La politica prima dei sistemi antimissile di Fausta Speranza Questione ucraina, sicurezza in Afghanistan ma anche strategie per l’est europeo. Sono questi i temi al centro della riunione del Consiglio Nato-Russia che si apre mercoledì 13 a Bruxelles, a pochi giorni dal vertice con cui l’Alleanza atlantica ha ridisegnato il suo impegno nell’Europa orientale e, soprattutto, a 25 anni dalle prime relazioni formali tra Nato e Russia. Un anniversario che cade proprio mentre si registra una certa tensione, ma nello stesso tempo si spera che le opzioni politiche siano in grado di ridare fiducia. Il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, alla vigilia del summit, ha spiegato che si deve discutere della «necessità di attuare pienamente gli accordi di Minsk» sulla crisi nell’est Ucraina e si deve «parlare della situazione della sicurezza in Afghanistan». Gli accordi firmati nella capitale bielorussa, a settembre 2014, hanno determinato il cessate il fuoco, anche se a intervalli regolari si sono registrati disordini e vittime. Non è risolta neanche la situazione in Afghanistan. Stoltenberg commenta la scelta della Nato di proseguire la sua missione sul campo fino a tutto il 2017, ammettendo che nel Paese esiste «una presenza dello Stato islamico insieme con quella dei talebani». Dall’altra parte, il rappresentante della Russia presso la Nato, Alexander Grushko, ha sottolineato che l’incontro si concentrerà «sullo stato della sicurezza militare alla luce delle decisioni del vertice della Nato a Varsavia». Su tutto bisognerà capire quale sia lo spazio del dialogo. Se si guarda all’arco di questi 25 anni, dall’avvio nel 1991 delle relazioni formali tra l’Alleanza atlantica e la Russia, non è questa certo la fase più difficile. Da quel momento, si è vissuta un’escalation di cooperazione. Nel 1994, c’è stata la firma del Partenariato per la pace; nel 1997 l’approvazione dell’Atto istitutivo sulle relazioni reciproche, la cooperazione e la sicurezza; fino al 2002, alla Costituzione del Consiglio Nato-Russia, principale organo di coordinamento. E il Consiglio è proprio il format nel quale si svolge l’incontro di Bruxelles. Ma non è tutta storia di avvicinamenti. Nell’agosto 2008, al momento del secondo conflitto in Ossezia del sud, gli analisti hanno parlato di congiuntura più critica dalla fine della guerra fredda. Poi, c’è stata un’altra parabola di rilancio dei rapporti, che ha avuto per protagonista il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, alla Casa Bianca proprio da novembre 2008. Con l’intervento russo in Crimea, accompagnato dal referendum che nel 2014 ha annesso la penisola alla Russia, e il conflitto nell’est dell’Ucraina, è arrivato un nuovo raffreddamento dei rapporti. Ma è al momento dell’intervento russo in Siria, nei mesi scorsi, che i media sono tornati a parlare di clima da guerra fredda e di rischio di confronto militare. Ha prevalso la prudenza in tutte le parti coinvolte. Ma il punto è che nessuna delle linee di contrasto si sta attenuando. Ora ci sono due elementi in più rispetto al citato rafforzamento della Nato sul versante orientale dell’Ue e alla scelta di Mosca di potenziare il sistema militare e missilistico a Kaliningrad, enclave russa tra Polonia e Lituania. Si sente il bisogno di decisioni ad hoc sul piano politico in grado di spostare qualcosa rispetto a queste dinamiche. Ci sono nodi da affrontare, a diversi livelli. Nel dialogo tra Nato e Russia pesa l’unità, o meno, all’interno dei Paesi membri dell’Alleanza, tra chi è più critico nei confronti di Mosca e più fermo sulle sanzioni e chi spinge per una ritrovata dialettica. Lo spazio di azione di Mosca potrebbe dipendere più dalla coesione in campo occidentale che non dalle risorse della Russia stessa. Ci sono variabili ancora da verificare. Innanzitutto, il cambio di presidenza negli Stati Uniti, a novembre, e poi il processo di uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea e il suo riposizionamento all’interno della Nato. C’è anche la variabile dello sviluppo della crisi in Siria. In ogni caso, è rilevante questo Consiglio Nato-Russia per capire quale margine ci sia per un rilancio vero della parola politica. Perché non sia solo questione di scelte di battaglioni da schierare. Osservatore romano 13 Luglio 2016 |