Si fermano le armi in Tigray: verso la pace in Etiopia

L’Unione Africana commenta l’annuncio dell’accordo per il “cessate il fuoco” tra il governo dell’Etiopia e il Tigray People’s Liberation Front (TPLF) parlando di “una nuova alba”. È un primo passo fondamentale ma dopo lo stop ai combattimenti si deve proseguire il negoziato di pace, sottolinea il professore emerito GianLuigi Rossi, mettendo in luce che manca ancora anche la definizione dei tempi di attuazione

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Firmato a Pretoria, in Sudafrica, l’Accordo di pace tra il governo dell’Etiopia e il Tigray People’s Liberation Front (TPLF) per porre fine a due anni di conflitto nel territorio a nord del Paese africano. Nel comunicato congiunto diffuso ieri pomeriggio si legge che, oltre alla cessazione delle ostilità, il governo etiope e i ribelli hanno concordato di “rafforzare” la cooperazione con le agenzie umanitarie e un programma di “disarmo, smobilitazione e reintegrazione per i combattenti del Tplf”. “L’Unione europea è pronta a sostenere i prossimi passi”, ha scritto su Twitter il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel.

L’impegno sui due fronti

Un’intesa per la quale il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha espresso “forte” impegno nella sua attuazione. “La nostra determinazione a fare la pace rimane incrollabile e il nostro impegno a collaborare all’attuazione dell’accordo è altrettanto forte”, ha dichiarato Abiy in un “messaggio di gratitudine” ai mediatori dell’Unione Africana (Ua), pubblicato su il suo account Twitter. Da parte sua, il capo della delegazione del Tigray, Getachew Reda, ha sottolineato: “Solo la nostra determinazione collettiva impedirà ai eventuali perturbatori, anche nelle nostre stesse fila, di distruggere la pace”.

Si tratta di un ‘cessate il fuoco’ e non di un vero accordo di pace, sottolinea il professore emerito Gian Luigi Rossi, esperto di Storia dei Trattati internazionali e di Storia delle Istituzioni afro-asiatiche:

Secondo Rossi, l’indubbio successo raggiunto non può rappresentare la fine del processo di pace, ma il suo inizio. Spiega che indubbiamente si deve accogliere con favore l’accordo sulla cessazione delle ostilità in Etiopia ricordando l’importanza di questo grande Paese  e anche sottolineando il peso  all’interno di una regione strategica come il Tigray, una delle dieci regioni.

L’importante ruolo dell’Unione Africana

Rossi mette in luce in particolare il ruolo importante dell’Unione Africana nel processo di mediazione in questione e anche quello del Sudafrica che ha ospitato i colloqui. Aggiunge poi che troppo spesso si dimentica il potenziale dell’Unione Africana in termini di prevenzione delle guerre o appunto di operato per la risoluzione di conflitti. Tra l’altro – ricorda Rossi – in Tigray accanto all’esercito del governo centrale hanno operato le truppe della vicina Eritrea. Il negoziato dunque è stato complesso.

L’essenziale fase dell’attuazione

Dopo le felicitazioni per lo stop delle armi – chiarisce Rossi –  bisogna assicurare la decisiva fase di attuazione. È importante, dice, consolidare il primo passo verso una pace e una riconciliazione durature ed è anche prioritario garantire l’assistenza umanitaria e ripristinare i servizi di base. Ma soprattutto mette in luce l’assenza al momento di una indicazione di tempi per l’attuazione dell’accordo. Si tratta, afferma, di “un aspetto fondamentale”. Sarà determinante anche la pacificazione a livello sociale e per questo il professore auspica un intervento preciso sul terreno delle Nazioni Unite.

La prospettiva di pace

Il testo si accompagna ad una “Dichiarazione congiunta” che configura una sorta di road map politica. In otto pagine si parla, infatti, di salvaguardia della sovranità e di integrità territoriale dell’Etiopia, di rispetto della sua Costituzione e dell’unità del suo esercito nazionale. Si sottoscrive “un programma di disarmo e smobilitazione” delle forze tigriane che tenga conto della situazione della sicurezza sul terreno”Si evocano misure transitorie per “il ritorno all’ordine costituzionale” nel Tigray che quindi tornerebbe ad essere una regione/Stato dell’Etiopia federale.  È evidente che occorrerà ripristinare i servizi pubblici e riparare le infrastrutture e per questo si chiede “il sostegno della popolazione per un’attuazione flessibile di questo nuovo capitolo nella storia del Paese”.

L’appoggio dell’Onu

In una dichiarazione ufficiale, Stéphane Dujarric, portavoce del segretario generale dell’Onu António Guterres, ha sottolineato che “l’accordo è un primo passo fondamentale verso la fine del devastante conflitto di due anni in cui sono andate perdute vite e mezzi di sussistenza di così tanti etiopi. Il segretario generale esorta tutti gli etiopi e la comunità internazionale a sostenere il passo coraggioso compiuto dal governo federale dell’Etiopia e dalla leadership tigrina. Il Segretario generale si impegna a sostenere le parti nell’attuazione delle disposizioni dell’accordo e le esorta a continuare i negoziati sulle questioni in sospeso in uno spirito di riconciliazione, al fine di raggiungere una soluzione politica duratura, mettere a tacere le armi e a portare il Paese di nuovo sulla via della pace e della stabilità. Il segretario generale elogia l’Unione Africana e il suo Gruppo di Alto Livello per la facilitazione dei colloqui di pace e la Repubblica del Sudafrica per aver ospitato i colloqui di pace. Le Nazioni Unite sono pronte ad assistere le prossime fasi del processo guidato dall’Unione Africana e continueranno a mobilitare l’assistenza tanto necessaria per alleviare le sofferenze nelle aree colpite”.

