Bruxelles celebra i 20 anni dalla caduta del Muro e difende il Crocifisso

11 Novembre 2009

Dopo la sentita cerimonia a Berlino, i leader dell’Unione Europea hanno voluto che la caduta del Muro, con tutti i suoi significati storici, venisse ricordata anche a Bruxelles. Oggi dunque la capitale delle istituzioni comunitarie ospita un’iniziativa particolare. Ce la racconta da Bruxelles la nostra inviata Fausta Speranza:

}ore 8.00

 Dal Parlamento Europeo è stata lanciata proprio poco fa una petizione in difesa del Crocifisso nelle scuole. Un’iniziativa voluta mentre i leader europei, dopo la sentita cerimonia a Berlino, si sono riuniti a Bruxelles per una cerimonia dell’Unione Europea.
Ci racconta tutto da Bruxelles la nostra inviata Fausta Speranza:

ore 12.00

Dal Parlamento Europeo è stata lanciata stamane una petizione in difesa del Crocifisso nelle scuole: firmatari parlamentari europei di maggioranza e di opposizione. E’ stata scelta la giornata di oggi in cui i leader europei, dopo la sentita cerimonia a Berlino, si sono riuniti a Bruxelles perchè ci fosse anche una cerimonia dell’Unione Europea. Con un’iniziativa particolare.
Ci racconta tutto da Bruxelles la nostra inviata Fausta Speranza:

ore 14.00

The twentieth anniversary of the democratic revolutions behind the Iron Curtain was marked in the session of the European Parliament on Wednesday. Czech dissident playwright turned President, Václav Havel, joined others to mark the occasion. And it was launched a petition against the European Court’s ruling on the Crucifix in Italian Schools.  From Brussels Fausta Speranza

6 pm report

Dal Parlamento Europeo è stata lanciata stamane una petizione in difesa del Crocifisso nelle scuole: firmatari parlamentari europei di maggioranza e di opposizione. E’ stata scelta la giornata di oggi in cui i leader europei, dopo la sentita cerimonia a Berlino, si sono riuniti a Bruxelles perchè ci fosse anche una cerimonia dell’Unione Europea. Con un’iniziativa particolare.
Ci racconta tutto da Bruxelles la nostra inviata Fausta Speranza:

ore 19.30

12 Novembre 2009

Una petizione in difesa del crocifisso nelle scuole: è stata presentata ieri al Parlamento Europeo in concomitanza con la cerimonia per ricordare la caduta del Muro di Berlino. Sono stati invitati 89 giovani nati il 9 novembre del 1989 per ricordare il processo di riunificazione dell’Europa divisa tra Est e Ovest. Da Bruxelles il servizio della nostra inviata Fausta Speranza.

ore 8.00

GLI AFRICANI CHE SOSTENGONO L’AFRICA

Più di quaranta miliardi di dollari ogni anno: a tanto ammonta la cifra che i lavoratori africani all’estero inviano alle loro famiglie in Africa. Leggi restrittive e tariffe alte, tuttavia, sminuiscono il potenziale che queste rimesse avrebbero di risollevare i poveri dalla loro condizione di indigenza. Di Fausta Speranza

6 novembre 2009

LE BABY INFIBULATE DELL’ AFRICA

Tre milioni di bambine e 25 paesi coinvolti: sono i dati che fotografano il fenomeno dell’infibulazione in Africa. Una pratica profondamente legata ai valori tradizionali che però sta dimostrando di non essere poi così inattaccabile. Qualcosa sta cambiando in Africa.
di Fausta Speranza

31 Ottobre 2009

War e Press

IL GUSTO DEI MEDIA PER LA CATASTROFE O GUERRA IN TV:

