Il vice premier libanese, Murr, denuncia minacce dall’ex capo dell’intelligence militare siriana

In un’iniziativa senza precedenti, il vice premier e ministro della Difesa libanese, Elias Murr, ferito in luglio in un attentato nei pressi di Beirut, ha rivelato di essere stato minacciato dall’ex capo dell’intelligence militare siriana in Libano, generale Rustom Ghazali. Il nostro servizio:

27 settembre 2005

L’Europa risponde alla Turchia su Cipro

“Il riconoscimento di tutti gli Stati membri è componente necessaria del processo di adesione”: è questo il passaggio saliente della controdichiarazione, ieri, dell’UE alla Turchia, venuta dopo settimane di contatti diplomatici e in vista del 3 ottobre, data fissata per l’avvio dei negoziati per l’adesione. Sul valore e le implicazioni di questa presa di posizione dei 25, il servizio di Fausta Speranza:

22 settembre 2005

Aprile 2005: da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI

Questa è una raccolta di alcuni dei servizi che ho realizzato  nella fase ultimissima fase del Pontificato di Giovanni Paolo II, nella fase di “interregno” e nei primissimi momenti del Pontificato di Benedetto XVI.

La notte dell’agonia tra il venerdì e il sabato: ogni ora dalle ore 2.00 alle ore 6.00

La sera di sabato 2 aprile 2005 l’annuncio della morte:

Poi i funerali, venerdì 8. Servizio di annuncio delle esequie:

Quasi tutto il mondo è rappresentato dalle 200 delegazioni che si sono ritrovate insieme sul sagrato della Basilica di San Pietro:

Giorni di attesa per la lettura del Testamento, le decisioni sul Conclave. Giorni in cui si tracciano bilanci. Occupandomi sempre di geopolitica internazionale e di Europa, preparo due speciali:

l’Europa e Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II, tessitore di pace

Poi il conclave che inizia il 18 aprile. Le modalità:

Prima della fumata bianca del 19 pomeriggio una fumata nera che però all’inizio sembra a tanti in piazza la fumata decisiva:

Poi l’elezione di Benedetto XVI. Mi affidano il suo primo discorso ufficiale. Si tratta dell’Omelia della sua prima Messa che celebra in latino nella Cappella Sistina:

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9 febbraio 2005

Firma Trattato costituzionale

Nella settimana precedente la firma del primo tratttato costituzionale, avvenuta a Roma il 29 otobre 2004, ho realizzato ogni giorno un servizio con la sigla che avevo ideato e montato ad hoc. Ci sono interviste a esperti o personaggi protagonisti del processo di integrazione europea. Nell’ultimo servizio c’è un’intervista a Prodi che il giorno dopo della firma ha incontrato il Papa.

29 ottobre 2004

Incontro Prodi Papa 10/2004

Il giorno prima della firma della Costituzione europea a Roma, il Papa, ricevendo in Vaticano il presidente della Commissione europea Romano Prodi, aveva invocato la benedizione del Signore su tutti i rappresentanti degli Stati convenuti a Roma per la firma del Trattato costituzionale e su tutti i popoli d’Europa. L’Unione Europea – ha detto – possa “operare attivamente in campo internazionale per la pace tra i Popoli, ed offrire un aiuto generoso per la crescita dei popoli più bisognosi degli altri continenti”. In particolare ha ricordato come il Cristianesimo abbia dato “un grande apporto” nel plasmare la civiltà europea. “Riconosciuto o meno nei documenti ufficiali – ha precisato – è questo un dato innegabile che nessuno storico potrà dimenticare”. Ai nostri microfoni abbiamo lo stesso Romano Prodi, intervistato da Fausta Speranza che gli ha chiesto innanzitutto quali sono stati gli aspetti più importanti dell’incontro con Giovanni Paolo II:

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R. – Due aspetti. Uno,evidentemente di commozione personale, e su quello non voglio dire nient’altro. Poi, c’è un aspetto politico che anche nel colloquio si è sentito molto: il grande momento dell’Europa che respira a due polmoni e che – anche se con problemi che tutti condividiamo, che tutti abbiamo sentito – si dà veramente una regola per il futuro. E’ un’Europa stabile, è un’Europa che ha chiuso con Yalta, che ha finito con le tensioni … si è parlato proprio tanto di pace, di come i nuovi Paesi stanno arrivando, non solo la Polonia ma tutti; del clima che si deve creare, per la nuova Europa …