L’allarme dell’Oms

Poche ore prima dell’annuncio dell’intesa, il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), l’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, aveva rivelato che “un gran numero di sfollati sta arrivando o si sta spostando verso la capitale regionale del Tigray, con bisogni in aumento di giorno in giorno” e che “migliaia di persone sono state uccise, con accuse di gravi violazioni dei diritti umani, compresi possibili crimini di guerra, commesse da entrambe le parti”.

https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2022-11/etiopia-cessate-il-fuoco-tigray-ribelli-governo-unione-africana.html

Ad Assisi, nella rassegna Libri e Musica, Il senso della sete

organizzato dalla Fondazione Sorella Natura

Venerdì 4 Novembre, ore 16.30
Palazzo Bonacquisti, Piazza del Comune Assisi

Fausta Speranza interviene insieme con Roberto leoni,  presidente di Sorella natura:

UmbriaEnsemble con Shakespeare e Preziosi a Faenza/Cellostar ad Assisi

fbb4d216 fbe0 8f1f f31e f10a2940f395(UNWEB) ‘La giovinezza è felice perché ha la capacità di vedere la bellezza. Chiunque sia in grado di mantenere la capacità di vedere la bellezza, non diventerà mai vecchio. Parola di Franz Kafka, o almeno così riferiva l’amico Gustav Janouch. Comunque sia, resta che l’idea di giovinezza è indissolubilmente legata a quella di bellezza e speranza. A qualcosa cui si tende necessariamente come un ideale che si vorrebbe veder realizzato.

Giovani e Bellezza (anche del Creato); felicità, energia, armonia e Musica: così il terzo appuntamento della rassegna Libri e Musica – ideata ed organizzata dalla Fondazione Sorella Natura con il sostegno della Fondazione Perugia – raccoglie la sfida e sintetizza questi fondamentali valori morali in un evento di Arte e Cultura. A Palazzo Bonacquisti, ad Assisi, prezioso scrigno di tesori artistici, Venerdì 4 Novembre un’originale e piacevole opportunità per vivere l’endiadi che giovani e bellezza compongono: a seguire la presentazione del libro “Il senso della sete” della giornalista Fausta Speranza – nota firma di varie testate e canali, tra cui Osservatore Romano, Limes, Radio Vaticana, RAI – si terrà infatti l’esibizione de I magnifici Cellostar, quindici giovanissimi violoncellisti, diretti dal M° M. Cecilia Berioli, con il M° Sergio Servadio (di ESM il cui prossimo CD, Kim, è in uscita imminente) “guest star” alle percussioni.

Quindici adolescenti, musicisti in erba, la cui bellezza risuona con emozione nelle corde del loro antico – e sempre nuovo – strumento e nelle musiche che, dal Rinascimento ad oggi, dalla Cina al Messico passando per l’Europa e gli USA, compongono, in un raccolto caleidoscopio di colori, un viaggio nella storia e nella geografia di un mondo sempre più globale. Quel mondo che Fausta Speranza richiama nelle sue emergenze e urgenze geopolitiche, e che noi consegniamo ai nostri giovani. Fiduciosi del fatto che, almeno loro, non perdano mai la capacità di vedere la bellezza.

‘La voce e la musica, in un crescendo d’emozione che rende il pubblico del Teatro Romano appassionato protagonista. Fa ancora una volta centro l’operazione di Alessandro Preziosi che ha portato al Festival Shakespeariano “Il mio cuore è con Cesare”, un riuscito adattamento dal Giulio Cesare di Shakespeare firmato da Tommaso Mattei. Un reading in cui l’azione scenica viene sostituita dalla forza della parola, accompagnata, scandita, integrata dalle musiche originali composte da Giacomo Vezzani e suonate dal vivo da UmbriaEnsemble, con Massimo Mercelli al Flauto e M. Cecilia Berioli al Violoncello e l’ausilio di elettronica live: una colonna sonora che segue il dipanarsi della narrazione dal di dentro, diventandone parte, caricando di tensione lo sviluppo della storia e emozionando lo spettatore. Sfida vinta, dunque, per Preziosi.’
Così, a firma di Alessandra Galetto, L’Arena – che con i suoi oltre 160 anni di attività è tra i più longevi quotidiani italiani – recensiva lo scorso Luglio il debutto di “Il mio cuore è con Cesare” al Teatro Romano di Verona. Ora, la felice rilettura shakespeariana torna in scena con un appuntamento importante: l’evento inaugurale della stagione teatrale di Emilia Romagna Festival Winter, al Teatro Masini di Faenza. E se il teatro – come diceva Strehler – è la parabola del mondo, questo spettacolo lo esprime al meglio.

I ritratti dei quattro protagonisti, Cesare, Marcantonio, Cassio e Bruto, sono in balia del flusso costante delle opinioni, governate a loro volta dall’arte oratoria. In questo incessante e inafferrabile mutare, i valori morali che erano stati il fondamento della Repubblica sembrano ormai volatilizzati. Il male che gli uomini compiono si prolunga oltre la loro vita; il bene, al contrario, spesso con le loro ossa. . Il male che gli uomini compiono si prolunga oltre la loro vita; il bene, al contrario, spesso viene seppellito con le loro ossa. E nel trascinante finale dell’orazione funebre di Antonio, il virtuosismo della parola trasforma il merito in colpa, la luce in ombra, la libertà nella sua negazione, in un gioco di specchi dove nulla è più come appare.

UmbriaEnsemble –
Fondazione Sorella Natura

Venerdì 4 Novembre, ore 16.30
Palazzo Bonacquisti, Piazza del Comune Assisi

“I magnifici Cellostar in Concerto”

UmbriaEnsemble –ERFestival Winter
Sabato 5 Novembre, ore 21
Teatro Masini, Faenza (RA)

“Il mio cuore è con Cesare”

https://umbrianotizieweb.it/cultura/42034-umbriaensemble-con-shakespeare-e-preziosi-a-faenza-cellostar-ad-assisi

L’appello dell’Ue per il Libano: no al vuoto istituzionale

In Libano il parlamento trovi l’accordo per eleggere un presidente: è l’appello dell’Alto rappresentante della politica estera Ue, Borrell, che ricorda la scadenza del mandato di Aoun e le emergenze socioeconomiche che vive il Paese dei cedri al terzo anno di grave crisi. Intanto si aggrava la preoccupazione per il diffondersi del colera

Fausta Speranza – Città del Vaticano

L’Alto rappresentante della politica estera Ue, Josep Borrell in una nota, ricorda che il 31 ottobre è scaduto il mandato del presidente del Libano Aoun e che dalle ultime elezioni generali di maggio non è nato alcun governo. Dopo quattro turni inconcludenti di votazioni parlamentari, non è stato eletto alcun candidato e la presidenza del Paese dei cedri è ora vacante. Borrell chiede, dunque, che si colmi il vuoto istituzionale eleggendo un capo di Stato. L’Ue mantiene l’impegno di continuare ad assistere il Libano e la sua popolazione affinché si possano avviare verso la ripresa e la stabilità che meritano. Allo stesso tempo, l’Ue esorta la leadership libanese ad assumersi le proprie responsabilità e ad agire”.

