Fausta Speranza – Città del Vaticano
“La vita non è una dimostrazione di abilità, ma un viaggio verso Colui che ci ama”: così Papa Francesco invita, all’Omelia della Messa dell’Epifania, a scoprire i significati dell’adorazione. E Papa Francesco a braccio aggiunge che non dobbiamo ad ogni tappa della vita esibire una tessera delle virtù. Come i Re Magi, possiamo comprendere che “Dio rifugge da ogni ostentazione” e incontrarlo “spesso nascosto in situazioni semplici, in persone umili e marginali”.
Il bisogno di adorare e i rischi
Per l’uomo è naturale il bisogno di adorare – spiega il Papa – ma rischia facilmente di fare errori. “Non è spontaneo in noi l’atteggiamento di adorare Dio”. L’essere umano ha bisogno, sì, di adorare, ma rischia di sbagliare obiettivo; infatti, se non adora Dio, adorerà degli idoli, e invece che credente diventerà idolatra”. E il Papa a braccio ricorda l’espressione di uno scrittore francese che avverte: “Chi non adora Dio, adora il diavolo”, e aggiunge: “questo è così, aut aut”. Dunque, il Papa invita a riflettere sul fatto che “adorare il Signore non è facile, non è un fatto immediato: esige una certa maturità spirituale, essendo il punto d’arrivo di un cammino interiore, a volte lungo”.
Alla scuola dei Magi
Con la convinzione che “nella nostra epoca è particolarmente necessario che, sia singolarmente che comunitariamente, dedichiamo più tempo all’adorazione, imparando sempre meglio a contemplare il Signore”, il Papa sintetizza con tre espressioni gli insegnamenti dei Re Magi. Lo fa dopo aver sottolineato che “si è perso un po’ il senso della preghiera di adorazione” e aggiungendo che “dobbiamo riprenderlo, sia comunitariamente sia nella propria vita spirituale” e dopo aver avvertito: “Adorarlo sul serio, non come ha detto Erode: ‘Ma fate … dove è il posto … e andrò io ad adorarlo’. No, questa adorazione non va. Sul serio!”. L’evangelista Matteo sottolinea che i Magi, quando giunsero a Betlemme, “videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono”. “Ci mettiamo alla scuola dei Magi – dice Francesco – per trarne alcuni insegnamenti utili: come loro, vogliamo prostrarci e adorare il Signore”. Il Papa guida la riflessione a partire dalle espressioni che si ricavano – spiega – dalla Liturgia della Parola della Solennità dell’Epifania. Queste espressioni sono “alzare gli occhi”, “mettersi in viaggio” e “vedere”.
Alzare gli occhi
Francesco afferma che per adorare il Signore bisogna anzitutto “alzare gli occhi” spiegando cosa comporti, “non lasciarsi cioè imprigionare dai fantasmi interiori che spengono la speranza, e non fare dei problemi e delle difficoltà il centro della propria esistenza”. Ciò non vuol dire negare la realtà, fingendo o illudendosi che tutto vada bene, sottolinea. Piuttosto, l’invito è a “guardare in modo nuovo i problemi e le angosce, sapendo che il Signore conosce le nostre situazioni difficili, ascolta attentamente le nostre invocazioni e non è indifferente alle lacrime che versiamo”. Quando questo avviene – insegna Francesco – il cuore si apre all’adorazione. Al contrario, quando fissiamo l’attenzione esclusivamente sui problemi, rifiutando di alzare gli occhi a Dio, la paura invade il cuore e lo disorienta, dando luogo alla rabbia, allo smarrimento, all’angoscia, alla depressione. In queste condizioni è difficile adorare il Signore. Se si verifica ciò, “bisogna avere il coraggio di rompere il cerchio delle nostre conclusioni scontate, sapendo che la realtà è più grande dei nostri pensieri”. In definitiva, considera il Papa, il Signore ci invita in primo luogo ad avere fiducia in Lui, perché Egli si prende realmente cura di tutti. Da qui, sottolinea, nasce “l’adorazione del discepolo che ha scoperto in Dio una gioia nuova, diversa, e che, piuttosto che sul possesso dei beni, sul successo o su altre cose simili, si fonda proprio sulla fedeltà di Dio, le cui promesse non vengono mai meno, a dispetto delle situazioni di crisi in cui possiamo venire a trovarci”.