TRE MILIONI DI TELESPETTATORI BAMBINI

Dagli Atti del convegno

“Guerra e media: il gusto della catastrofe” è il titolo di un convegno organizzato dall’Università degli Studi Roma Tre e dall’Associazione Stampa estera, promotrice Marcelle Padovani, corrispondente de “Le Nouvelle Observateur”. Di fronte all’ennesimo dibattito, viene da chiedersi se è ancora utile riflettere sulla relazione guerra e media. La risposta è, senza dubbio alcuno, sì. Primo, perché la guerra non è finita e secondo, perché l’analisi di come i media si comportano all’interno dei grandi eventi dovrà diventare una delle nostre funzioni critiche fondamentali. Capire i media sarà nei prossimi anni vitale per la libertà dell’informazione e dei cittadini stessi. Anche la globalizzazione, infatti, altro non è che un fatto comunicativo.
Gli organizzatori di questo convegno hanno sottolineato una verità che è sotto gli occhi di tutti (basta lasciarsi andare alle serate in tv),  “questa è stata una guerra combattuta dai media, più che con i media, in cui l’uso dell’immagine da trasmettere ha giocato e gioca ancora un ruolo fondamentale”. Per l’appunto, dunque, potere mediatico sommato al potere delle immagini, cioè alla televisione.
Gli interventi di apertura sono stati affidati ad alcuni docenti, togliendo in questo modo al convegno la visuale degli storici del momento, anteponendo quella dei filosofi, che hanno dato così della guerra una visione più analitica e distaccata.
Hanno parlato con vivacità Franco Monteleone, docente di storia della Radio e della Televisione, Giacomo Marramao, docente di Filosofia Politica, Enrico Menduni, docente di Linguaggio Radiotelevisivo ed è poi intervenuto Giampiero Gamaleri, docente di comunicazioni di massa a Roma Tre. Molto interessanti per le informazioni che hanno dato e per il diverso punto di vista gli interventi di Samir Al Quariati della televisione araba Al Jaazira e di Francisco Arajo Neto, corrispondente per il brasiliano “O Globo”. Altri esponenti del giornalismo hanno portato la loro esperienza e riflessione:  Roberto Morrione, direttore di “Rainews 24”, Guido Rampoldi, inviato di “Repubblica” e Fausta Speranza, di Radio Vaticana e collaboratrice di Comunicazione di Massa all’Università RomaTre, che ha parlato di “buchi neri dell’informazione” spiegando che nessuno poteva immaginare né prevedere l’11 settembre però non si giustifica  il silenzio e l’assenza di informazione nel prima. Nessuno parlava di Bin Laden e delle sue reiterate minacce, dei Taleban e delle efferate scelte di un regime che lanciava proclami di odio contro gli Stati Uniti, della Jihad, dell’Islam. D’accordo con questa valutazione, Roberto Morrione ha aggiunto come nella disinformazione ci si ricade subito dopo l’effetto allarmismo da catastrofe, ricordando che l’Afghanistan è scomparso dalle pagine dei giornali  con i combattimenti ancora in atto e senza una conclusione del conflitto e, dunque, senza analisi o riflessioni.

