Fausta Speranza – Città del Vaticano
Dal ballottaggio presidenziale che si è svolto ieri, esce vincitore il leader della sinistra, Luiz Inacio Lula da Silva che diventerà, dal 1° gennaio 2023, capo dello Stato brasiliano per la terza volta. Lula ha battuto l’attuale presidente Jair Bolsonaro (Pl, destra). Il Tribunale superiore elettorale ha ufficializzato la vittoria: col 98,86 per cento del totale delle sezioni scrutinate, Lula ha ottenuto il 50,83 per cento dei voti (59.596.247), contro il 49,17 per cento di Bolsonaro (57.675.427).
Il primo discorso programmatico di Lula
“Se siamo il terzo produttore di cibo al mondo e il primo di carne, abbiamo il dovere di garantire che ogni brasiliano possa fare tre pasti e non dormire per strada”. Così Lula, nel suo primo discorso dopo il voto, parla di ruota dell’economia che tornerà a girare, di “salario giusto” e di “democrazia reale, concreta, con crescita economica ripartita in tutta la popolazione perché – dice – così la democrazia deve funzionare, non per perpetuare le diseguaglianze”. Critica “razzismo e pregiudizio”, annuncia libertà per tutte le religioni e politiche per l’inclusione delle donne, promette di governare per 215 milioni di brasiliani, affermando che “non ci sono due Paesi ma una sola grande nazione”. Di fatto si è trattato dell’elezione, con il voto il 2 ottobre e il ballottaggio domenica 30 ottobre, più polarizzata nella storia del Brasile.
Un ministero per i popoli originari
E poi lancia un messaggio all’esterno: si impegna con la comunità internazionale a promuovere partenariati ma – sottolinea – per un commercio globale “più equo”. Critica “gli accordi commerciali che a suo dire condannano il Paese ad essere “un eterno esportatore di merci e materie prime”. C’è anche l’impegno per l’Amazzonia: “Monitoreremo e sorveglieremo l’Amazzonia, dove combatteremo ogni attività illegale. Allo stesso tempo promuoveremo lo sviluppo sostenibile delle comunità dell’Amazzonia”, dice il neo presidente nel suo discorso di accettazione, impegnandosi a istituire un ministero per i popoli originari del Brasile, che sarà gestito da un indigeno.
Per Lula è il terzo mandato, dopo i due tra il 2003 e il 2011
Per Luiz Inacio Lula da Silva è il terzo mandato dopo i primi due dal 2003 al 2011, anno in cui ha passato il testimone alla compagna dello stesso Partito dei lavoratori Dilma Rousseff. Entrambi sono stati poi travolti dall’inchiesta per corruzione costata a Lula 580 giorni di prigione, prima dell’annullamento di tutte le sentenze a suo carico.
Un Paese sempre più segnato da diseguaglianze
Intanto il Paese è cambiato, come spiega il professor Leonardo Morlino, docente di Scienza della Politica all’Università Luiss ed esperto di America Latina:
Il Brasile – spiega il professor Morlino – vive una situazione di così profonde diseguaglianze economiche, paragonabili al Sudafrica, che giustificano in qualche modo la polarizzazione che si è palesata nel voto presidenziale. L’immagine è di un Paese spaccato a metà. Morlino sottolinea che Lula è stato presidente dal 2002 al 2010 e che rispetto a quel periodo oggi il gigante sudamericano si trova in una condizione di maggiore debolezza internazionale. Il Brasile esporta prevalentemente materie prime alimentari o energetiche (soia, ferro, petrolio), i cui prezzi sono estremamente volatili. Il suo principale cliente è la Cina, destinataria di una quota di export brasiliani ben superiore a quella del secondo maggior cliente, che sono gli Stati Uniti. Proprio Pechino e Washington, dunque, sono i due punti di riferimento tra i quali oscillano le relazioni internazionali del Brasile da anni. La Russia è il primo esportatore di fertilizzanti al mondo e a inizio millennio il presidente Putin poteva rappresentare una sponda per il Brasile ma dopo l’invasione dell’Ucraina tutto è cambiato, afferma l’esperto.
Il sogno dell’integrazione dell’America Latina
Secondo il professor Morlino, il contesto internazionale non lascia intravedere sviluppi in tema di auspicata integrazione dell’America Latina. Nessun Paese latinoamericano ha le potenzialità o la stabilità per esercitare una leadership regionale, per non parlare delle conseguenze economiche del Covid-19, della guerra d’Ucraina e del rialzo dei tassi negli Stati Uniti, che sono tutti fattori negativi per tutti. Dagli elettorati, più del sostegno convinto alle proposte di alcuni partiti, sembra emergere l’insoddisfazione per i leader in carica.
L’estremizzazione lontana dalla cultura locale
Il professor Morlino mette in luce quanto l’evidente processo di continua polarizzazione del discorso politico in Brasile, legato alle profonde spaccature all’interno del Paese, segni un allontanamento dalla secolare e tradizionale cultura brasiliana riassunta anche dal termine jeitinho. Si tratta in realtà di un concetto complesso che può avere sfumature anche negative sotto l’aspetto dell’arte di arrangiarsi, ma che incarna senza dubbio l’idea di un carattere improntato alla morbidezza del linguaggio, al rifiuto dell’estremismo, all’attitudine all’accordo. Tutto questo – afferma Morlino – ha aiutato finora il livello di coesione raggiunto da decenni nel vasto Paese. E la perdita, a vantaggio dell’esasperazione generale della popolazione, potrebbe significare il rischio di un’escalation di tensioni.
Silenzio stampa di Bolsonaro
Sconfitto al ballottaggio, il presidente uscente del Brasile Jair Messias Bolsonaro sta finora mantenendo il silenzio senza pronunciarsi sul risultato delle elezioni. Il leader di destra “non risponde alle telefonate di nessun alleato politico”, hanno riferito ai media alcuni suoi collaboratori. Nessuna dichiarazione neanche da parte dei suoi figli, in particolare di Eduardo Bolsonaro, che cura la sua comunicazione sui social, sottolinea la stampa locale. Entrato in politica nel Partito Cristiano-Democratico di posizioni fortemente conservatici, poi approdato in diverse formazioni della destra brasiliana, Bolsonaro è stato eletto per la prima volta in Parlamento nel 1991 a Rio de Janeiro, occupando un seggio che da allora ha continuato a detenere.
Il primo capo di Stato della sesta Repubblica non rieletto
Nel corso della sua carriera parlamentare a Brasilia, Bolsonaro si è distinto per i suoi interventi in difesa del potere militare, per le proposte per la reintroduzione della pena di morte abolita nel 1988, per proposte choc come quella del 2008 per la risoluzione del problema della povertà attraverso la sterilizzazione degli indigenti. Bolsonaro ha visto trasformate in leggi dello Stato solo due delle 173 proposte presentate in Parlamento nei suoi 27 anni di attività parlamentare. Nel 2014 è stato rieletto come deputato più votato di Rio de Janeiro con 464 mila voti per poi diventare una figura centrale nella politica brasiliana fino alla presidenza del Paese dal 2018. è il primo presidente della recente fase storia del paese definita della sesta Repubblica, a presentarsi per un secondo mandato e a non essere rieletto.