Crisi sociale ed economica

Questo vuoto politico si verifica mentre il Libano sta affrontando un deterioramento della situazione socio-economica. La volatilità istituzionale, unita all’instabilità economica, comporterebbe gravi rischi per il Libano e la sua popolazione. L’Ue invita ancora una volta la leadership libanese a organizzare le elezioni presidenziali e a formare un governo con la massima urgenza”.

Tra finanziamenti e sanzioni

“Nel luglio 2022, l’Ue ha rinnovato un quadro di sanzioni che consente di imporre misure restrittive a persone o entità che bloccano l’uscita dalla crisi libanese”, ricorda Borrell. “Per facilitare l’erogazione dei finanziamenti internazionali aggiuntivi e invertire la tendenza al deterioramento dell’economia libanese, è necessario raggiungere un accordo di erogazione con il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) e intraprendere, senza ulteriori ritardi, le riforme fondamentali attese da tempo.

Allarme colera

In Libano si aggrava l’epidemia di colera con 17 decessi e quasi 400 contagi nell’arco di tre settimane. Lo riferisce il ministero della sanità di Beirut, che ha oggi annunciato la donazione da parte della Francia di 13.000 dosi del vaccino per contrastare la malattia scomparsa in Libano nel 1993. L’Onu afferma che nella vicina Siria, Paese martoriato da più di 11 anni di guerra, l’epidemia manifestatasi a settembre ha ucciso finora almeno 75 persone con oltre 20.000 casi sospetti. I contagi in Libano si sono registrati dal 5 ottobre nei campi profughi siriani, luoghi dove le condizioni igienico-sanitarie sono particolarmente precarie. Nella conferenza stampa odierna a Beirut, il ministro della sanità Firas Abyad ha messo in guardia dai rischi che il colera possa diventare una malattia endemica nel Paese, afflitto da tre anni dalla peggiore crisi finanziaria della sua storia.

https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2022-11/libano-presidente-elezioni-colera-siria-borrell.html

Il pensiero del Papa al viaggio in Bahrein e l’appello alla pace

Fausta Speranza – Città del Vaticano

“Un Viaggio all’insegna del dialogo”: così il Papa, dopo la preghiera mariana dell’Angelus, ha parlato dell’impegno apostolico nel Regno del Bahrein, dove si recherà tra due giorni e dove si tratterrà fino a domenica 6 novembre. E ha espresso ringraziamenti:

Già da ora desidero salutare e ringraziare di cuore il Re, le Autorità, i fratelli e le sorelle nella fede, e tutta la popolazione del Paese, specialmente quanti da tempo stanno lavorando alla preparazione di questa visita.

L’auspicato abbraccio tra Oriente e Occidente

Papa Francesco ha spiegato che parteciperà a un Forum che rappresenta “un’occasione proficua”:

Parteciperò infatti a un Forum che tematizza l’imprescindibile necessità che Oriente e Occidente si vengano maggiormente incontro per il bene della convivenza umana; avrò l’opportunità di intrattenermi con rappresentanti religiosi, in particolare islamici. Chiedo a tutti di accompagnarmi con la preghiera, perché ogni incontro e avvenimento sia un’occasione proficua per sostenere, in nome di Dio, la causa della fraternità e della pace, di cui i nostri tempi hanno estremo e urgente bisogno.

L’appello alla pace per l’Ucraina

Parlando di fraternità e di pace, Papa Francesco ha rinnovato per l’ennesima volta il suo invito a pregare per la martoriata Ucraina:

E cari fratelli e sorelle, per favore, non dimentichiamoci della martoriata Ucraina: preghiamo per la pace, preghiamo perché in Ucraina ci sia la pace.

https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2022-11/papa-francesco-angelus-bahrein-ringraziamenti-pace-ucraina.html

Ancora naufragi nel Mare Nostrum di decine di migranti

Si ripete la tragedia nel Mar Mediterraneo: una imbarcazione salpata dalla Turchia si è inabissata nello stretto di Kafireas, poche ore dopo che le guardie costiere greche erano intervenute per cercare di salvare le persone su un’altra imbarcazione alla deriva. Si parla di decine e decine di migranti irregolari dispersi mentre altrettanti chiedono da giorni di poter salpare in porto sicuro dalle navi che li hanno soccorsi nella traversata

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Una barca a vela su cui stavano viaggiando circa 68 migranti, salpata dalla Turchia, è naufragata nelle prime ore di questa mattina nello stretto di Kafireas, tra le isole di Andros e Evia. Lo riferisce la Guardia costiera greca, impegnata nelle operazioni di ricerca e salvataggio dei migranti. Nove uomini, che si erano inizialmente messi in salvo su un isolotto, sono stati soccorsi dalle autorità greche, ma, in base ai racconti dei sopravvissuti, sull’imbarcazione avrebbero viaggiato almeno 68 persone. L’operazione di soccorso è iniziata dopo che i passeggeri del natante avevano lanciato una richiesta di soccorso alla linea di emergenza greca del 112, ostacolata, però, dalle condizioni meteorologiche avverse, in particolare da venti di oltre 30-40 nodi di velocità.