La chiave della lettura di questa guerra è stata in questo convegno la parola “catastrofe”. Con l’aiuto del vocabolario leggiamo il senso profondo di questa parola che ha a che vedere con rivolgimenti, sciagure ed eventi gravissimi, qualcosa che attiene alla natura e sembra una calamità, senza soluzione nella sua negatività. Ma è qualcosa di più che la parola catastrofe sottolinea in questa guerra. Un po’ come nella tragedia greca l’accadimento così come viene proposto dai media è subito, più che spiegato o illustrato ai lettori, come dovrebbe. Questa guerra vista dai e sui giornali è stata chiamata da Franco Monteleone la cultura del disastro, una guerra tutta diversa dalle altre, senza un nemico identificabile, una guerra che ha creato il rischio della narcosi. Telespettatori e lettori sono stati vicini all’ assuefazione ad un dramma, come ha detto Giacomo Maramao, un dramma prigioniero di una estetica delle immagini televisive. Tanto da diventare simile ad una specie di serial del terrorismo, una narrazione a puntate trasmessa in diretta, come ha detto Enrico Menduni.  «Le gesta delle Brigate Rosse furono un cupo serial, così gli attentati dell’Eta». Un attentato diventa per la tv dunque un evento mediale. In altre parole, ha detto Menduni: «Il parlarne produce un effetto positivo sull’organizzazione che l’ha realizzato come la performance di una industria migliora i corsi borsistici delle sue azioni».
Ma le notizie sull’11 settembre davvero erano così catastrofiche e virtuali nella loro esposizione su giornali e tv? L’analisi critica della stampa italiana e straniera è stata realizzata da un gruppo di studenti del corso di Sociologia dei media, coordinati da Marina Loi, nel corso di una ricerca promossa da Marcelle Padovani e dal professor Meduni, per il corso di Studi “La comunicazione nella società della globalizzazione”. La ricerca ha dimostrato quanto il giornalismo italiano non sappia rinunciare allo spettacolo, creando consapevolmente o meno un’atmosfera di catastrofismo, come si diceva  in apertura. Cominciando con i grandi quotidiani, come “La Repubblica” (ricerca di Marco Tullio Liuzza), “Il Corriere della Sera” (Silvia De Feo, Davide Scafuro, Maria Chiara Di Felice), che troppo spesso cedono alla tentazione di trasformare ogni protagonista in personaggio e di enfatizzare le notizie e puntare al colore più che ai fatti, sino a giornali come il “Messaggero” (Valentina Proscio), che puntano decisamente i riflettori sul lato emotivo, enfatizzando uno stile da romanzo e da intrattenimento stile fiction tv, al “Mattino di Napoli” (Patrizia Corsaro) che ha evocato atmosfere da fine del mondo. Nessuno è esente da quello che oggi si chiama preziosamente infotainment, nemmeno l'”Espresso” (Luca Patrignani, Alessandro Marascia e Francesco Riccardi), tantomeno le televisioni, “Canale 5” (Simon Cittati, Pietro Bardelli, Diego Nannuzzi),  “Sciuscià” di Michele Santoro (Ilario PIagnerelli, Lucia Bracci, Maria Chiara Perugini, Raffaella Polselli).
E gli stranieri? Tutti più bravi di noi. La stampa francese (ricerca di D’Onofrio, Denti e Loi) si fregia di “Approfondimenti, sobrietà, rigore e toni poco inclini al sensazionalismo, di un rapporto misurato tra scrittura e immagini, meno grafici, meno virgolettati, meno fotografie”. Insomma più contenuti.
“Le Nouvel Observateur” (Silvia Tarquini) usa “toni pacati ma determinati, ha attenzione ai musulmani che hanno condannato l’attentato”, etc.. Serietà e accuratezza nelle fonti per “L’Economist” (Paola Taqruini); riflessivo l'”International Herald Tribune”. Elogi dunque alla stampa estera dagli studenti. Aggiungiamo noi una critica. Sono elogi facili, visto che partiamo da un confronto con un giornalismo notoriamente sensazionalista, come il nostro, viziato da uno strapotere e da una competizione difficile come quella della tv. Fausta Speranza, giornalista di Radio Vaticana e collaboratrice di Comunicazioni di Massa dell’università Roma Tre, che ha analizzato le tv ha sottolineato come dopo un iniziale impegno per un giornalismo serio, anche le tv abbiano ceduto al sensazionalismo scegliendo la strada dell’allarmismo, sia nelle immagini che nei contenuti.   Un comportamento che sembra ancora più colpevole perché quella professionalità,  che non manca anche in Italia e che scende in campo di fronte all’evento straordinario, viene poi sacrificata, in una seconda fase più ragionata, alle logiche di un giornalismo-spettacolo. Quell’allarmismo che di solito si nutre di delitti, di stupri, di incidenti, di ondate di immigrati, nei giorni successivi  all’11 settembre  è ritornato  sotto forma di terrore dell’antrace, accompagnato da vaiolo, peste, veleni chimici.  Salvo poi, ha sottolineato Fausta Speranza, non parlarne più dall’oggi al domani.

Interessantissimo e da ampliare lo spunto sui bambini che hanno visto la guerra in tv (Valentina Diaco). Ottima idea per una ricerca anche istituzionale. Tre milioni di piccoli telespettatori, dai 4 ai 10 anni, hanno visto la tv in prima serata: 40 mila bambini per “Porta a Porta”, 53 mila per “Sciuscià”, 180 mila per il “TG2” e 210 mila per il “TG1”. Gli effetti? Scontati: ansia, assuefazione e abbassamento della soglia della sensibilità. I lettori di domani saranno, dunque, potenzialmente meno critici di noi.

LA GRANDE SPERANZA DEL SINODO AFRICANO

Al sinodo della chiesa africana, in corso fino al 25 ottobre in vaticano, il cardinale nigeriano Francis Arinze ha auspicato che per lo sviluppo del continente le diocesi possano proseguire la missione profetica incentrata sulla riconciliazione, la giustizia e la pace.
Il servizio di Fausta Speranza

21 ottobre 2009

CRISTO SI E’ FERMATO IN AFRICA

IL SINODO CHE PONE LA CHIESA AL SERVIZIO DELLO SVILUPPO DEL CONTINENTE

Sono 244 i vescovi africani che, fino al 25 ottobre, partecipano in Vaticano alla seconda assemblea speciale dedicata alle infinite speranze e alle altrettante ingiustizie che da secoli emarginano i popoli dell’Africa. Il servizio di Fausta Speranza


20 ottobre 2009