01 Aprile 2023
Tornano i visitatori nelle Biblioteche del deserto
Saperi di sabbia
Chinguetti era uno ksar, un villaggio fortificato berbero diffuso nel Maghreb, uno dei tanti in Mauritania in cui si camminava tra abitazioni e granai e in cui si fermavano viandanti sulle vie carovaniere. Era più ricco di altri e, a dimostrazione della sua importanza, offriva spazi per la lettura in ben 24 biblioteche.
Oggi la cittadina di Chinguetti si presenta divisa in due da un fiume di sabbia, parte vecchia e parte nuova. La desertificazione ha privato di ogni solennità l’accesso a quella che è stata la via principale, ma l’ingresso nelle stanze che conservano libri regala la meraviglia di circa 700 testi antichi e preziosi, rarissimi manoscritti, messi insieme a partire dal 1699.
Si tratta di un universo culturale contenuto all’interno della tipica area cinta da un muro con quattro torri e una sola entrata, ma nutrito da contributi provenienti da tanti Paesi del Nord Africa e del Vicino Oriente. Arrivano da tempi passati. Il più antico è di Ebi Hilal el—Askeri, un testo di teologia autografo, del 480 dell’Egira.
Al largo delle coste di Chinguetti si trova il giacimento petrolifero omonimo, segno evidente dello sviluppo che ha conosciuto il Paese dell’Africa occidentale e delle risorse divenute preziose nel secolo scorso. Nel dinamismo vorticoso dei processi industriali c’è stato chi ha lanciato il primo appello a salvare dalla distruzione le opere che erano custodite in scaffali del tutto inadeguati, invasi dalle termiti: nel 1949 lo studioso mauritano Mokhtar Ould Hamidoun ha pubblicato l’inventario che ha dato il via all’impegno di recupero e cura degli inestimabili testi che sono passati dalla gestione di privati senza mezzi alla protezione internazionale.
I volumi conservati a Cinguetti provengono da Egitto, Siria, Turchia, dal Maghreb. Alcuni sono identificabili per un genere di scrittura comune all’attuale Marocco, Algeria, Tunisia. Fra i pezzi davvero importanti viene messo in evidenza il testo del Corano di Buaïn çafra (colui che ha l’occhio giallo) ed è un manoscritto orientale miniato da Mohammed Ben Abou’l Qayym el-Qawwal e Tebrizi. Su questo testo il cadì di Chinguetti faceva giurare i testimoni. È conservata anche una produzione di eruditi locali, circa 240 volumi di autori legati ai centri di Ouadane, Oualata, Tichitt, Atar, Trarza e alla regione di Tagant con opere a volte in più volumi. Sono conservate anche una cinquantina di opere del mistico e politico sahrāwī Maa el Ainin stampate a Fez, in Marocco.
Un patrimonio eccezionale che, dopo tante vicende, sembrava felicemente approdato nel 1996 sotto l’ala protettrice dell’Unesco. Ma la dichiarazione di sito Patrimonio dell’umanità, che è stata decisiva per dare il via a tante iniziative di conservazione e tutela, non ha potuto nulla o quasi nulla di fronte all’imperversare del terrorismo a inizio secolo, quando sotto sigle diverse più o meno comunicanti, gruppi armati, dall’Iraq al Mali, dall’Afghanistan alla Somalia, dalla Siria alla Nigeria, e non solo, hanno portato orrore e distruzione. I manoscritti di Chinguetti fortunatamente non hanno subito attacchi, come purtroppo è successo, tra gli altri, al preziosissimo museo di Palmira in Siria, ma l’incombere delle azioni terroristiche sulla macroregione africana ha significato un doloroso isolamento e ha segnato un passo indietro nel percorso verso la tutela del patrimonio librario.
Attualmente Cinguetti si raggiunge in fuoristrada partendo da Atar, capoluogo della regione montana dell’Adrar a ridosso del Sahara occidentale. Grazie a varie misure prese da qualche tempo, in particolare su impulso dell’antropologo italiano Attilio Gaudio, il ricco patrimonio è sempre più protetto dall’avanzata delle sabbie.
Torna a crescere il numero dei visitatori a Cinguetti e anche in altre città nel centro sud della Mauritania come Ouadane, Tichitt, Oualata, depositarie di altri volumi antichi, altrettanti siti Patrimonio dell’umanità.
Si può provare a comprenderne il valore immergendosi in un tempo lontano, quando soprattutto Chinguetti ma anche Ouadane, Tichitt, Oualata erano considerate, secondo una remota tradizione locale, il settimo luogo santo dell’Islam. In ogni caso, erano tappe obbligate per le carovane che attraversavano il deserto collegando l’area mediterranea con l’Africa subsahariana e che qui potevano trovare non solo ristoro, ma anche un ambiente vivace dal punto di vista intellettuale e sociale. Una scia di saperi che dopo secoli continua a tenere vivo il fascino delle Biblioteche del deserto.
di FAUSTA SPERANZA
https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-04/quo-077/saperi.html