Arabia Saudita: blogger condannato a 10 anni e 1000 frustate

Sit-in, oggi, di fronte all’Ambasciata dell’Arabia Saudita a Roma per chiedere l’annullamento della condanna a 10 anni di carcere e a 1000 frustate inflitta a Raif Badawi, il blogger dissidente giudicato colpevole di aver offeso l’Islam sul suo forum online “Liberali dell’Arabia saudita”. A organizzare l’appuntamento è  stata Amnesty International Italia, con il supporto della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi) e l’associazione per la libertà di stampa Articolo 21. È previsto che le 1000 frustate siano eseguite con scadenza settimanale, 50 per volta. Le autorità saudite hanno reso noto che la seconda serie, dopo quella di venerdì scorso, avverrà domani16 gennaio, in una pubblica piazza di Gedda. Fausta Speranza ha intervistato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia:

R. – Il governo di Riad da un lato difende la libertà di espressione dei giornalisti di Charlie Hebdo massacrati a Parigi ma, dall’altro, condanna a mille frustrate un blogger dissidente che non ha fatto altro che esercitare il suo diritto alla libertà di espressione. Lo fa con una gogna, abbiamo visto la prima serie di frustrate inflitte venerdì scorso e la seconda rischia di essere inflitta tra poche ore.

D. – Qual è la colpa di questo giovane, che cosa ha detto in sostanza?

R. – Ha fatto qualcosa che è assolutamente legittimo: ha organizzato online un sito, un forum, per una discussione su vari aspetti, compresa ovviamente la religione. Ha criticato lo zelo con cui la polizia religiosa persegue comportamenti non conformi, non consentiti; ha detto che le religioni sono uguali e che è possibile, anche in un Paese governato dalla legge islamica, professare altre fedi. Non ha fatto nient’altro che esercitare un diritto fondamentale, esprimendo le sue idee online, creando un dibattito nel Paese. Questo ha dato fastidio alle autorità.

D. – Che cosa sappiamo dell’eco tra la gente in Arabia Saudita?

R. – Molto poco! L’unica eco che abbiamo constato, dalle testimonianze oculari, sono le grida “Dio è grande” quando è terminata l’esecuzione delle 50 frustrate. Ricordo che avvengono in piazza, in luogo pubblico, alla fine della preghiera del venerdì, di fronte alla moschea della città di Gedda. E’ come se con quel castigo, quella gogna, le persone intorno abbiano creduto che quell’uomo fosse stato, in qualche modo, purificato.

D. – Sullo sfondo c’è una situazione più ampia di difficoltà in tema di diritti umani in Arabia Saudita…

R. – Non c’è dubbio. Pensiamo che l’avvocato di Raif Badawi si è visto inasprire la condanna da 10 a 15 anni in appello all’inizio di questa settimana, pensiamo che ci sono leggi antiterrorismo assolutamente vaghe e formulate in modo da impedire anche l’espressione del dissenso pacifico e poi pensiamo che ci sono avvocati, attivisti per i diritti umani e organi di monitoraggio indipendente, che sono falcidiati da arresti e condanne su base mensile…

D. – Che cosa dire del possibile intervento della Comunità internazionale?

R. – Ci sono state delle proteste abbastanza blande, devo dire. I governi che hanno rapporti politici, economici e anche militari con l’Arabia Saudita, gli Stati Uniti in particolare, hanno espresso una condanna, però evidentemente non è bastata. Bisogna fare molto di più! Il rischio è duplice: da un lato, che la pressione dei governi non fermi questa ignobile pratica delle frustrate, dall’altra che magari ci riesca ma che ci si fermi lì e che il caso di Raif Badawi finisca nell’oblio. Speriamo che al più presto siano terminate le frustrate, ma comunque scatterà la condanna a dieci anni di carcere.

D. – Ma non ci sarebbero sedi internazionali in cui discutere casi come questi, o comunque le problematiche che ci sono dietro?

R. – Sarebbe certamente possibile se i diritti umani fossero un argomento di costante attenzione e non un tema da usare quando fa comodo, e quindi da usare contro il nemico di turno o da dimenticare invece quando si tratta degli amici di turno. Purtroppo così non è! Il paradosso è che al centro di questa situazione c’è un Paese che con l’Occidente ha rapporti molto importanti.
dal Radiogiornale della Radio Vaticana del 15 gennaio 2015

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