Partecipazioni varie

Fausta Speranza ha partecipato in qualità di relatore, tra gli altri, ai seguenti convegni:

24-25  ottobre 2009

“Siamo in onda: la radio e l’informazione globale”

organizzato dall’Azione Cattolica a Meta di Sorrento

25 ottobre 2008

“Chiesa e media:  dialogo e scommessa

organizzato a Grottaferrata da Il Centro interprovinciale dei Carmelitani scalzi

 

12 febbraio 2002

I media e la guerra: il gusto della catastrofe”  “WAR AND PRESS”

promosso dalla Stampa Estera e dell’Università Roma Tre (presso la sede della Stampa Estera, in via dell’Umiltà 83\c)

Testo

Testo dellìarticolo pubblicato dopo il convegno

5 dicembre 2002

“La copertura giornalistica dei diritti umani: le elezioni, i media e le missioni di osservazione elettorale”

organizzato dall’Osservatorio di Pavia nell’ambito del Progetto Eurosservatori
(presso il Collegio Giasone del Maino, via Luino 1)

13 luglio 2001

Sistemi informativi e di comunicazione di massa”

nell’ambito della  “BERC – Biennale europea delle riviste culturali” (Università degli Studi di Genova, Stradone Sant’Agostino, 37)

Testo dell’articolo pubblicato

14-16 settembre 2000

12th  “European Television and Film Forum”

dell’Istituto Europeo per i Media, organizzato a Bologna nell’ambito del Prix Italia

Testo dell’intervento in inglese:

1-2 dicembre 1999

“Nuove frontiere di comunicazione in ambito militare”

presso la base militare di Pozzuoli

11 maggio 1999

“I Caschi blu dell’informazione” Presentazione-dibattito a Roma, presso Università La Sapienza

Testo dell’intervento in italiano:

Testo dell’intervento in inglese:

