Resta viva la lezione di fede e di amore di padre Giorgio Abram

E’ intenso, in quanti lo hanno conosciuto il ricordo di padre Giorgio Abram, medico missionario in Ghana per 45 anni, vittima del Covid-19. La sua competenza e la sua straordinaria umanità emergono in un’intervista realizzata nel 2014 che riproponiamo

Fausta Speranza – Città del Vaticano

A un mese dalla morte in Ghana, padre Giorgio Abram, simbolo della lotta alla lebbra e del dialogo interreligioso vissuto nei fatti, viene ricordato in questi giorni con momenti di preghiera nel Paese africano dove ha vissuto per oltre 45 anni e in Italia, in particolare a Trento, nella comunità della parrocchia di Cristo Re, alla quale era molto legato per motivi familiari. Frate francescano conventuale, missionario, ma anche medico, è stato portato via dal Covid-19 il 6 marzo scorso all’età di 77 anni. Due mesi fa era venuto in Italia per salutare il fratello, padre Giuliano, anche lui conventuale e anche lui vittima della pandemia. Tornato in Ghana, ha contratto il coronavirus ed è stato assistito in un ospedale militare italiano, ma non ha superato l’ennesima crisi.

Grande competenza sul piano sanitario e straordinaria disponibilità umana

Laureato in medicina, ha dedicato tutta la sua vita alla lotta contro la lebbra e ad altre patologie della pelle, in particolare alla malattia definita “ulcera del Buruli”, che colpisce soprattutto i bambini. Nel 1977 ha fondato la Ialo, organizzazione internazionale per il coordinamento del lavoro di lotta contro la lebbra, impegnata prima in Ghana, poi nei Paesi limitrofi e anche in Vietnam. La competenza del missionario è stata riconosciuta a livello internazionale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Nel 2014, abbiamo incontrato il religioso a Tagoradi, il centro da lui avviato nella provincia occidentale del Ghana per la cura della lebbra e non solo. Riproponiamo l’intervista  realizzata allora con padre Giorgio Abram, nell’ambito del reportage televisivo intitolato “Il Ghana tra vecchie e nuove schiavitù” andato in onda su Tv 2000, ricordando la sua affabilità discreta, il suo entusiasmo di fede,  tutto l’amore che la popolazione del luogo esprimeva nei suoi confronti:

Padre Abram ci ha parlato del suo impegno in tema di lebbra, un morbo che grazie proprio anche allo studio e al suo impegno non fa più paura nello Stato africano. Padre Abram ci ha spiegato nell’intervista che,  quando Ialo veniva istituita nel 1977, si registravano 50 mila casi all’anno e che la mortalità era molto alta, per poi sottolineare che si è passati ai poco più di ottocento casi censiti negli ultimi anni e peraltro guariti. Ha raccontato qualcosa del suo impegno a scoprire terapie efficaci, a ristrutturare centri di riabilitazione, ad avviare corsi per medici e infermieri per la cura del morbo e a fondare due ospedali. Le sue sono parole di profondo amore per il prossimo, sono la testimonianza di un impegno missionario vissuto curando persone di altre fedi o convinzioni religiose di cui ha raccontato curiosità e fragilità. E poi c’è la gioia espressa per l’arrivo di Papa Francesco, per la scelta preferenziale nei confronti delle periferie del mondo, al centro della scelta di vita esemplare del missionario padre Giorgio, che lascia frutti importanti in Ghana e nella Chiesa.

In un libro alcuni racconti

Nel 2015 padre Abram ha dato alle stampe il libro “Quattro gatti senza storia” con sottotitolo “Riflessioni semiserie di un missionario” (Edizioni Messaggero, Padova): 54 racconti brevi dai quali emergeva tutta la sua carica di umanità, con tratti di acuta ironia, e la profonda fede che hanno contraddistinto una vita donata senza mezze misure ai più poveri.

da Vatican NEWS del 12 aprile 2021

 

 

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