Nazionalità e lidi diversi per un solo dramma

Secondo quanto riferito dalla televisione greca Ert, l’imbarcazione sarebbe salpata dalla città costiera turca di Izmir e la maggior parte dei passeggeri sarebbe originaria dell’Afghanistan, dell’Iran e dell’Egitto. Intanto proseguono le ricerche di almeno otto persone dopo un altro naufragio avvenuto ieri pomeriggio, al largo dell’isola greca di Samos. Per ora la Guardia costiera ha soccorso quattro sopravvissuti che hanno raccontato di avere viaggiato in dodici sulla barca naufragata. Nei primi otto mesi dell’anno, la Guardia costiera greca ha dichiarato di avere soccorso circa 1.500 persone: un numero in evidente aumento rispetto a quello dell’anno scorso, quando meno di 600 persone sono state messe in salvo dalle autorità greche. Mentre a inizio mese due distinti naufragi a largo delle isole greche di Lesbo e di Citera hanno portato alla morte di almeno 27 persone.

Dalla Spagna giunge notizia del recupero dei corpi senza vita di due migranti la scorsa notte in acque di Almeria, città del sud: lo riportano l’agenzia di stampa Efe e il giornale locale Diario de Almeria. Secondo fonti di polizia, le due persone sarebbero annegate dopo aver viaggiato su un’imbarcazione di fortuna insieme con altri migranti. A detta di testimoni consultati dagli inquirenti, uno scafista li avrebbe costretti a sbarcare rapidamente, e in condizioni insicure, dopo essersi accorto che le forze dell’ordine lo stavano inseguendo.

Navi in attesa

Tre navi umanitarie sono da giorni in acque internazionali con 985 migranti soccorsi complessivamente, in attesa di un porto. La Humanity 1 (179 soccorsi), la Ocean Viking (234) e la Geo Barents (572). I portavoce di Medici senza frontiere, che gestisce la Geo Barents, spiegano che dalla nave sono state inviate quattro richieste per un ‘place of safety’ a Malta ed una all’Italia senza ottenere risposta.

A Lampedusa si rinnova l’emergenza

Sono 1.221 i migranti alloggiati all’hotspot di Lampedusa. Nonostante i quotidiani sforzi della Prefettura di Agrigento per trasferire gli ospiti della struttura di prima accoglienza a Porto Empedocle, i padiglioni di contrada Imbriacola – che possono ospitare 350 persone – restano nel caos. Si attende di trasferire, con il traghetto di linea, 110 migranti.

https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2022-11/migranti-navi-irregolari-grecia-naufragio.html

Lula da Silva torna alla presidenza del Brasile

Dopo il ballottaggio che gli riconosce la vittoria sul presidente uscente Bolsonaro, con un margine di 2 milioni di voti, Lula nel primo discorso ha dichiarato che la missione principale del suo mandato è combattere la fame in Brasile. Il professor Morlino, docente alla Luiss ed esperto di America Latina: “Nel Paese così profonde le diseguaglianze economiche, paragonabili al Sudafrica, che rendono comprensibile la polarizzazione palesatasi nel voto”

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Dal ballottaggio presidenziale che si è svolto ieri, esce vincitore il leader della sinistra, Luiz Inacio Lula da Silva che diventerà, dal 1° gennaio 2023, capo dello Stato brasiliano per la terza volta. Lula ha battuto l’attuale presidente Jair Bolsonaro (Pl, destra).  Il Tribunale superiore elettorale ha ufficializzato la vittoria: col 98,86 per cento del totale delle sezioni scrutinate, Lula ha ottenuto il 50,83 per cento dei voti (59.596.247), contro il 49,17 per cento di Bolsonaro (57.675.427).

Il primo discorso programmatico di Lula

“Se siamo il terzo produttore di cibo al mondo e il primo di carne, abbiamo il dovere di garantire che ogni brasiliano possa fare tre pasti e non dormire per strada”. Così Lula, nel suo primo discorso dopo il voto, parla di ruota dell’economia che tornerà a girare, di “salario giusto” e di “democrazia reale, concreta, con crescita economica ripartita in tutta la popolazione perché – dice – così la democrazia deve funzionare, non per perpetuare le diseguaglianze”. Critica “razzismo e pregiudizio”, annuncia libertà per tutte le religioni e politiche per l’inclusione delle donne, promette di governare per 215 milioni di brasiliani, affermando che “non ci sono due Paesi ma una sola grande nazione”. Di fatto si è trattato dell’elezione, con il voto il 2 ottobre e il ballottaggio domenica 30 ottobre, più polarizzata nella storia del Brasile.

Un ministero per i popoli originari

E poi lancia un messaggio all’esterno: si impegna con la comunità internazionale a promuovere partenariati ma – sottolinea – per un commercio globale “più equo”. Critica “gli accordi commerciali che a suo dire condannano il Paese ad essere “un eterno esportatore di merci e materie prime”. C’è anche l’impegno per l’Amazzonia: “Monitoreremo e sorveglieremo l’Amazzonia, dove combatteremo ogni attività illegale. Allo stesso tempo promuoveremo lo sviluppo sostenibile delle comunità dell’Amazzonia”, dice il neo presidente nel suo discorso di accettazione, impegnandosi a istituire un ministero per i popoli originari del Brasile, che sarà gestito da un indigeno.

Per Lula è il terzo mandato, dopo i due tra il 2003 e il 2011

Per Luiz Inacio Lula da Silva è il terzo mandato dopo i primi due dal 2003 al 2011, anno in cui ha passato il testimone alla compagna dello stesso Partito dei lavoratori Dilma Rousseff. Entrambi sono stati poi travolti dall’inchiesta per corruzione costata a Lula 580 giorni di prigione, prima dell’annullamento di tutte le sentenze a suo carico.

