L’impetuoso sviluppo di parti del continente africano cambia i rapporti con l’Europa. Non più dipendenza ma rispetto reciproco.

di Fausta Speranza

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Il porto di Città del Capo, in Sudafrica (Reuters).

L’Africa sempre più protagonista degli scambi commerciali e sempre meno legata all’Europa. A ben guardare è quanto emerge, al di là delle dichiarazioni ufficiali, dal IV vertice tra l’Ue e l’Africa, concluso oggi a Bruxelles. 80 tra capi di Stato e di Governo si sono confrontati in un’atmosfera nuova: dal primo vertice nel 2000, i due continenti sono profondamente cambiati.

L’Ue resta il primo partner commerciale dell’Africa, con investimenti diretti di 221 miliardi, e resta il primo donatore, con il 45% degli aiuti assicurati. Ma negli ultimi 5 anni in Europa è raddoppiato il debito degli Stati nazionali ed è raddoppiata la dipendenza energetica da Paesi terzi, mentre l’Africa viaggia con una media di crescita del PIL del 7% e moltiplica in maniera esponenziale la produzione di petrolio e di gas. Si capisce subito che questo vertice ha segnato un orizzonte nuovo. E si capisce anche meglio considerando che gli scambi commerciali del continente nero con la Cina sono cresciuti negli ultimi tempi ad un ritmo del 40%.

Muovendosi tra i capi delegazione dei Paesi africani, si registra una consapevolezza davvero nuova: non solo i rappresentanti di Paesi più in vista come Sudafrica, Nigeria, Uganda, Kenya, ma anche di Paesi come il Camerun e l’Etiopia parlano di sudditanza spezzata nei confronti del Vecchio Continente, di equilibri di forza da ristabilire. Si capisce dunque che dietro il titolo del vertice, “Investire in capitale umano, sviluppo e pace” e dietro gli impegni ad affrontare insieme l’emergenza sicurezza, i cambiamenti climatici e le consuete sfide dello sviluppo, c’è altro. Ad un’Europa in crisi, che si impegna in programmi educativi in Africa come l’Erasmus plus per Paesi terzi annunciato nella conferenza stampa conclusiva, si è presentata un’Africa forte del recente legame con altri colossi, a partire dalla Cina, ma non solo, anche India, Brasile, America Latina.

Nell’orizzonte dei nuovi scenari che si vanno profilando, va detto che l’Africa ha ancora una carta più che significativa da giocare: i 54 Paesi si presentano al momento come singoli mercati promettenti ma più o meno limitati. Bisogna immaginare cosa potrebbe rappresentare  la nascita di un vero free trade, cioè mercato comune. Al momento si procede lentamente verso mercati macroregionali ma Gunter Nooke, che è stato tra i delegati della Germania in tempi di G8 e che è consulente governativo a Berlino per le questioni africane, assicura che il free trade è nelle prospettive concrete. Ad un’Europa che faticosamente tenta di far vivere il proprio Mercato Unico Europeo, può far bene riflettere sulle prospettive dell’Africa. Si allargano dunque i terreni su cui valutare cambiamenti di equilibri tra Europa e Africa. Gunter Nooke avverte: “Il continente africano è cambiato molto ma molto di più di quanto i media continuino a raccontare e rappresentare”.

Tra le priorità per gli europei, c’è la questione delle migrazioni strettamente legata da sempre alla questione sviluppo ma soprattutto di recente più connessa alla questione sicurezza nei Paesi africani. Dopo la destabilizzazione in Egitto e in Libia e l’espandersi del fondamentalismo islamico in Mali, Sud Sudan, oltre che in Somalia, il discorso è tutto aperto. In sostanza l’Ue ancora non ha una politica nuova in tema di migrazioni dopo i rivolgimenti partiti con le cosiddette primavere arabe in Nord Africa ma continua a mandare uomini in Centrafrica. E, nonostante che il presidente della Commissione Europea, Barrroso, abbia annunciato al vertice 28 miliardi di euro di aiuti per i prossimi sette anni, c’è chi parla di vecchio continente che ha dimenticato il continente nero. Al di là delle foto ufficiali dei leader, Al Ashir, della delegazione dell’Etiopia, ci dice: “L’Europa ha abbandonato l’Africa”.