Il “grande esule” ha trovato una patria in tutto il mondo

Il “grande esule” ha trovato una patria in tutto il mondo
di Fausta Speranza

Il profondo misticismo, l’amore per la donna, l’incrollabile fede:  sono queste le ragioni della passione nutrita nei confronti della poesia di Dante dalla giovane letterata Farideh Mandavi Damghani che ha aperto quest’anno la rassegna La Divina Commedia nel mondo, a Ravenna. La quarta edizione si è svolta come di consueto nella Basilica di San Francesco, negli ultimi tre venerdì di settembre, e ha riscosso  proprio il consueto successo.  Mai come in questo momento avvertiamo che esigenze e realtà del mondo più lontano si fanno urgenti e vicine e che la nostra realtà deve aprirsi a comprendere altro. Non possiamo sottrarci a un incontro tra culture e popoli e abbiamo il dovere di fare di tutto ad ogni livello perché sia confronto e non scontro. Mai come quest’anno ascoltare l’eco che la poesia di Dante suscita in altri paesi e in altre culture è stato fonte di profonda speranza. “Nati non foste a viver come bruti ma per seguir vertute e conoscenza”: è un famoso versetto del sommo poeta che ha riassunto, in un viaggio fantastico e straordinariamente vero, la parabola dell’essenza umana e spirituale dell’uomo alla ricerca di se stesso e del valore di se stesso. La speranza, dunque, è quella che nell’uomo di oggi, sotto ogni latitudine, prevalga il desiderio di ricercare tale valore, nel rispetto delle differenze culturali.   Dopo la serata dedicata alla lettura comparata in italiano e persiano, nei due appuntamenti successivi,  il viaggio sulle orme dell’Alighieri ci ha portato in Ungheria e in Spagna. In questi due casi le versioni riproposte appartengono a due illustri poeti scomparsi, rispettivamente per l’Ungheria  Mihaly Babits, morto nel 1941, e per la Spagna Angel Crespo, morto nel 1995. Come sempre a condurre la conversazione che precede la lettura comparata di un canto, sono stati chiamati i più autorevoli esperti in materia. Ecco dunque, l’introduzione del persianista Angelo Michele Piemontese dell’Università di Roma, poi, per la seconda serata, l’italianista Jozsef Pal dell’Università di Szeged e dell’italianista-magiarista Peter Sakozy dell’Università di Roma-Budapest. Infine, l’ultimo appuntamento ha visto la partecipazione dell’ispanista Gaetano Chiappini dell’Università di Firenze, dell’ispanista e comparatista Pilar Gomez Bedate Crespo dell’Università di Barcellona e dell’italianista Isabel Gonzales Fernandez dell’Università di Santiago de Compostela. Il loro prezioso contributo ha permesso ai partecipanti di conoscere qualcosa dell’accoglienza di Dante in ciascun paese e, soprattutto, degli elementi più caratteristici di tale accoglienza. Non si tratta solo di curiosità letterarie ma di spiragli di comprensione che raccontano molto della ricchezza culturale e letteraria di un paese.  Tra tante differenze tra la nostra vita quotidiana e quella del suo popolo, una donna come Farideh, che vive a Teheran, capitale dell’Iran, e che nasconde i capelli sotto il velo, ci invita a capire quanto possano  insegnare alla sua gente il profondo misticismo, l’amore per la donna e l’incrollabile fede di Dante. E’ un preziosissimo stimolo a riscoprire qualcosa che ci appartiene ma che a volte dimentichiamo. La cultura è anche la capacità di riconoscere il senso più profondo e più vero delle parole e ci conforta l’attenzione alla parola misticismo. Ci conforta pensare che  può essere recuperata, dunque, in ogni tempo, riscoprendo che l’uomo che ama l’uomo rispetta il misticismo ma rifugge dal fanatismo religioso o da una scarsa considerazione della vita. Il fanatismo religioso fa sì che ancora oggi i Talebani compiano comportamenti disumani in nome di dio,  ma le migliaia di morti ogni anno sulle nostre strade, in particolare le giovani vite spezzate per una corsa di notte verso una discoteca, nascondono una scarsa considerazione della vita che ancora non ci inquieta come dovrebbe. Sono solo esempi della nostra realtà che non può essere un’altra faccia della medaglia rispetto alla cultura ma dovrebbe nutrirsi del bagaglio di umanità che appartiene alla letteratura.  “Un uomo che ha goduto di buona fama non morirà”, ha affermato Farideh ricordando le parole di un poeta persiano.  E’ anche per questo che lei ha caparbiamente voluto pubblicare la sua traduzione completa in lingua persiana della Divina Commedia. Si tratta di tre volumi, che raccolgono anche molti commenti dei più illustri dantisti, e che soprattutto rispettano la terzina dantesca, mentre la traduzione precedente riassumeva  in prosa i versi di Dante. Un uomo che ha goduto di buona fama, dunque, non morirà nemmeno in Iran nonostante che abbia messo all’Inferno proprio Maometto. Anche questo è fonte di speranza in questo inizio secolo segnato dall’affacciarsi della spettro della guerra.  Farideh ammette che non ha potuto tradurre i versi di Dante relativi a Maometto, perché la religione musulmana non lo permette, però ha spiegato ai suoi lettori il significato di quelle terzine mancanti e cioè le critiche, magari esasperate, di Dante. Il coraggio di Farideh che non pubblica in un paese che rispetta la libertà di espressione è il coraggio, in questo caso sofferto come è sofferta la situazione in Iran, di uscire dalle proprie sclerotizzate certezze. Un coraggio che sempre la letteratura chiede a chi voglia avventurarsi in ciò che l’uomo di ogni tempo e di ogni luogo ha vissuto e espresso. Un coraggio da riscoprire anche  difendendo la riflessione dalla velocità e dalla banalità della nostra epoca. L’immagine del vagare di Dante tra Inferno, Paradiso e Purgatorio è sempre l’immagine di un uomo che varca confini difficili da varcare, cercando di imparare a vivere e a morire.

del 25 settembre 1999

Nuovi media: intervista a Derrick de Kerchhove, 1997

Cercando di riflettere sul valore della comunicazione ho partecipato a convegni e realizzato diverse interviste con i massimi esperti. Ho conservato questa lunga conversazione con Derrick De Kerckhove, realizzata nel 1997 quando internet stava diventando una realtà per tanti.