Un Paese sempre più segnato da diseguaglianze

Intanto il Paese è cambiato, come spiega il professor Leonardo Morlino, docente di Scienza della Politica all’Università Luiss ed esperto di America Latina:

Il Brasile – spiega il professor Morlino – vive una situazione di così profonde diseguaglianze economiche, paragonabili al Sudafrica, che giustificano in qualche modo la polarizzazione che si è palesata nel voto presidenziale. L’immagine è di un Paese spaccato a metà. Morlino sottolinea che Lula è stato presidente dal 2002 al 2010 e che rispetto a quel periodo oggi il gigante sudamericano si trova in una condizione di maggiore debolezza internazionale. Il Brasile esporta prevalentemente materie prime alimentari o energetiche (soia, ferro, petrolio), i cui prezzi sono estremamente volatili. Il suo principale cliente è la Cina, destinataria di una quota di export brasiliani ben superiore a quella del secondo maggior cliente, che sono gli Stati Uniti. Proprio Pechino e Washington, dunque, sono i due punti di riferimento tra i quali oscillano le relazioni internazionali del Brasile da anni. La Russia è il primo esportatore di fertilizzanti al mondo e a inizio millennio il presidente Putin poteva rappresentare una sponda per il Brasile ma dopo l’invasione dell’Ucraina tutto è cambiato, afferma l’esperto.

Il sogno dell’integrazione dell’America Latina

Secondo il professor Morlino, il contesto internazionale non lascia intravedere sviluppi in tema di auspicata integrazione dell’America Latina. Nessun Paese latinoamericano ha le potenzialità o la stabilità per esercitare una leadership regionale, per non parlare delle conseguenze economiche del Covid-19, della guerra d’Ucraina e del rialzo dei tassi negli Stati Uniti, che sono tutti fattori negativi per tutti. Dagli elettorati, più del sostegno convinto alle proposte di alcuni partiti, sembra emergere l’insoddisfazione per i leader in carica.

L’estremizzazione lontana dalla cultura locale

Il professor Morlino mette in luce quanto l’evidente processo di continua polarizzazione del discorso politico in Brasile, legato alle profonde spaccature all’interno del Paese, segni un allontanamento dalla secolare e tradizionale cultura brasiliana riassunta anche dal termine jeitinho. Si tratta in realtà di un concetto complesso che può avere sfumature anche negative sotto l’aspetto dell’arte di arrangiarsi, ma che incarna senza dubbio l’idea di un carattere improntato alla morbidezza del linguaggio, al rifiuto dell’estremismo, all’attitudine all’accordo. Tutto questo – afferma Morlino – ha aiutato finora il livello di coesione raggiunto da decenni nel vasto Paese. E la perdita, a vantaggio dell’esasperazione generale della popolazione, potrebbe significare il rischio di un’escalation di tensioni.

Silenzio stampa di Bolsonaro

Sconfitto al ballottaggio, il presidente uscente del Brasile Jair Messias Bolsonaro sta finora mantenendo il silenzio senza pronunciarsi sul risultato delle elezioni. Il leader di destra “non risponde alle telefonate di nessun alleato politico”, hanno riferito ai media alcuni suoi collaboratori. Nessuna dichiarazione neanche da parte dei suoi figli, in particolare di Eduardo Bolsonaro, che cura la sua comunicazione sui social, sottolinea la stampa locale. Entrato in politica nel Partito Cristiano-Democratico di posizioni fortemente conservatici, poi approdato in diverse formazioni della destra brasiliana, Bolsonaro è stato eletto per la prima volta in Parlamento nel 1991 a Rio de Janeiro, occupando un seggio che da allora ha continuato a detenere.

Il primo capo di Stato della sesta Repubblica non rieletto

Nel corso della sua carriera parlamentare a Brasilia, Bolsonaro si è distinto per i suoi interventi in difesa del potere militare, per le proposte per la reintroduzione della pena di morte abolita nel 1988, per proposte choc come quella del 2008 per la risoluzione del problema della povertà attraverso la sterilizzazione degli indigenti. Bolsonaro ha visto trasformate in leggi dello Stato solo due delle 173 proposte presentate in Parlamento nei suoi 27 anni di attività parlamentare. Nel 2014 è stato rieletto come deputato più votato di Rio de Janeiro con 464 mila voti per poi diventare una figura centrale nella politica brasiliana fino alla presidenza del Paese dal 2018. è il primo presidente della recente fase storia del paese definita della sesta Repubblica, a presentarsi per un secondo mandato e a non essere rieletto.

https://www.vaticannews.va/it/mondo/news/2022-10/brasile-presidente-lula-bolsonaro-fame-materie-prime.html

 

A mio padre

Dopo l’ultimo abbraccio terreno a mio padre il 10 ottobre 2022, in  occasione delle esequie ho espresso questo saluto che in tanti mi hanno chiesto di condividere. Lo faccio su questo sito che proprio mio padre ha pensato e curato per me:

Papone,

tra tanti preziosi insegnamenti – che non muoiono – mi hai fatto capire che non si parla di sé, che le persone che ti vogliono bene non sono abbastanza  oggettive e che alcune circostanze nascondono l’insidia della retorica. Allora, per ricordarti, scelgo l’espressione di un tuo collega e di tempi non sospetti, anni fa. Tu eri pensionato da un po’ e lui, incontrato per caso solo una volta, mi disse: “Tuo padre è un uomo giusto”. Aggiunse: “Eravamo all’opposto in quanto a ideologie politiche ma non faceva mai discriminazioni o favoritismi a nessuno, mai una scelta o una parola dettate da tornaconto personale”. Come raccontarti meglio di così?

Basta, però, con i complimenti: non li amavi e negli anni ho capito perché. I complimenti rischiano di riempire spazi che sono per altro: per il desiderio di essere migliori. Allora ti ricordo quando non sei stato ‘giusto’. Non sei stato equo quando si è trattato di occuparsi della salute di mamma e di quella tua: sei stato squilibrato su di lei. Ed è stata ‘sbilanciata’ anche la cura che hai avuto nell’educare mia sorella Laura e me: ci volevi, e ci vuoi, dolci e generose come il migliore femminile e forti e autonome come il migliore maschile. Ed è stato meravigliosamente esagerato il tuo abbraccio a tua nipote Giulia! peraltro ricambiato da infinito affetto e da un’inusuale confidenza su tutto.

