Tante opportunità dietro quei limiti

22 aprile 2024

Concluso a Napoli il convegno della Cei su disabilità e inclusione

Oltre le disabilità si può andare con un bagaglio di tecnologia e creatività ma soprattutto serve la consapevolezza che la vulnerabilità non è un confine ma una condizione dell’essere umano, uno spazio di fratellanza. A conclusione di Noi, non loro — l’incontro organizzato dal 19 al 21 aprile a Scampia (Napoli) dal Servizio per la pastorale delle persone con disabilità della Conferenza episcopale italiana — sono tanti gli orizzonti di riflessione aperti ed è rinnovato lo slancio di collaborazione tra le tantissime realtà che sul territorio si prendono cura dei più fragili. La messa celebrata ieri mattina nel Duomo di Napoli dall’arcivescovo Domenico Battaglia ha permesso, con l’ausilio di varia strumentazione, il coinvolgimento diretto di persone con disabilità ed è stata un momento di festa segnato dalla riflessione personale del presule sulla «solitudine che rischia di affliggere chiunque quando non riesce ad andare oltre il proprio io».

La vulnerabilità, della quale la disabilità è una declinazione, non è qualcosa che appartiene ad alcune categorie ma riguarda tutti. Lo ha sottolineato anche don Gianluca Marchetti, sottosegretario della Cei, ricordando che, «quando nella storia l’uomo ha pensato di essere un superuomo dimenticando la propria limitatezza, ha dato vita agli orrori più gravi, frutto di impostazioni ideologiche». Vulnerabilità — ha chiarito — è «lo spazio dei limiti e delle ferite che tutti sperimentiamo ed è proprio questo lo spazio di umanità che Dio incarnandosi ha scelto di abitare insieme con l’uomo». Grazie alle testimonianze di associazioni, realtà parrocchiali o diocesane, è emerso un quadro essenziale dei bisogni ma anche dei sorprendenti risultati raggiunti quando entrano in campo attenzione e ascolto. È il caso di “Insuperabili”, associazione nata in Campania dallo slancio di Raffaella Bussetti, che offre a suo figlio affetto da autismo e ad altri ragazzi come lui la possibilità di fare sport con coach professionisti. Se per le problematiche fisiche, infatti, è stato fatto un percorso importante fino alle Paralimpiadi, «restano molte più barriere per l’accesso allo sport di chi ha disagi mentali, a partire dall’autismo».

Don Giovanni Stefanelli ha chiarito l’obiettivo dell’associazione “Autismo io ci sono”: dare una risposta a bambini, giovani e adulti autistici e alle loro famiglie attraverso una presa in carico globale che significa innanzitutto «coinvolgere figure professionali». Oggi l’associazione offre un supporto a scuole e a comparti sociali che si occupano di crescita e di sviluppo. Per tutte le persone che vivono problematiche «abbattere anche solo un gradino può fare la differenza», ha ribadito Marco Bertelli, della Misericordia di Firenze, parlando del «diritto a uno spazio abitabile che risponda a esigenze e scelte di vita». Se lasciare esplodere le tante potenzialità che tutti hanno è la finalità, lo psicoterapeuta Giovanni Miselli ha chiarito il punto di partenza essenziale: «Separare le persone dai problemi, capire i desideri e i valori delle persone che non riescono a esprimersi compiutamente per assecondare il progetto di vita che non bisogna negare a nessuno».

Di progetti, vecchi e nuovi, ha parlato il campione paralimpico di lancio del disco e di getto del peso Oney Tapia. Ha raccontato al ritmo di musica «la bellezza della vita perfino riscoperta quando d’improvviso ci si imbatte in una disabilità inattesa: c’è tanto dolore ma per far fronte a quel dolore si mettono in campo energie nuove». Oney, partito da Cuba con un contratto da giocatore di baseball, in Italia ha avuto bisogno di fare anche il giardiniere per mantenersi e su un albero è avvenuto l’incidente che ha provocato la perdita della vista. «Quando ti sembra di avere tutto — ci ha detto — il destino bussa alla porta e in un attimo la tua vita cambia così all’improvviso da scuoterti nel profondo». Tapia è ripartito con l’aiuto della fede e la sua vita ha preso la nuova direzione. All’incontro ha ringraziato per i tre giorni di «condivisione di pensieri ed esperienze straordinari» che ha vissuto dall’inizio alla fine. E ha lasciato il suo messaggio: «Niente può fermare i sogni».