del 3 marzo 1997

50 ANNI FA, LA LIBERAZIONE DELL’ITALIA DALL’OCCUPAZIONE NAZISTA

L’intenso dibattito politico intorno ai risultati delle elezioni amministrative cade in un anniversario d’eccezione per la Repubblica italiana: 50 anni dalla liberazione dall ‘occupazione tedesca. E’ passato, infatti, mezzo secolo dal 25 aprile del 1945, data-simbolo della vittoria della Resistenza e della conclusione, per l’Italia, della II guerra mondiale. Il servizio di Fausta Speranza:

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Il 25 aprile del 1945, Milano e Genova insorgono, cacciando i tedeschi; con la liberazione, il 28, di Torino da parte delle forze alleate, la vittoria sugli occupanti è sancita, dopo 20 mesi di resistenza, vissuti diversamente nelle varie regioni d’Italia. Gli alleati, infatti, sbarcano in Sicilia nell’estate del 1943. Nel settembre dello stesso anno c’è la firma dell’armistizio da parte di re e  governo, la dichiarazione ufficiale di guerra contro i tedeschi, lo sbarco degli americani a Salerno. Il sud. dunque, viene in tempi relativamente rapidi strappato dalle mani dei nazisti .

Più lunga la lotta al centro: solo il 4 giugno del 1944, viene liberata Roma. Straziante, poi, l’agonia nella parte settentrionale della penisola che, prima dello sfondamento della linea gotica, negli ultimi mesi del ’44 e nei primi del ’45 è teatro delle più feroci rappresaglie dei nazisti, ormai sulla via della disfatta.

La storia della resistenza, dunque, è la storia delle diverse esperienze vissute sul territorio italiano. ma è anche e soprattutto storia di unità, quell ‘unità che le più diverse forze politiche trovano nel combattere il nazismo e la dittatura e nel fondare, poi, la Repubblica. Come spiega il professor Pietro Scoppola, docente di storia contemporanea all ‘Università “La Sapienza” di Roma, e autore del volumetto: “25 aprile. Liberazione”, pubblicato di recente da Einaudi:

Il modo in cui la guerra si è conclusa ha contribuito ad accentuare differenze già esistenti nel nostro Paese. Ma al di sotto di questo, c’è da scoprire e valorizzare un elemento unitario, che è quello di un coinvolgimento profondo e vitale di tutti gli italiani. E bisogna soprattutto rileggere il passsato secondo la grande intuizione di don Giuseppe Dossetti, uomo che ha fatto la resistenza ed è stato fra gli esponenti più significativi dell’assemblea costituente, oggi monaco. Il quale, ripensando a quel passato, ha individuato e ha indicato il nesso stretto tra liberazione e costituzione repubblicana, fra evento epocale rappresentato dalla guerra e la rifondazione della convivenza sui grandi valori della Costituzione, alla quale – come noto – i cattolici hanno dato un contributo decisivo.

A questo proposito, a mezzo secolo di distanza, nuove letture storiografiche sembrano superare le polemiche sull’attendismo della Chiesa e dei cattolici. Ancora il Prof. Scoppola:

Un grande storico di formazione laica crociana, Federico Chabod, ha paragonato il ruolo che la Chiesa svolge in particolare a Roma negli anni dell’occupazione tedesca a quello che svolse al tempo delle invasioni barbariche, nei primi secoli cristiani, negli anni del disfacimento dell’Impero romano. Questo per dirle quanto anche in una cultura di ispirazione laica ci sia stato di sensibilità a questo ruolo della Chiesa. Non dobbiamo andare a misurare quanto si è sparato, quanti sono stati i corpi militari di estrazione cattolica o di estrazione della sinistra. Dobbiamo chiederci, piuttosto, e capire quale sia il contributo qualitativo che la presenza cattolica e cristiano ha portato a questo grande movimento della resistenza morale di tutto il popolo. Ha contribuito a ricostituire il tessuto etico della convivenza. E senza convivenza non c’è democrazia, non c’è possibilità di ricostruire la democrazia. La democrazia, infatti, non si ricostruisce semplicemente sparando, partendo dalle armi. Si icostruisce con uno sforzo in positivo.