Così come era fuori misura la tua passione civile. In tutti, ma proprio tutti, i messaggi dei tuoi compagni di scuola torna la definizione di un uomo di ideali.

E’ che l’amore, se è amore, fa saltare bilance e bilancini, travolge come un fiume in piena  – e poco importano gli errori – proprio come i tuoi discorsi sulla fraternità e la giustizia sociale.  E non erano solo parole. Quando, oltre alle cure, lo Stato ti ha offerto come a tutti per la malattia un sussidio economico, tu senza esitazioni e con poche parole hai rifiutato spiegando che c’era chi ne aveva più bisogno.

L’amore è come il fuoco che non si modera se non trova argini. E la fiammella che arde dentro di noi, quella tensione verso il Bene, – anche se in vita non lo riconosciamo –  è il riflesso di un fuoco più forte, è la nostalgia di un Amore più grande, è anelito all’Assoluto. Con Sant’Agostino, credo profondamente che sia che  viviamo sia che moriamo siamo del Signore, di quell’Amore infinito. Accade come per la goccia d’acqua che ha un solo modo per non prosciugarsi: tornare al mare.

Chiudo ricordando il nostro ultimo scambio. Parlavamo del fatto che fin da bambina ti ho chiamato molto più spesso papone che papà. Mi hai regalato l’ultimo sguardo di simpatica sfida chiedendomi la differenza e io ti ho spiegato di getto che un papà ama, un papone ama esageratamente. E mi hai regalato l’ultimo bellissimo ironico sorriso quando ho aggiunto quello che ti ripeto parafrasando Totò: papone si nasce e non si diventa e tu modestamente puoi dire ‘lo nacqui’.  Grazie papone

Tra i finalisti del Premio europeo Caruana Galizia

Il video reportage “La discarica della vergogna”, firmato da Fausta Speranza con la regia di Stefano Gabriele e pubblicato sul sito www.MeridianoItalia.tv il 22 febbraio 2022,  e’ tra i 10 finalisti del Premio Daphne Caruana Galizia 2022 del Parlamento europeo.  Il 19 ottobre prossimo a Strasburgo si svolge la cerimonia di premiazione, in ricordo della giornalista maltese uccisa nel 2017 per le sue denunce di delitti ambientali e corruzione.
Questo il link per rivedere il reportage “La discarica della vergogna”:
https://www.meridianoitalia.tv/index.php/ambiente/460-la-discarica-della-vergogna

Tante e vive le testimonianze del carisma scalabriniano

In vista della canonizzazione di Giovanni Battista Scalabrini il 9 ottobre a Piazza San Pietro, da tutto il mondo emergono storie di straordinario impegno nell’accoglienza e nell’integrazione dei migranti. I frutti dell’esempio del vescovo fondatore delle congregazioni di san Carlo Borromeo emerge nelle parole della Superiora, Suor Neusa de Fatima Mariano, e nei racconti di suor Lina Guzzo

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Attualità ed essenzialità del carisma delle Congregazioni dei Missionari di San Carlo Borromeo e delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo Scalabriniane sono emerse questa mattina nella conferenza stampa tenutasi all’Istituto Maria Bambina di Roma. Tra i partecipanti, il postulatore padre Graziano Battistella ha chiarito che il miracolo riconosciuto a Scalabrini riguarda la guarigione di una suora che soffriva di cancro. Il Papa – ha ricordato – è stato d’accordo nel riconoscere la santità anche in presenza di un solo miracolo, indicando la via della dispensa per il secondo miracolo di solito previsto e consultando tutti i cardinali. Monsignor Benoni Ambarus, Segretario della Commissione Episcopale per le migrazioni della Cei, ha messo in luce tutto l’apprezzamento dei vescovi italiani per l’impegno missionario sulla scia del carisma scalibriniano e l’importanza della felice collaborazione in atto.  E’ poi intervenuto monsignor Pierpaolo Felicolo, Direttore generale della Fondazione Migrantes. Accanto a Padre Leonir Chiarello, Superiore Generale dei Missionari di San Carlo Borromeo Scalabriniani, ha spiegato come la presenza degli scalabriniani sia focalizzata in particolare sulla seconda fase di accoglienza: dopo l’emergenza dell’arrivo, è importante un impegno di più ampio respiro. La missionaria Giulia Civitelli ha ricordato l’esperienza dei missionari secolari.

Un carisma più attuale che mai

Giovanni Battista Scalabrini, vescovo fondatore delle congregazioni dei missionari e delle suore di san Carlo Borromeo, è stato proclamato beato da papa Giovanni Paolo II il 9 novembre 1997 e domenica 9 ottobre prossima sarà canonizzato con una cerimonia a San Pietro. Profondamente colpito dal dramma di tanti italiani costretti ad emigrare negli Stati Uniti e nell’America del Sud alla fine dell’‘800, non resta indifferente: sensibilizza la società e manda i suoi missionari e le sue missionarie per aiutare e sostenere gli emigranti nei porti, sulle navi e all’arrivo nei nuovi Paesi. La sua canonizzazione  aiuta a comprendere come la comunità cristiana debba ancora oggi essere impegnata nell’accoglienza e nell’integrazione dei migranti in vista di una società più fraterna.

Un faro per chi guarda all’umanità sofferente

È considerato dunque un padre per tutti i migranti e i rifugiati. Così lo ricorda suor Neusa de Fatima Mariano, Superiora della Congregazione delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo Scalabriniane: “ad oltre un secolo dalla morte di Giovanni Battista Scalabrini – sottolinea  suor Neusa – la sua vita è ancora un faro per chi nel mondo è al servizio dell’umanità più sofferente: quella migrante. Dopo aver fondato nel 1887 i Missionari di San Carlo Borromeo – spiega –  il Vescovo di Piacenza sapeva che la loro opera era incompleta, specialmente nel Sud America, senza l’aiuto delle Suore”. Sostenuto dalla Beata Assunta Marchetti e dal Servo di Dio padre Giuseppe Marchetti, nel 1895 dà vita alla Congregazione delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo, riconoscendo il grande valore che le donne consacrate potevano portare al suo progetto missionario nel mondo.