Il problema sicurezza

Di fronte alle drammatiche violenze in Centrafrica, che peraltro fanno eco in modo solo di poco più esasperato a quelle in Sud Sudan, i leader europei si sono presentati all’apertura del vertice Eu-Africa con un annuncio concreto: la missione europea di 800 soldati per Bangui, capitale del Centrafrica, al costo previsto di 26 milioni di euro. L’Europa dunque ancora una volta protagonista in tema di emergenze umanitarie dopo l’intervento in Mali dello scorso anno.

In realtà in particolare protagonista è la Francia, ma bisogna dire che nel caso della missione in Centrafrica si è vista la cancelliera tedesca Merkel esposta tanto quanto il presidente francese Hollande. Ma intervistando gli africani, emergono orizzonti meno noti. Restando al Centrafrica, qui al vertice, Ban Ki Moon, segretario generale dell’Onu che compare come invitato di eccezione, ha raccomandato che altri 1.000 uomini possano aggiungersi ai soldati europei. E qualcuno della delegazione del Mali ci ha assicurato che si parla di cinesi, ricordandoci – ma sarebbe meglio dire informandoci – che nel 2013 in Mali, al di là dell’intervento di Parigi, sono arrivati 500 caschi blu cinesi. Nel continente nero sembra siano poco più di 2000 i cinesi impegnati in operazioni di peacekeeping ma il punto è che sembrano intenzionati ad aumentare.

Non c’è solo il Sudafrica a distinguersi ormai per gli indici di crescita nel continente nero. Sudafrica che da tempo è stato affiancato ai Paesi in via di grande sviluppo: i cosiddetti Bric, Brasile, Russia, India, Cina. Se il Sudafrica si è presentato a Bruxelles con una crescita nell’ultimo anno del 13% del valore dei propri scambi commerciali e in questi scambi commerciali restano in primo piano Francia e Gran Bretagna, ci sono cifre generali che non si possono trascurare. Dal 2000, anno di nascita del FOCAC, il Forum di cooperazione Sino-Africana, gli scambi tra Africa e Cina sono cresciuti in alcuni periodi in pochi mesi anche del 10%. Un solo esempio, oggi un Paese come lo Zambia esporta in Cina più della metà del rame estratto. Se il primato delle esportazioni dall’Africa finora è stato verso la Francia e il primato delle importazioni è stato verso la Germania, in futuro appare tutto da ridefinire. Guardando alla Nigeria si trova un dato curioso: le esportazioni in India di diversi prodotti già  superano di un terzo le esportazioni in Francia. E delegati nigeriani ci assicurano che stanno crescendo, oltre alle esportazioni, anche le importazioni dall’India.

A proposito di potenzialità dei mercati africani, non ci sono solo i due milioni e mezzo di barili di petrolio che la Nigeria da sola estrae ogni giorno o il petrolio che per esempio sta emergendo in Paesi come il Ghana, finora considerato in tema di materie prime solo per l’oro. C’è anche il settore ICT, delle Information Communication Technologies, che cresce a ritmi vertiginosi con decine di milioni di nuovi abbonati alla telefonia mobile ogni mese. Solo in Kenya il settore ICT contribuisce ad una crescita annua del 6%. La giornalista camerunense Marie-Roger Biloa, dell’Africa International Media Group, ci dice senza mezzi termini: “Innanzitutto, l’Europa non si presenti più a dettare le condizioni di tutto. E non si presenti più arrogante.”

testo proveniente dalla pagina di Famiglia Cristiana del 4 aprile 2014

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