UNA MOSTRA A RIMINI SUI POPOLI DEL MAR NERO

 APPORTATORI IN OCCIDENTE NON SOLO DI RIVOLGIMENTI, MA ANCHE DI DINAMISMO E CIVILTA’

– Ai nostri microfoni, il Prof. Giancar10 Susinio –

“Dal Mille al Mille: ori dei popoli del Mar Nero” è il titolo del1a grande mostra sui tesori delle genti delle steppe, allestita a Rimini – su iniziativa del Meeting per l’Amicizia fra i popoli – presso la Sala del1 ‘Arrengo e il Palazzo del Podestà, fino al 25 giugno prossimo. Il servizio di Fausta Speranza:

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Il Mar Nero, il cosiddetto “grande catino” con un imbuto verso il Mediterraneo, ha tre versanti: quello meridionale, l’Anatolia, che ha conosciuto culture imbevute del mondo greco, il dominio persiano, l’ellenismo; il versante orientale, dominato dal Caucaso, dal quale spuntano popoli lontani quali gli armeni; il versante europeo, dove trovano sbocco grandi fiumi, tra i quali il Danubio, e dove l’ampia penisola della Crimea rappresenta un avanposto tra Europa e Asia. Proprio dei popoli che abitarono ìl versante europeo si occupa la Mostra a Rimini, ricca di materiali che provengono da rinvenimenti recentissimi.
Pensando ai popoli di questa zona, ci vengono subito in mente le invasioni in Occidente e forse solo immagini di devastazione e distruzione. Che cosa c’è, invece, da sapere di questi popoli lontani e favolosi? Quali le loro caratteristiche? Lo chiediamo al prof. Giancarlo Susinio, ordinario di Storia antica all ‘Università di Bologna, membro de1l ‘Accademia Nazionale dei Lincei ed esponente parte del Comitato scientifico della Mostra:

E’ vero. Portano rivolgimenti, portano tante cose che noi conosciamo come devastazioni, ecc. Portano anche energie nuove e soprattutto – a mio parere – portano la conoscenza della possibilità di muoversi con una tecnica e un modulo nuovo. Per esempio, il cavallo. Mi domando, la cavalleria, come noi la conosciamo nel Medioevo, quale profonda ispirazione ha ricevuto dal costume del movimento di questi popoli? Poi, un’altra cosa: sono popoli abituati a lavorare i metalli preziosi e portano delle tecnologie di lavorazione che per la metallurgia sono davvero importanti. Non li possiamo considerare esclusivamente come nomadi nelle loro
scorrerie di tenda in tenda, ecc. ma anche come popolazioni che si attestano con città in simbiosi, un sincretismo con gli elementi greci, con gli elementi romani, con la cultura bizantina. Sono protagonisti a un certo momento, per esempio in Crimea, dei santuari – nella prima evangelizzazione cristiana – che sono degli autentici insediamenti civili.

CENTO ANNI FA IL BREVETTO DEI FRATELLI LUMIERE

Oggi un nuovo strumento informatico a servizio degli aspetti culturali del cinema

– Intervista con Andrea Piersanti –

100 anni fa, come ieri, il 13 febbraio 1895, veniva registrato il brevetto del cinematografo da parte dei fratelli Louis e Auguste Lumière. inventori e industriali nel campo della fotografia. Il servizio di Fausta Speranza:

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Quando nel 1894. i Fratelli Lumière scoprono il cinetoscopio di Edison, in una bottega del Boulevard Poissoniere, a Parigi, la macchina cinematografica è praticamente pronta. L’apporto, dal punto di vista scientifico, dei famosi fratelli è in realtà poca cosa: un procedimento di trascinamento periodico della pellicola, ispirato al funzionamento della macchina da cucire. Pertanto. dopo il brevetto del fonografo nel 1887 e quello del cinetoscopio nel 1893, praticamente bisogna inventarne un impiego.
Sta qui la genialità dei fratelli Lumière: mettere insieme un proiettore ed uno schermo in una grande sala che raccoglie persone, attratte e stregate da “animate scene”. Esattamente i l cinermatografo. Con loro, dunque, l’evento culturale è compiuto.