Il volto femminile della missione

Siamo l’espressione del volto femminile del carisma scalabriniano rivolto ai migranti, afferma suor Neusa. “Abbiamo una sensibilità particolare, sentiamo e capiamo tutti i disagi che una donna può vivere nel viaggio migratorio, viaggio che rende le donne e i bambini più fragili e vulnerabili”. “Sono nata in Brasile – racconta – e ho lavorato per molti anni con i bambini e i ragazzi, nella formazione cristiana; ero catechista nella mia parrocchia e appartenevo ai gruppi giovanili, ma c’era nel mio cuore il desiderio di fare qualcosa di più grande e di consegnare tutta la mia vita al servizio di Dio. Ho fatto delle ricerche sulle congregazioni presenti nella zona di San Paolo e mi hanno colpito molto le suore scalabriniane. Le ho incontrate ed erano veramente felici e accoglienti. Ho sentito che quello era il luogo dove il Signore mi chiamava. In seguito, ho conosciuto la spiritualità di Scalabrini, la sua capacità di vedere nei migranti il Signore e di lavorare per il loro bene. Sono diventata così una suora scalabriniana a 21 anni. Una delle mie prime missioni è stata nelle periferie di San Paolo, nelle favelas. Incontravamo i migranti e mi sorprendeva la loro speranza, il loro coraggio e la fiducia che avevano nel Signore, in vista di una vita migliore. Aprivano le loro case e nella semplicità offrivano quello che avevano, nonostante la loro situazione di povertà. Ci raccontavano – prosegue suor Neusa – la loro storia, le sofferenze vissute nel percorso della migrazione. Nel mio essere suora scalabriniana è sempre stato importante fare il primo passo verso l’altro, ascoltarlo, entrare in comunione profonda con la loro realtà; gioivo quando vedevo che le persone uscivano dal loro isolamento, dalla loro tristezza”.

Un impegno mondiale

“Siamo presenti in 27 Paesi con oltre 100 missioni animate dalla spiritualità di Scalabrini”,  ricorda la Superiora sottolineando: “In ogni persona vediamo un figlio di Dio e cerchiamo di vivere il mistero dell’Incarnazione nelle varie realtà della migrazione. La nostra scelta è quella di rivolgerci in modo particolare alle donne e ai bambini rifugiati, essere migranti con i migranti, compagne nel loro cammino”.

Una casa di accoglienza a Roma

Si chiama Chaire Gynai, che in greco significa ‘Benvenuta, donna’, la casa aperta a Roma. La Superiora suor Neusa racconta che nell’abbraccio di una mamma che la ringraziava ha sentito lo scopo della missione: “offriamo loro la possibilità di una vita che riconosca la loro dignità e apra strade verso nuove opportunità”. Il carisma scalabriniano nel mondo è testimoniato attraverso le azioni socio- pastorali, si manifesta nella solidarietà con chi vive il dramma della migrazione, tutto mira a creare comunione, essere sorelle con, per e tra i migranti e i rifugiati. In questi ultimi anni è nato il progetto specifico del ‘Servizio Itinerante’, presente nei luoghi di frontiera, dove c’è più sofferenza: a Roraima in Brasile, nel confine settentrionale e meridionale del Messico, a Ventimiglia in Italia e a Pemba in Mozambico”.

Saper ascoltare e cambiare

“La migrazione arriva – mette in luce suor Neusa – e porta con sé dei cambiamenti strutturali: accogliere i migranti è avere questa capacità di ascolto. Aprirsi all’altro implica di condividere il nostro spazio, le nostre città, ma anche saper valorizzare la bellezza che ognuno porta in sé. Entrare in relazione con i migranti significa anche sapersi commuovere davanti al dolore, così come ha fatto Scalabrini vedendo gli emigranti italiani partire verso l’America. Noi donne – aggiunge – siamo molto più sensibili alla sofferenza degli altri. A partire dal nostro modo di essere donna, cerchiamo di far rifiorire la creatività scalabriniana con i migranti e i rifugiati che non trovano risposte alle loro problematiche, alle loro ferite e cerchiamo di accompagnarli nel loro cammino come fa Gesù, il buon samaritano. Il dolore dei migranti diventa anche il nostro dolore, così pure anche la loro speranza è la nostra speranza. Questo ci ha insegnato Scalabrini”.

Il valore della canonizzazione

“Scalabrini era innamorato del mistero dell’Incarnazione di Dio – chiarisce suor Neusa – e contemplava continuamente il Figlio di Dio che si fa uomo per rivelare l’amore del Padre e per riconsegnare a Lui l’umanità rinnovata. Era un uomo tutto di Dio e per Dio. Ha fatto tesoro della cultura dei migranti, della ricchezza che portavano con sé, al punto di dire: ‘Nel migrante io vedo il Signore’. Abbiamo ricevuto questa eredità, un carisma per il tempo di oggi. Quando leggiamo i suoi scritti, ci accorgiamo che sono ancora attuali. Era anche un uomo d’azione: ha saputo coinvolgere la Chiesa, lo Stato, i laici, i missionari, noi suore scalabriniane affinché tutti potessero fare la loro parte. È bello che la sua canonizzazione arrivi in questo tempo forte di migrazioni. È un segno importante che il Papa vuole dare a tutta la Chiesa e a tutta l’umanità, una chiesa che accoglie e cammina con i migranti e i rifugiati”.

