In Italia, nei giorni scorsi è stato presentato al Senato il Ddl bipartisan che istituisce una commissione bicamerale d’inchiesta per indagare e intervenire sul fenomeno del femminicidio. Si tratta di un’ennesima iniziativa dopo l’importante ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa contro qualsiasi forma di violenza alle donne. L’Italia è stata il quinto Paese a ratificarla, dopo Albania, Turchia, Montenegro, Portogallo, e dunque il primo tra i grandi Paesi europei. La Convenzione rappresenta il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne. Fausta Speranza ne ha parlato con il vice segretario generale del Consiglio d’Europa, Gabriella Battaini Dragoni:
R. – Questa convenzione sviluppa un approccio globale nella lotta contro la violenza nei confronti delle donne e contro la violenza domestica. È quindi una convenzione che prevede sia misure preventive – che sono fondamentali – che di protezione della donna – pure indispensabili – e poi, soprattutto, sottolineerei le misure di repressione nei confronti di coloro che hanno svolto azioni violente. Proprio questo approccio globale fa si che questa convenzione sia considerata alle Nazioni Unite come la Convenzione gold standard, nel senso che è la convenzione che, a livello mondiale, tratta nel modo più completo possibile il problema della lotta contro la violenza nei confronti delle donne.
D. – Nella recente escalation drammatica con episodi veramente raccapriccianti – come ad esempio il giovane che riesce a dar fuoco alla ex fidanzata ancora viva – ci sono stati degli elementi veramente drammatici. Ce ne sono poi altri che ci interrogano con altrettanta forza, come ad esempio, la ragazza che ritira la denuncia al fidanzato che l’ha picchiata fino a spappolarle la milza, continuando a ribadire che vuole ritornare da lui….
R. – Penso che il ruolo della famiglia come quello della scuola siano importanti …
D. – È anche una questione culturale: conservare il valore della dignità di sé stessi …
R. – Certo. È un fatto culturale. Il fatto che la ragazza, innanzi tutto, non si rende conto di come abbia il diritto di essere protetta e di proteggersi è grave… Si tratta di valori … Ecco perché menzionavo la famiglia, la scuola; si reagisce in base ai valori che si sono potuti condividere nella crescita. Se la ragazza ha capito alcune cose fondamentali – pur avendo questo innamoramento – può prendere le distanze necessarie. Inoltre, la convenzione sottolinea con fermezza la necessità di punire e di non arrivare a misure di accomodamento o di accordo. È assolutamente necessario che ci sia giustizia, e giustizia non è accomodamento. Ad esempio, noi ci siamo opposti – come Consiglio d’Europa – a un progetto di legge che si stava elaborando nella primavera scorsa in un Paese come la Romania, in cui si prevedevano forme di compensazione, di accordo, tra la vittima e colui che aveva picchiato o violentato la donna in questione. Ci siamo opposti proprio perché non si può prima abusare di una persona e poi pensare con un accordo finanziario – solo perché si hanno dei soldi e ci si può permettere di pagare – di non scontare nessuna pena.
D. – Però, anche attraverso i media passano dei modelli di donna-oggetto che hanno svilito l’immagine femminile. Paradossalmente siamo passati dal femminismo a modelli di questo tipo …
R. – Assolutamente! Infatti, una delle preoccupazioni fondamentali che abbiamo ora – e che sarà anche l’oggetto di discussione di una prossima riunione a livello dei 47 Paesi membri del Consiglio d’Europa – riguarda il ruolo dell’immagine femminile nei media. A questa conferenza – a cui parteciperanno diversi ministri delle pari opportunità dell’insieme dei 47 Paesi del Consiglio d’Europa – è stata invitata Laura Boldrini, presidente della Camera italiana, ad essere una delle conferenziere di apertura. Un appuntamento per noi importante è il 4 e 5 luglio ad Amsterdam, sotto invito del Ministro delle pari opportunità olandese, per discutere, per fare un po’ un’analisi della situazione attuale sull’influenza che i media hanno nell’immagine della donna e quanto questo può essere effettivamente dannoso: la donna spesso associata alla pubblicità, la donna-oggetto, che quindi può essere trattata come tale, e di conseguenza può essere valorizzata, messa da parte o addirittura buttata via. Per cui poi si può arrivare a buttare via e a spezzare la vita di una donna.
Radio Vaticana del 3 luglio 2013