La fiducia non deve venire meno quando abbiamo la consapevolezza di aver peccato. Il Papa infatti aggiunge: “Anche i peccati, anche la coscienza di essere peccatori, di trovare cose tanto brutte. ‘Ma io ho fatto questo…ho fatto..’: se tu lo prendi con fede e con pentimento, con contrizione, ti aiuterà a crescere. Tutto, tutto aiuta, dice Paolo – più o meno – , alla crescita spirituale, all’incontro con Gesù, anche i peccati, anche i peccati. E santo Tommaso aggiunge: ‘etiam mortali’, anche i brutti peccati, i peggiori. Ma se tu lo prendi con pentimento ti aiuterà in questo viaggio verso l’incontro con il Signore e adorarlo meglio.”
Mettersi in viaggio
Prima di poter adorare il Bambino nato a Betlemme, i Magi dovettero affrontare un lungo viaggio. Papa Francesco invita a riflettere sulla trasformazione, il cambiamento che implica un viaggio. “C’è sempre qualcosa di nuovo in chi ha compiuto un cammino: le sue conoscenze si sono ampliate, ha visto persone e cose nuove, ha sperimentato il rafforzarsi della volontà nel far fronte alle difficoltà e ai rischi del tragitto”. Dunque, l’invito a mettersi in discussione: “Non si giunge ad adorare il Signore senza passare prima attraverso la maturazione interiore che ci dà il metterci in viaggio”. Il punto è “lasciarsi modellare dalla grazia” e Francesco cita San Paolo: “L’uomo esteriore invecchia – dice nella seconda Lettara ai Corinzi –, mentre l’uomo interiore si rinnova di giorno in giorno”. I fallimenti, le crisi, gli errori – osserva Francesco – possono diventare esperienze istruttive, ma l’importante è che ci rendano consapevoli che “solo il Signore è degno di essere adorato, perché soltanto Lui appaga il desiderio di vita e di eternità presente nell’intimo di ogni persona”. Inoltre, col passare del tempo, le prove e le fatiche della vita – vissute nella fede – contribuiscono a purificare il cuore, a renderlo più umile e quindi più disponibile ad aprirsi a Dio. Di qui, l’invito e la preghiera di Francesco: “Non permettiamo che le stanchezze, le cadute e i fallimenti ci gettino nello scoraggiamento”. Guardando al Signore, ribadisce, troveremo la forza per proseguire con gioia rinnovata, ricordando però che “la vita non è una dimostrazione di abilità, ma un viaggio verso Colui che ci ama”.
Vedere
L’adorazione – ricorda Francesco – era l’atto di omaggio riservato ai sovrani, ai grandi dignitari e i Magi, in effetti, adorarono Colui che sapevano essere il re dei Giudei, ma di fatto, videro un povero bambino con sua madre. Quello che fa straordinario il loro gesto di adorazione è che “questi sapienti, venuti da paesi lontani, seppero trascendere quella scena così umile e quasi dimessa, riconoscendo in quel Bambino la presenza di un sovrano. Furono cioè in grado di ‘vedere’ al di là dell’apparenza”. E Papa Francesco chiarisce a tutti che “per adorare il Signore bisogna ‘vedere’ oltre il velo del visibile, che spesso si rivela ingannevole”.
Il realismo teologale
Francesco ricorda che Erode e i notabili di Gerusalemme rappresentano la mondanità, “perennemente schiava dell’apparenza e in cerca di attrattive”: essa dà valore soltanto alle cose sensazionali, alle cose che attirano l’attenzione dei più. E poi descrive l’atteggiamento diverso dei Re Magi usando l’espressione di “realismo teologale”. Lo spiega così: “Esso percepisce con oggettività la realtà delle cose, giungendo finalmente alla comprensione che Dio rifugge da ogni ostentazione. Questo modo di ‘vedere’ che trascende il visibile, fa sì che noi adoriamo il Signore spesso nascosto in situazioni semplici, in persone umili e marginali. Si tratta dunque di uno sguardo che, non lasciandosi abbagliare dai fuochi artificiali dell’esibizionismo, cerca in ogni occasione ciò che non passa.”
L’obiettivo per ognuno
Il Papa dunque, dopo l’invito a riscoprire ancora una volta il valore e i significati dell’adorazione, esprime la sua preghiera nel giorno dell’Epifania: “Che il Signore Gesù ci renda suoi veri adoratori, in grado di manifestare con la vita il suo disegno di amore, che abbraccia l’intera umanità”. E conclude a braccio: “Chiediamo la grazia per ognuno di noi e per la Chiesa intera, di imparare ad adorare, di continuare ad adorare, di esercitare tanto questa preghiera di adorazione perché solo Dio va adorato”.