Oggi la straordinaria moderna arte del XX secolo riceve un ennesimo regalo dalla tecnologia: un piccolo disco ottico in cui sono memorizzati dati, foto, stralci di recensioni critiche di più di 35 mila film di tutto il mondo. Si tratta del CD-ROM intitolato “Cine-enciclopedia 2”, realizzato dall’Ente dello Spettacolo e da Editel, con la collaborazione del Dipartimento spettacolo della Presidenza del Consiglio dei ministri. Su questa iniziativa editoriale, praticamente unica al mondo, ascoltiamo il presidente dell’Ente dello Spettacolo, Andrea Piersanti …

R. – Si possono fare ricerche in tutti i possibili campi di interrogazione di una scheda cinematografica. In questo dischetto sono contenute le schede filmografiche di più di 35 mila film, italiani e stranieri, prodotti a partire dal 1928, a partire cioè dall’avvento del sonoro nella tecnica cinematografica. Si possono cercare informazioni partendo dal titolo italiano, dal titolo originale, dal nome del regista, dall’anno di produzione, dal nome degli attori, da parole – ed è questa la novità più interessante – contenute nelle sinossi, cioè nelle trame dei film. In poche frazioni di secondi il “software” che fa muovere questo CD-ROM tira fuori tutte le schede dei film, dove compare quella determinata parola.

D. – Quale importanza attribuire al mettere insieme e archiviare tali dati ed informazioni sul cinema?

R. – Secondo indagini serissime, commissionate da produttori e distributori, il pubblico cinematografico è sempre più attento all’aspetto culturale dell’evento cinematografico. Di consenguenza, questo pubblico vuole saperne di più. Uno strumento come questo permette di soddisfare le curiosità e permette quindi anche di contrastare quel terribile “effetto marmellata”, che la programmazione in Italia di 7 mila film l’anno – tanti ne sono stati censiti dalla nostra rivista del cinematografo – induce dal piccolo schermo.

IL SENATO APPROVA LA LEGGE ANTI-CRIMINE DI CLINTON

LEGGE CHE CONTEMPLA L’ESTENSIONE DEI REATI PUNITI CON LA PENA DI MORTE

– Servizio di Fausta Speranza

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Il Senato americano ha varato. con 61 voti a favore e 38 contrari. la legge anti-crimine presentata dal presidente Clintono già approvata domenica scorsa dalla Camera dei rappresentanti e che ora passa alla Casa Bianca per la firma. Sono stanziati fondi per 30 miliardi di dollari in 6 anni. In Particolare, si prevedono ltassunzione di 100mila ufficiali di polizia, la costruzione di nuove carceri. l’attuazione di programmi di prevenzione anti-crimine e anti-droga.

La legge. inoltre, vieta la vendita di 19 tipi di armi semi automatiche. cosiddette da guerra, che finora potevano essere acquistate e possedute senza difficoltà.

Ma il piano anti-crimine prevede anche l’estensione della pena di morte ad altri 60 reati e rende obbligatorio l’ergastolo nel caso di imputati riconosciuti per tre volte colpevoli di delitti contro la persona.

Su quest’ultimo punto, non secondario, ascoltiamo il commento del portavoce della Sezione italiana di Amnesty International, Riccardo Noury.

R. – Il giudizio di Amnesty International è negativo; negativo perché negli Stati Uniti, da diversi anni a questa parte,  vi è un movimento a favore della pena di morte, che non è un movimento soltanto di opinione pubblica – purtroppo – ma è un movimento politico, di singoli governatori e delle autorità federali. Il presidente Bill Clinton, in campagna elettorale, precedentemente alla sua elezione, aveva dichiarato di essere favorevole alla pena di morte; successivamente. dopo la sua elezione. si è battuto perché l’ampliamento della pena di morte diventasse un atto legislativo. e la realtà oggi è che la pena di morte viene prevista per altri 60 reati con conseguenze facilmente immaginabili in termini di aumento delle esecuzioni. Il tutto si svolge nel contesto statunitense in cui la criminalità è in aumento.
Questo sembra confermare i dati di Amnesty, dati di numerosi studiosi e criminologi statunitensi, secondo i quali la pena di morte non possiede alcun particolare effetto deterrente. Laddove è maggiormente applicata, infatti, è il caso del Texas. spesso coincide con tassi di criminalità particolarmente elevati.