D. – Presidente, ci aiuti ad interpretare il voto di mercoledì scorso al Parlamento…

R. – Ma … l’interpretazione seria, politica è una sola. Il Parlamento europeo ha voluto affermare la sua forza di fronte a quello che è il governo europeo, anche se i termini non sono precisi: si parla di Commissione, non di governo … Ma è un classico della democrazia: il Parlamento cresce, diventa consapevole della sua forza, e va considerato non per i poteri formali che ha, ma per il fatto che è un Parlamento! E d’ora in poi, il Parlamento europeo sarà un protagonista molto più forte, insieme alla Commissione, della vita europea. E quindi, gli Stati membri che in molti casi avevano sempre controllato il voto dei loro parlamentari, si sono trovati adesso di fronte ad un’evoluzione di straordinaria importanza nelle istituzioni europee.

D. – “L’Europa è aperta a tutti gli Stati che rispettano i suoi valori”: questo è il principio. Secondo lei, il Trattato costituzionale aiuterà a rendere più concreto il rispetto di questi valori?

R. – Sì, molto. Perché i valori sono ben chiari nel Trattato costituzionale. Certamente, anch’io avrei preferito, e ho lavorato attivamente perché ci fosse nel preambolo il riconoscimento delle radici storiche del cristianesimo e del giudaismo: questo non è stato possibile. Ma i valori di questa nostra religione sono veramente contenuti nella Carta costituzionale. Possiamo veramente pensare ad un’Europa – se legge nell’articolo 1.4 – che ha questi principi come strumento di pace, come una nuova entità che si mette a servizio di un concetto molto diverso da quello tradizionale, del rapporto di forza tra Paesi, ma che regola i conflitti con un atteggiamento multilaterale, con l’uguaglianza tra i diversi Paesi che partecipano alla nuova Unione … è un superamento del concetto di “Stato moderno”!

D. – Dunque, le sembra che il Trattato costituzionale possa essere una scommessa di pace?

R. – Sì! E’ una scommessa di pace. E non è una scommessa: nel senso che finora l’abbiamo mantenuta! Nel ’57 è stato firmato il primo Trattato di Roma; ci siamo allargati, successivamente. Mai, mai un conflitto all’interno dei confini dell’Unione. Tragedie, subito fuori dalla nostra porta. In questo senso, l’unificazione dell’Europa con l’allargamento, e quella già progettata verso Bulgaria e Romania e verso i Balcani, sono un’ulteriore garanzia di pace.

D. – Ecco, però lei spesso ha ricordato che l’Europa deve guardare anche oltre i propri confini. Dunque, questo Trattato costituzionale potrà aiutare ad evitare una crisi di divisione, come quella che c’è stata per l’ “Iraq”?

R. – Questo no, purtroppo, perché la competenza in politica estera non c’è ancora e quindi, se domani ci dovesse essere un conflitto come quello iracheno, non c’è nessuna garanzia che non ci siano le stesse divisioni. Ma l’Europa si fa con la pazienza, ci vorrà qualche decennio per avere una politica estera comune, ma la via è segnata.

D. – “L’Europa è un’unione di minoranze”: è un’espressione che le è cara. In che modo si coniuga con l’esigenza di un’Europa ad una sola voce?

R. – Si coniugano proprio perché ognuno è in minoranza. Non c’è nessuno che imponga la propria voce agli altri. In minoranza si discute, si decide insieme e ciascuno contribuisce alla decisione. Ma nessuno la impone agli altri. Ed è questo il concetto nuovo dell’Europa. Per questo non sono soddisfatto dei punti in cui – come nella politica estera – si è mantenuta l’unanimità delle decisioni, perché in 25 Paesi, con il principio dell’unanimità, è difficile prendere delle decisioni, anzi: è impossibile!

D. – Presidente: euro, allargamento, Trattato costituzionale sono le conquiste più evidenti di questi cinque anni. Ce ne racconta qualcuna invece meno evidente e magari più sofferta?

