LA strage di due giorni fa, nel Paese dove a fine dicembre si è votato per il primo turno delle presidenziali, è stata pianificata militarmente ma non ancora rivendicata. Indubbia la matrice del terrorismo che, con diverse sigle, imperversa nell’area tra il Mali, il Niger e il Burkina Faso

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Fra il Sahara e il Sahel, in un mondo senza confini. Almeno per i jihadisti che imperversano e che questa volta hanno colpito due villaggi in Niger nella regione sud-occidentale di Tillabéri, un imbuto di deserto tra il Mali e il Burkina Faso. Si tratta del remoto villaggio di Tchombangou e di quello di Zaroumdareye. In pieno giorno hanno visto arrivare la violenza su un centinaio di moto: uomini armati – provenienti dal Mali – hanno ucciso decine e decine di persone rincorrendole nelle loro case. E pensare che proprio per motivi di sicurezza le moto in quella regione sono vietate. Hanno seminato quel terrore che da anni accompagna i traffici di esseri umani, di armi, di droga tra il Mali, il Niger e il Burkina Faso. Nel 2019 hanno contato circa 4.000 morti proprio per atti di terrorismo, secondo una stima dell’Onu. La violenza è diffusa quanto l’instabilità politica e le povere condizioni di vita: i feriti sono stati portati in due ospedali: a Ouallam e nella capitale Niamey, entrambi a 120 chilometri di distanza.

Per capire le dinamiche che vanno oltre il singolo episodio di sangue e che attraversano tutta l’area, abbiamo intervistato Luca Mainoldi, responsabile per l’Africa dell’agenzia Fides:

Mainoldi innanzitutto sottolinea che per i terroristi il periodo elettorale è un fattore di amplificazione dei loro gesti, ma poi ricorda che si tratta di un’area dove si sommano vecchi  e nuovi interessi.  Il giornalista ricorda le connessioni a livello territoriale tra Mali, Niger e Burkina Faso in particolare ma ricorda anche che non sono troppo lontante anche le rivolte in Camerun o le violenze nella Repubblica del Centrafrica. Protagonisti delle violenze che ricorrono putroppo in queste zone sono gruppi di miliziani locali che poi sono legati a diverso titolo a gruppi internazionali. A volte – spiega Mainoldi –  si tratta di una specie di marchio, di brand internazionali che alcuni gruppi assumono per fronteggiarsi con altri. Di fatto si tratta di un’ampia zona dove il terrorismo gestisce traffici con interessi locali, ma a questo si sovrappone il piano degli interessi geopolitici in cui entrano anche dinamiche di potenze esterne. Il giornalista suggerisce anche un passo indietro per capire come l’instabilità politica e la conflittualità vissuta nel Mali tempo fa abbia provocato conseguenze in altri Paesi, come se la violenza contenuta almeno in un certo modo con l’intervento francese sia “tracimata” nei territori circostanti. Ma Mainoldi invita a fare anche un ulteriore passo indietro per ricordare come la fine del regime di Gheddafi abbia, al di là delle tantissime altre considerazioni che si potrebbero fare, contribuito a destabilizzare l’area del Nord Africa e del Sahel. Gheddafi infatti a suo modo manteneva un certo equilibrio anche assicuradno all’uno o all’altro a seconda delle circostanze armi o aiuti. Si può discutere sul suo ruolo ma indubbiamente l’uscita di scena di Gheddafi ha provocato a cascata instabilità.

In piena fase elettorale

Proprio in questi giorni il Niger ha iniziato il conteggio dei voti dopo il primo turno delle presidenziali tenutosi domenica 27 dicembre, che potrebbe portare nel Paese la prima transizione pacifica del potere dalla sua indipendenza dalla Francia, nel 1960. Quasi 7,5 milioni di nigerini hanno votato per scegliere il successore del presidente Mahamadou Issoufou, che ha consegnato le dimissioni dopo due mandati quinquennali alla guida del Paese, di circa 23 milioni di abitanti. I risultati sono attesi entro cinque giorni e potrebbero essere necessarie due settimane per la loro ufficializzazione da parte della Corte costituzionale. Poi si svolgerà il secondo turno.

Ultimo aggiornamento ore 14.30 04.01.2020

https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2021-01/niger-sahara-sahel-terrorismo-mali-burkina-faso.html

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