D. – Riccardo Roury, pochi dati per dare un’idea sull’applicazione della pena di morte •••

R. – Negli Stati Uniti la pena di morte, oggi, è applicata in 37 Stati; in più, vi sono le leggi di pace e le leggi di guerra federali. Ogni anno vi sono almeno 38 esecuzioni: questo è il record fino ad oggi, raggiunto nel 1993. E’ un record che, purtroppo, dovrebbe essere battuto nel ’94, in quanto a metà agosto le esecuzioni erano già state 23. Sono dati che preoccupano non solo per la quantità, ma anche per la qualità delle esecuzioni. Alcuni Stati, ad esempio, che reintroducono la pena di morte, come il Kansas, e poi l’applicano quasi immediatamente. Ci sono minorati mentali, minorenni mandati a morte. Addirittura, persone sono mandate a morte con dubbi più che fondati sulla colpevolezza della persona uccisa.

D. – Si parla sempre di Stati Uniti: ma la situazione qual è nel resto del panorama mondiale?
R. – La situazione, da qualche anno a questa parte, purtroppo è brutta. Vi sono stati Paesi che hanno reintrudotto la pena di morte, come ad esempio le Filippine; Paesi che hanno ripreso le esecuzioni dopo anni, come il Giappone, come l’Algeria, come il Kuwait; Paesi che hanno aumentato l’applicazione della pena di morte, estendendo il numero dei reati per i quali è prevista la pena capitale, come il Perù. Il movimento abolizionista, in questo periodo, non sta cogliendo buoni risultati. L’ampliamento del numero dei reati con pena capitale negli Stati Uniti conferma una tendenza negativa verso la riapplicazione, l’uso sempre più frequente della pena di morte nel mondo. L’unica eccezione di questo periodo riguarda il continente africano, dove diversi Stati, in un contesto in cui si tende sempre più alla democrazia in questi Paesi, hanno abolito la pena di morte, mentre altri ancora vi stanno provvedendo. Ma diciamo che, nel mondo cosiddetto occidentale o Primo Mondo, l’unico dato pOSitivo di questi ultimi tre anni è arrivato dalla Grecia, che ha abolito definitivamente la pena di morte, anche dal proprio codice militare, nel dicembre del ’93.

Festeggia 50 anni, il Centro Sportivo Italiano

UNO SPORT PER CANTARE LA VITA“: E’ LO SLOGAN SCELTO DAL
CENTRO SPORTIVO ITALIANO PER FESTEGGIARE I 50 ANNI DI ATTIVITA’
Servizio di Fausta Speranza –

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 Festeggia 50 anni, il Centro Sportivo Italiano: lo fa in relazione al giugno del ’44 quando, subito dopo la liberazione di Roma, viene fondato dalla Gioventù Italiana di Azione Cattolica. In realtà, però, è l’ideale prosecuzione della FASCI, la Federazione delle Associazioni Sportive Cattoliche, fondata nel 1906 e costretta dal regime fascista a sciogliersi nel 1927.
L’intento di base è la promozione dell’attività sportiva presso il maggior numero possibile di persone, e, certamente, in modo particolare, presso i giovani.

E, perseguendo tale obiettivo, il CSI è cresciuto, fino a contare oggi Il.000 società sportive e 550.000 aderenti: con una uniforme presenza sul territorio mediante 20 consiglieri regionali e 158 Consigli provinciali.

Rispecchiando le diverse realtà sociali, economiche e culturali delle varie regioni, il CSI persegue in ogni caso lo obiettivo di educare attraverso lo sport.