R. – Io esco con la tristezza di non vedere messi in atto i progetti che avevamo messo in cantiere nel 2000 in campo economico, il cosiddetto “processo di Lisbona”, in cui avevamo detto – anche con molta gioia comune, no? – che insieme avremmo fatto una strategia per aumentare il gruppo economico, la ricerca, le innovazioni per diventare – era il nostro slogan – “la società più innovativa del mondo”. Sono passati quattro anni e in questo campo, proprio la mancanza di processi decisionali, l’obbligo dell’unanimità, hanno fatto sì che non siamo la società più innovativa del mondo. Lo dobbiamo ancora divenire.

D. – Ecco, però, parliamo proprio di Europa nel mondo: ci parla dei rapporti di partenariato che l’Europa ha avviato?

R. – E’ il nuovo capitolo: abbiamo definito i confini dell’Europa, l’allargamento è già fatto, quello verso la Bulgaria e la Romania è prossimo, c’è il caso della Turchia, quindi i Balcani e poi i confini si fermano. Ma se l’Europa è un segnale di pace, deve attuare la politica già approvata – intendiamoci: già approvata! –, la cosiddetta “politica di vicinato”, cioè tutti i Paesi, dalla Russia fino al Marocco che sono vicini potranno – se vogliono – concludere con l’Europa uno strettissimo accordo, condividendo con l’Unione tutto, senza però far parte delle istituzioni europee, cioè senza diventare membri dello stesso Parlamento e della stessa Commissione, ma condividere unione doganale, trattati commerciali, regole economiche, cooperazione di polizia, di giustizia, regole dell’immigrazione … tutto quanto concerne la collaborazione più profonda. Ecco, è importante questo perché vuol dire estendere questa “infezione di pace” anche a Paesi che ne hanno tanto bisogno – pensi a Israele, alla Palestina, l’Egitto, i Paesi del Maghreb: pensi all’Ucraina, che è questa grande anima europea … Ecco, questo è l’ulteriore passo ed il compito dei prossimi decenni.

D. – Presidente Prodi, io avei voluto chiederle, una volta fatta la valigia, se ci raccontava così, sottovoce, la sua voglia, l’intenzione di tornare indietro e di fare, altrettanto sottovoce, a qualche leader europeo qualche raccomandazione per il bene dell’Europa: non so se lei ha voglia adesso che ha fatto la valigia, ma l’ha anche disfatta …

R. – Sì, (mercoledì) è stata proprio una giornata incredibile, perché ho fatto proprio la valigia, ho chiuso casa – come si dice in termini popolari – ho disdetto i contratti della luce, del gas, l’abbonamento alla televisione, tutte le cose che si fanno normalmente; e poi come sono arrivato in ufficio è incominciato questo strano momento in cui siamo dovuti ritornare indietro, e adesso per qualche settimana dovrò rimanere a custodia delle istituzioni. Lo faccio volentieri, perché ci vuole continuità. Ma non ho proprio molti consigli da dare, salvo quello di prendere una lezione comune, che tutti dobbiamo trarre da questi avvenimenti, e cioè di considerare la nuova forza del Parlamento europeo.

29 ottobre 2004

Romano Prodi 05/2004

OGGI IN PRIMO PIANO

CON UN FORTE IMPEGNO PER IL MULTILATERALISMO E LA COESIONE SOCIALE, SI E’ CONCLUSO IN MESSICO IL VERTICE DELL’UNIONE EUROPEA, AMERICA LATINA E CARAIBI. NOSTRA INTERVISTA CON IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA, ROMANO PRODI