Resta tuttavia ancora molto da fare per abbattere le barriere fisiche o mentali che rendono una società meno inclusiva. Aiuta il richiamo di Maria Rosaria Duraccio, direttore dell’Ufficio per la pastorale delle persone con disabilità della diocesi di Vallo della Lucania: «La società è fatta di persone e se le persone cambiano cambia pure la società». Dunque il richiamo: «Tutti, e per prime le persone con disabilità, siamo chiamati a cambiare il modo di concepire i limiti: dietro quei limiti ci sono le opportunità».

L’incontro ha preso ispirazione dalle parole di Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti: «Voglia il Cielo che alla fine non ci siano più “gli altri”, ma solo un “noi”» (35).

dalla nostra inviata a Napoli
FAUSTA SPERANZA

 

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2024-04/quo-092/tante-opportunita-dietro-quei-limiti.html

Monsignor Arellano recensisce “Fortezza Libano”

 Fortezza Libano  nella recensione dell’Osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, l’Ifad e il Wfp, monsignor Fernando Chica Arellano

sulla rivista Urbaniana University Press, settembre 2024 https://www.urbaniana.press/fascicolo/uuj-2024–2/10099

Il libro “Fortezza Libano. Tra tensioni interne e ingerenze straniere” della dott.ssa Fausta Speranza, giornalista inviata dei media vaticani, è dedicato interamente al Paese che, oltre ad essere snodo di incontri, commerci e scambi culturali tra civiltà diverse, nell’antica lingua siriaca, era «il cuore di Dio» (p.9). I molteplici viaggi che questa audace giornalista vi ha compiuto sono stati tradotti in queste pagine. Il lettore ha modo di conoscere questo Paese che un tempo era il più ricco del Vicino Oriente mentre oggi è attraversato da conflittualità interne, ingerenze straniere e ripetute crisi politiche.

Edita da Infinito Edizioni e suddivisa in quattro capitoli, la pubblicazione è impreziosita dalla prefazione di Massimo Campanini, storico del Vicino Oriente arabo e della filosofia islamica, il quale ha ricordato che «l’anomalia libanese consiste nel fatto che era un’espressione geografica trasformata surrettiziamente in Stato dal colonialismo francese» (p.10), e dall’introduzione di Pasquale Ferrara, Direttore Generale per gli Affari politici e di sicurezza del Ministero degli esteri italiano, che ha definito quella del Libano la storia di un Paese coraggioso e tenace con un popolo che ha come maggiore virtù la resilienza.

Un modello di società prezioso

Fino agli anni Settanta, il biblico Paese dei cedri era uno Stato ricco, moderno, laico e modello di società plurireligiosa. All’interno dei suoi confini convivevano in maniera pacifica sunniti, sciiti e cristiani, oltre a diverse minoranze. Tuttavia, lo scenario è mutato quando, nel corso degli anni Settanta, il Libano è stato risucchiato nell’orbita dei conflitti tra Israele, i movimenti di liberazione palestinese e la Siria.

Con riferimento ai vari gruppi etnici e religiosi si sono cominciate a formare milizie appoggiate dai vari attori regionali e il Paese è entrato così in un lungo periodo di guerra civile durata dal 1975 al 1990. Spesso il Libano è stato considerato come un vaso di coccio tra vasi di ferro. In realtà, la giornalista ne ha parlato utilizzando il termine «fortezza» con cui ha voluto specificatamente fare riferimento alla capacità del Paese di resistere di fronte alle innumerevoli guerre, distruzioni e pressioni subite.