Ma qual è il segreto ~he rende lo sport via privilegiata per imparare a “cantare la vita”, come recita lo slogan del Meeting? Innanzitutto, la capacità di aggregazione, come spiega il Presidente Nazionale del Centro Sportivo Italiano, Donato Renato Mosella.

“Lo sport diventa mezzo di comunione, ogni volta che ci si incontra per allenarsi, per andare a fare una gara, ma anche per ritrovarsi la sera, per fare il punto, per organizzare al meglio la sede, la struttura per prepararre e attrezzare il campo. In più, lo sport ha delle grandi potenzialità ludiche, proprio di gratificazione psicologica pernaIe, di creatività, di spontaneità, perché ogni disciplina, ogni gesto sportivo, ogni linguaggio motorio è qualcosa di nuovo che sboccia in ogni momento. In questo senso, noi crediamo che lo sport sia educazione alla pace, alla tolleranza~ proprio per quello che avviene nella dinamica delle organizzazioni sportive.”

Ma perché la pratica sportiva riesca ad insegnare l’equilibrio tra giusta spinta alla competizione e consapevolezza dei propri limiti, qualcosa non deve essere trascurato ••• ribadisce lo stesso presidente nazionale del CSI.

“Noi crediamo che la grossa fatica sia quella di non trascurare mai la persona. Ogni qualvolta ci si allontana dalla persona, per cui si fa lo sport per il risultato, per lo sponsor, per i quattrini, si degenera. Ogni qualvolta, invece, si impegnano pensando che quello che facciamo, aiuta la persona, è in funzione della persona tutta, indipendentemente da quello che rende da quello che dà e da quello che offre, noi riusciamo a creare queste condizioni minime indispensabili in cui lo sport diventa un’occasione di gratuità, untoccasione di incontro di scambio e anche di benessere.

Alla vigilia dei mondiali di calcio del 1994

DA IERI SERA, IL VIA ALLA GRANDE AVVENTURA DELLA XV EDIZIONE DEI MONDIALI DI CALCIO

Servizio di Fausta Speranza

Sono le note di “Gloryland”, la musica dedicata all’avventura di questi Mondiali ’94. Come sempre ufficialità, trepidazione, attese, polemiche e curiosità di retroscena, accompagnano questo appuntamento quadriennale che – si sa – non è solo un evento sportivo. A noi piace definirla una manifestazio~e di costume, anzi dei vari cDstumi del mondo. E ci piace pensare che partecipare ad una competizione. che si definisce mondiale, ci può far sentire – per un mese – cittadini di questo mondo, di questo globo in cui, grazie alla tecnologia, si accorciano sempre di più le distanze tra i popoli, ma rimangono tante barriere che ostacolano una convivenza pacifica ed una equilibrata distribuzione delle risorse; in cui le comunicazioni e gli interscambi sono sempre più velocizzati, ma una cultura alla mondialità rimane ancora sostanzialmente solo un bel discorso.

In questo mondiale, in definitiva, faziosi ed appassionati come mai, non manchiamo di “tifare” ciascuno per le prorpio squadre, senza dimenticare, però, che lo facciamo in una arena mondiale. La dimensione della mondialità è una dimensione che dobbiamo imparare.

Cerchiamo dunque di accostarci un po’ alla macchina dei Mondiali, messa ormai in moto. Ascoltiamo Andrea Fusco, giornalista della RAI, che segue la manifestazione negli Stati Uniti:

La. scommessa più importante e difficile non è legata all’avvenimento sportiva ma a quello sociale: capire fino a che punto gli Stati Uniti si lasceranno coinvolgere dal Mondiale. E non stiamo parlando delle comunità (solo a New York sono presenti 178 etnie): tra italiani, ispanici, irlandese, tedeschi è impensabile un loro disinteresse. Ci riferiamo invece agli americani veri, che guardano con diffidenza al Soccer, perché gli sport che contano qui sono il football, il basket e l’hockey. Ma resta sempre un interrogativo: questa l5.ma edizione rappresenterà un investimento, con il calcio pronto a crearsi un suo spazio o saremo destinati – già tra qualche mese – a camminare come turisti tra i resti di un sport che non sarà mai americano?