Coesione sociale, difesa dei diritti umani e multilateralismo: sono i punti forti dell’appello lanciato da Europa, America Latina e Paesi caraibici a conclusione dei due giorni di vertice di Guadalajara, in Messico. Si tratta del terzo Summit tra i leader dei due continenti dopo quelli di Rio de Janeiro del 1999 e di Madrid del 2002. Il multilateralismo viene indicato come l’unico strumento per risolvere le nuove sfide e minacce globali, quali il terrorismo. Ma perché possa essere una realtà si invoca “una profonda riforma dell’Assemblea generale e del Consiglio di sicurezza dell’Onu”. E la crisi in Iraq emerge esplicitamente nella condanna delle torture inflitte ai prigionieri di guerra iracheni nel carcere di Abu Ghraib. Nessuna critica esplicita nei confronti degli Stati Uniti, ma certamente parlare di multilateralismo significa contenere il raggio di azione dell’unica superpotenza. E’ questa intenzione, dunque, il primo risultato del vertice a Guadalajara di 58 leader di Europa, America latina e Caraibi? Fausta Speranza lo ha chiesto al presidente della Commissione europea, Romano Prodi:

Non è fatto per criticare, è un accordo per sopravvivere. Tutti questi Paesi capiscono benissimo che mettendosi insieme possono aiutare a creare nel mondo un pluralismo nel potere economico e nel potere politico, che è indispensabile per respirare. Su questo si sono trovati tutti d’accordo. Non c’è stata una sola voce dissenziente.

Presidente, lei nel suo intervento introduttivo ha parlato tra l’altro di solidarietà, di lotta alla povertà. Su questi temi si sono fatti passi avanti nel Vertice di Guadalajara?

Si sono fatti passi avanti, ma rispetto alla dimensione del problema devo dire che sono passi minimi. Noi stiamo lavorando perché finalmente questi Paesi si mettano assieme e possano veramente rappresentare un’area economica che aiuti quello che è il sussidio…

Ecco, presidente, proprio a questo proposito, alla vigilia di questo Vertice, qualcuno polemicamente riassumeva i rapporti tra Europa ed America Latina parlando di creditori e debitori. Si può dare un’altra fotografia di questi rapporti?

E’ una definizione abbastanza tradizionale, che ha anche degli aspetti di verità. Il problema è come uscire da questa realtà. Il nostro discorso, allora, del multilateralismo, di una politica sociale forte – non dimentichiamo che progressi verso la democrazia negli ultimi anni se ne sono fatti tanti in America Latina – tutto questo disegno aiuta certamente a superare l’idea dei debitori e creditori. Ma se l’America Latina non si mette assieme, quest’idea, prima o poi, riaffiora.

Presidente Prodi, a proposito delle dichiarazioni di Fidel Castro, che ha accusato l’Unione Europa di disinteressarsi dell’America Latina, lei che cosa vorrebbe chiarire?

Negli ultimi tempi l’Unione Europea si era aperta a Cuba, ma Cuba ha ricambiato con una politica oppressiva nei confronti dei dissenzienti. L’Unione Europea ha reagito come doveva reagire, cioè duramente. Allora quello di Cuba è stato un atteggiamento di ulteriore isolamento.

Gli osservatori non potevano non notare che a firmare la dichiarazione a favore del multilateralismo mancavano Blair e Berlusconi, in questo momento primi sostenitori degli Stati Uniti. Lei che dice?

Naturalmente questo fatto è stato molto notato. L’Europa è stata rappresentata come non mai in questo Vertice: c’era il cancelliere Schroeder, Chirac, Zapatero, praticamente tutti i Paesi. Mancavano la Gran Bretagna e l’Italia. Non posso dare alcuna spiegazione, perché non ne ho… posso solo dire che questo è stato molto notato, anche se io non credo che siano mancati per non firmare la dichiarazione sul multilateralismo. Almeno spero che non sia stata questa la ragione. Certamente l’America Latina ha bisogno di un rapporto forte e tra l’altro per i Paesi dell’America Latina queste mancanze non hanno certamente provocato né gratitudine, né reazioni positive.

30 maggio 2004

Da Bruxelles: 26/03/2004

24 ORE NEL MONDO

Dopo la dichiarazione comune contro il terrorismo e l’annuncio di un accordo di ieri sera sulla Costituzione entro giugno, le questioni economiche e l’Iraq impegnano oggi i leader europei riuniti nella giornata conclusiva del vertice del Consiglio a Bruxelles. Dei lavori di questa mattina ha riferito in conferenza stampa il presidente del parlamento europeo Pat Cox. La parola alla nostra inviata a Bruxelles Fausta Speranza:

26 marzo 2004