L’attenzione dei Papi

Dal libro, inoltre, emergono il forte legame che ha sempre unito il Paese dei Cedri e la Santa Sede e l’attenzione che i Pontefici contemporanei hanno rivolto a questa terra martoriata. Il primo Vescovo di Roma a recarsi in Libano fu Paolo VI nel 1964 il quale, durante la sua sosta a Beirut, aveva sottolineato che «il Libano prende il suo posto con onore nel consesso delle nazioni. Ci sembra opportuno ricordare con lodi le sue tradizioni religiose, antiche e venerabili. Non possiamo dimenticare, in particolare, tutto ciò che rappresenta per la Chiesa la fede delle popolazioni cristiane libanesi. E’  espressa nella diversità armoniosa dei riti, nell’abbondanza e nella varietà delle comunità religiose e monastiche, e in molteplici attività di natura apostolica, educative, culturali o caritatevoli» (p.116-117).

Nel 1997, Giovanni Paolo II visitò il Libano in occasione della pubblicazione dell’Esortazione post-sinodale, Una speranza nuova per il Libano, del Sinodo speciale svoltosi nel 1995. In quel contesto, il Papa oggi Santo insistette «sulla necessità per i cristiani del Libano di mantenere e di rinsaldare i loro legami di solidarietà con il mondo arabo. […] Vivendo in una medesima regione, avendo conosciuto nella loro storia momenti di gloria e momenti di difficoltà, cristiani e musulmani del Medio Oriente sono chiamati a costruire insieme un avvenire. Un avvenire di convivialità e di collaborazione, in vista dello sviluppo umano e morale dei loro popoli» (p.118).

Nel 2010, fu Papa Benedetto XVI a presiedere un nuovo Sinodo dedicato al Medio Oriente e, nel 2012, a compiere un pellegrinaggio in Libano per consegnare l’Esortazione post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente in cui il Pontefice faceva un appello accorato a tutta la regione affinché vivesse in pace, non dimenticasse le proprie radici e guardasse al futuro con speranza.

Il riferimento è al Documento sulla fratellanza umana

Nonostante non ci sia ancora stato un viaggio ufficiale di Papa Francesco in Libano, in diverse occasioni, il Santo Padre ha ringraziato il Paese dal «cuore accogliente». Ha dato  ospitalità ai rifugiati. Inoltre il Papa ha ringraziato la comunità libanese «per mantenere l’equilibrio creativo – forte come i cedri – fra cristiani e musulmani, sunniti e sciiti; un equilibrio da patrioti, da fratelli» (p.119).

Il pontificato di Papa Francesco è stato caratterizzato fin dall’inizio da un’autentica apertura all’altro. In questa prospettiva, si è collocato il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune firmato nel 2019 ad Abu Dhabi dal Santo Padre e dal grande imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyib. Il Documento rappresenta una pietra miliare per la promozione del dialogo tra credenti. Assieme al concetto di fraternità, si diffonde quello di cittadinanza, fondamentale per costruire una convivenza pacifica. Alla luce del suddetto Documento, la dott.ssa Speranza ha definito il Paese «come un laboratorio privilegiato nel processo verso l’acquisizione piena del concetto di cittadinanza nel mondo mediorientale» (p.140).

Nel libro emerge lo spessore culturale del Paese dei cedri 

Nel volume Fortezza Libano, con grande abilità e accuratezza, l’autrice ha passato in rassegna la storia di questa striscia di terra, stretta tra Israele e Siria. ha raccontato il Paese anche nel suo spessore culturale e facendo riferimento a scrittori, poeti, intellettuali e artisti che testimoniano la profondità e la ricchezza della cultura libanese.

In definitiva, questo affascinante libro offre al lettore la possibilità di immergersi alla scoperta di questo Paese che profuma di gelsomini. Si attraversa un ricco quadro di riferimenti storici con la speranza che, come ha ricordato lo scrittore libanese Amin Maalouf, si possa realizzare il sogno di «un mondo in cui l’agnello e il lupo si abbeverano allo stesso ruscello» (p.174).

Fernando Chica Arellano

https://www.urbaniana.press/fascicolo/uuj-2024–2/10099