LA SVOLTA POLITICA ITALIANA

– Intervista con padre Michele Simone –

L’Italia è ad una svolta politica. Nelle elezioni di domenica e lunedì scorsi gli italiani hanno scelto l’alleanza di destra. Il cosiddetto Polo della Libertà ha raggiunto la maggioranza assoluta alla Camera, con 366 seggi su 630, contro i 213 dei progressisti e i 46 del Centro. Per soli 3 voti è stato mancato un risultato analogo al Senato.

La 12.ma legislatura si parirà il 15 aprile con l’insediamento dele nuove Camere e l’elezioni dei rispettivi presidenti. Subito dopo il presidente del Consiglio, Ciampi, si dimetterà e inizieranno le consultazioni ufficiali.

Intanto l’attenzione è rivolta ai contrasti sulla guida del governo tra il leader della Lega, Bossi, da una parte, e il leader di Forza Italia, Berlusconi, e il leader di Alleanza Nazionale, Fini, dall’altra. In definitiva, se per la sinistra le elezioni hanno rappresentato una dura sconfitta, per il Centro di Segni e Martinazzoli hanno segnato una vera e propria disfatta. Ma che cosa ha spinto l’elettorato ad una così forte aggregazione a destra?

Ascoltiamo l’opinione di Padre Michele Simone, caporedattore di “Civiltà Cattolica”, nell’intervista di Fausta Speranza.

R – La grande capacità del dottor Berlusconi è .. stata quella di aver intuito che esisteva uno spazio di centro-destra e di averlo saputo occupare. Correlativamente, c’è stata anche una sconfitta preannunciata, cioè l’incapacità della coalizione di sinistra di presentarsi in maniera credibile allo elettorato moderato. In fondo, anche senza volerlo, la campagna elettorale della sinistra è stata finalizzata a mantenere i voti della sinistra. Un elettore conservatore o moderato non si capisce perché avrebbe dovuto votare la coalizione sinistra.

D –  Padre Simone, abbiamo detto che tanti idealmente legati più al centro che alla destra hanno aderito a questo centro-destra vedendo una forza di contrasto alla sinistra. Quali speranze e quali timori possono nutrire questi elettori?

R – Qui dipenderà un po’ dalla saggezza dei nuovi governanti, il non cadere nell’euforia della vittoria, cioè nel non rimanere schiavi dei progetti eccessivamente ispirati alla politica cosiddetta di Reagan e saper, invece, mitigare le asprezze del capitalismo selvaggio con gli opportuni ammortizzatori sociali, per salvare la pace sociale del Paese. In questo senso l’accordo tra sindacati, governo e confindustria sottoscritto all’epoca del governo Ciampi rappresenta un punto importante di passaggio per il futuro della società. Salvaguardare la pace sociale deve essere uno degli obiettivi del nuovo governo.

D –  Quale sarà il futuro del centro, in particolare che cosa dire a proposito della crisi attuale del Partito popolare?

R – Il Partito popolare ha avuto troppo poco tempo per poter far passare nell’elettorato la sua nuova realtà. E quindi è rimasto con l’immagine che la coalizione di centrodestra ha voluto appiccicargli sopra di partito eccessivamente di centro-sinistra e quindi aperto a una possibile coalizione con la sinistra. D’altro canto, l’appoggio al governo Ciampi compiuto per dovere nei confronti del Paese ha fatto sì che quella gran massa di cittadini che nella Democrazia Cristiana vedeva difesi gli interessi di una certa elusione fiscale, di una certa parziale evasione fiscale, non si è sentita più protetta, perché il bilancio statale non lo permette più, e ha visto quindi che la difesa dei propri interessi veniva assunta dal polo moderato.

D –  Quali prospettive ha questa nuova stagione?

R –  Rimane un punto interrogativo l’esistenza di una significativa presenza di un partito fatto di cattolici. E quindi il giudizio andrà dato sui singoli provvedimenti opponendosi a ciò che va contro la coerenza e i principi che ispirano un cattolico, accettando ciò che, da qualsiasi parte venga, sia nella linea indicata da questi principi.