Vertice sul nucleare – AFP
“In molti Paesi, il possesso di materiale nucleare per la vendita non è un crimine”: è quanto afferma il sottosegretario Usa al controllo delle armi, Rose Gottemoeller, mentre si svolge a Washington il Summit sulla sicurezza nucleare. Sono circa 50 i leader mondiali che vi prendono parte oltre ad alcune organizzazioni internazionali e l’Unione europea. Assente la Russia, uno dei nove Stati in possesso di bombe atomiche. Dell’assenza di Mosca e delle sfide più attuali e urgenti, Fausta Speranza ha parlato con Raffaele Marchetti, docente di relazioni internazionali all’Università Luiss:
R. – Certamente questa è un’assenza molto pesante dovuta ai dissidi, alle tensioni ancora molto forti fra gli Stati Uniti, l’Occidente e la Russia ed è un’assenza che in qualche modo pregiudica l’intero Summit: la Russia è un attore di primissimo piano all’interno della dimensione nucleare, degli armamenti nucleari e quindi la sua assenza non permette di raggiungere nessun tipo di risoluzione significativa. Da questo punto di vista, è una sconfitta per Obama.
D. – Tanti i temi da trattare. Dalle inchieste dopo i fatti di Parigi e di Bruxelles emerge che i terroristi spiavano le centrali nucleari. Dunque ci sono anche elementi di stretta attualità …
R. – Certo, l’attualità riguarda due temi. Da un lato, la questione nordcoreana che naturalmente è di grande preoccupazione, soprattutto per gli attori dell’area asiatica orientale, e, dall’altro, la questione del terrorismo. Ci sono indiscrezioni che confermano che alcune cellule stessero studiando le centrali nucleari in Belgio e questo naturalmente è fonte di grande preoccupazione. Le centrali nucleari hanno dei sistemi di protezione, però è anche vero che un attacco di tipo terroristico forse non era stato preventivato del tutto e quindi è necessario pensare ad un rafforzamento dei sistemi di sicurezza di tutti gli impianti nucleari. È chiaro che un attacco ad una centrale nucleare avrebbe conseguenze catastrofiche.
D. – Sicuramente questo incontro voluto da Obama a partire dal 2009 è per il terrorismo, ma ci si vuole occupare anche delle armi atomiche sviluppate dagli Stati. Su questo ci sono progressi?
R. – Certamente il progresso maggiore, il successo di Obama è l’accordo con l’Iran dell’autunno scorso. Quello è l’accordo più significativo che però ancora, ad esempio, non prevede la partecipazione dell’Iran a questo summit. Il Paese continua ad essere escluso. Quello è un successo. Invece i fallimenti, naturalmente, hanno a che vedere con la questione della Corea del Nord e con il raffreddamento generale del rapporto con la Russia.
D. – Archiviata la preoccupazione sul riarmo non convenzionale di Teheran, è la Corea del Nord a rappresentare la minaccia nucleare maggiore…
R. – Certo, è sicuramente il problema più importante, più significativo anche se non possiamo escludere, da una parte, che questo sdoganamento della questione iraniana spinga i suoi competitors locali – in primis l’Arabia Saudita – ad aumentare gli armamenti – cosa che già sta succedendo – e possibilmente anche pensare all’ipotesi nucleari. Dall’altra parte, sono preoccupanti anche le dichiarazioni di Trump candidato possibile, probabile, per i repubblicani alle presidenziali americane, il quale in un’intervista ha sostenuto che sia bene che la Corea del Sud e il Giappone si dotino di armi nucleari per bilanciare sia la Corea del Nord che la Cina. Naturalmente in questo scenario le affermazioni di Trump vanno sempre prese con molta cautela, ma se lui dovesse diventare presidente degli Stati Uniti, se questo fosse il nuovo indirizzo di politica estera americana riguardo gli armamenti in Asia orientale, certamente sarebbe un cambio radicale. Gli Stati Uniti non hanno mai sostenuto il riarmo nucleare della Corea del Sud e del Giappone e certamente aumenterebbe di molto la tensione nell’area.
da Radio Vaticana del 1° aprile 2016