messo in campo per trovare soluzioni, nell’ottica di contribuire a un dibattito comprensivo e propositivo che parli concretamente di cultura della cura. E poi, nella terza parte, abbiamo cercato di “risalire alle fonti”, di abbeverarci a quel bacino di spiritualità e sensibilità artistica che davvero può dare forza per una vera rivoluzione ecologica che non può cambiare solo lo stato di salute dell’aria, dell’acqua, della terra, ma deve modificare la relazione dell’essere umano con il contesto ambientale e con l’altro. Abbiamo bisogno di riscoprire anche il senso della sete di bacini culturali che danno senso e slancio etico.
GC: Ci fai alcuni esempi? Penso ad antichi testi che testimoniano che il Nilo era sacro per gli Egizi, fonte di vita, simbolo di prosperità…
FS: Esattamente. Per i saggi della Grecia antica, l’acqua e la terra si tengono insieme, come il cielo e l’aria. L’acqua è un vapore condensato, un cielo coagulato, un’aria spessa, una terra fluida. Nell’età vedica dell’India, l’acqua rappresenta la manifestazione cosmica che racchiude due significati legati tra loro: da un lato, dà la vita materialmente, come Madre Natura; dall’altro, assume un significato più trascendente legato all’Essere. Nella mitologia armena, la figura di Anahid, dea della fertilità e della guarigione, è la custode delle acque e della saggezza! Per gli indigeni Mapuche del Cile, l’acqua del mare e le montagne della terra sono due grandi serpenti che lottano tra loro alla ricerca di un continuo equilibrio, che corrisponde al centro della loro spiritualità. Per gli Zuni del New Mexico, negli Stati Uniti, gli antenati risiedono in un villaggio situato nella profondità di un lago. Insomma, nel libro riporto tanti altri di questi esempi, oltre alla narrazione dei concetti di purificazione e rigenerazione per le tre religioni monoteistiche: ebraismo, cristianesimo, islam. E’ tutto nutrimento per l’animo umano chiamato a un nuovo slancio etico.