Suor Lina Guzzo,  missionaria scalabriniana di 57 anni, oggi vive a Messina aiutando la comunità dello Sri Lanka e delle Filippine ad integrarsi, Il suo racconto comincia ribadendo che “ogni migrante è figlio di Dio”: “È il 2016 – riferisce suor Lina – quando due fratelli, Ahmed e Fadil (nomi di fantasia), arrivano al porto di Reggio Calabria, dopo essere stati soccorsi in mare dalla Guardia Costiera. Fadil ha solo 15 anni, è stato picchiato, ha ferite e lividi in tutto il corpo e deve essere portato in ospedale, ma lui non vuole. Sa che se lascia ora suo fratello maggiore, verrà trasferito chissà dove e non lo rivedrà più. È in questo momento di disperazione che Fadil incontra suor Lina Guzzo, missionaria scalabriniana. “Non ti preoccupare, vengo in ospedale con te”, dice suor Lina. Per tutta la notte, Fadil piange disperato, mentre suor Lina chiama ripetutamente la Guardia Costiera per essere sicura che Ahmed non venga trasferito in qualche struttura. “Le mie braccia erano segnate dalle sue unghie, mi stringeva e mi ripeteva di non allontanarmi”, ricorda suor Lina.   Al mattino Fadil viene dimesso e suor Lina lo accompagna al porto. Ahmed non si è mosso da lì per tutta la notte. I due fratelli si abbracciano, si baciano, piangono di gioia. “Tutti avrebbero dovuto essere testimoni di quel momento, anche qualche politico. Questi ragazzi avevano affrontato l’abbandono della loro famiglia, il viaggio lungo il deserto, il carcere in Libia, la violenza, la morte in mare dei loro compagni e poi, una volta che sembrava che ce l’avessero fatta, la paura di non rivedersi più. In quell’abbraccio c’era tutta l’umanità, c’era tutta la speranza di una nuova vita. A volte basterebbe avere il rispetto del dolore altrui. Sotto quella pelle di altro colore, c’è il grande dono di una vita ricevuta, ci sono dei figli di Dio”, racconta suor Lina, che da missionaria ha trascorso 57 anni a fianco di chi emigra: dagli italiani in Svizzera, ai profughi del Kosovo in Albania e ai migranti africani in Portogallo e in Italia”.

Senza nessuna barriera

“Non importa se sono cattolici o musulmani o indù – ribadisce suor Lina – hanno una fede, credono in qualcuno al di sopra di loro che è presente nella loro vita. Noi abbiamo ricevuto dal vescovo e santo Giovanni Battista Scalabrini il carisma di servire i migranti, dobbiamo conoscere l’umanità per poterla accompagnare e conoscere noi stesse per essere davvero missionarie con queste persone”.

L’esperienza in Calabria

Per anni suor Lina è stata “l’animatrice del porto di Reggio Calabria”. Così la chiamavano i volontari che insieme a lei e alle altre sorelle accoglievano i migranti. Di questa esperienza racconta: “Sbarcavano anche 900 persone in un giorno, molti erano minori non accompagnati. La sera prima ci avvisavano del loro arrivo e noi ci facevamo trovare all’alba cariche di ciabatte, vestiti, brioches, succhi di frutta. Davamo loro la mano e chiedevamo della loro famiglia. Con i gesti ci si capiva e provavamo a togliere loro di dosso la paura. Spesso non sapevano neanche dove si trovavano. Trascorrevo il giorno e la notte con loro nelle tende o in ospedale”. Suor Lina ricorda un giorno in cui passava tra i ragazzi appena sbarcati distribuendo dei viveri. “Uno di loro mi guardava con gli occhi sbarrati e ripeteva: “Ho fame”. Erano assetati e affamati, ma io avevo appena terminato le brioches. Ero molto dispiaciuta e un suo compagno di viaggio allora mi disse in portoghese: “Mamma, non ti preoccupare perché da oggi noi mangiamo la libertà”. Questa frase è rimasta come pietra scolpita nel mio cuore e mi ha fatto capire quanto è importante per loro arrivare qui, in Paesi democratici, e costruire una vita dignitosa”.

La guerra in Kosovo

Gli anni più difficili sono stati quelli della guerra in Kosovo. Le suore missionarie scalabriniane hanno accolto i profughi nella loro casa in Albania, a Scutari: “Ospitavamo 50 persone, 36 erano minori. Ho dovuto riconoscere persone uccise con la testa piena di pallottole. Ho assistito alla morte di donna, madre di un bambino piccolo, a cui hanno sparato alla schiena. Quando è arrivato il marito, ho pensato: “Adesso cosa faccio, mio Dio?”. Ma dopo lo sconforto  e anche la paura – assicura suor Lina – arriva la fede, la consapevolezza che non finisce tutto così: “C’è un Dio che ti dà la forza di andare avanti nella tua vocazione”.

Un pensiero personale: “Sono vicepostulatrice della canonizzazione e sono riconoscente a Papa Francesco che ha scelto di dare alla Chiesa un modello come Scalabrini. È un regalo grande che Dio fa ai migranti, agli scartati, ai rifiutati dal mondo che hanno bisogno di essere accolti e di ricevere il confronto della fede”.

https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2022-10/canonizzazione-scalabrini-carisma-missione-migranti-rifugiati.html

Su Democrazia Futura la recensione di Cecilia Clementel

Le conseguenze dell’eccesso del relativismo e della guerra alle tradizioni culturali

La psichiatra e psicoterapeuta Cecilia Clementel presenta il saggio della giornalista di Radio Vaticana Fausta Speranza, Il Senso della sete. L’acqua tra diritti non scontati e urgenze geopolitiche, sottolineando che “Cura dell’ambiente e cura dell’essere umano [sono] due impegni inseparabili”.

4 Ottobre 2022

Le foto del pianeta terra sono blu perché l’acqua ricopre il 71 per cento del pianeta, di acqua si compone il corpo umano (nella proporzione del 50 per cento nelle donne e 60 per cento negli uomini). Il libro Il Senso della Sete[1] è una panoramica di temi: parte dal ciclo dell’acqua e gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 per uno sviluppo sostenibile, tratta di tematiche ecologiche come lo scioglimento dei ghiacci, i conflitti per ‘l’oro blu’ in Africa e Medio Oriente (il Nilo e l’Eufrate), i rischi di alluvioni, la carenza di acqua potabile per una gran parte della popolazione del globo.

Giornalista di Radio Vaticana, Fausta Speranza collabora con diversi giornali e si occupa di politica internazionale e comunicazione. Si prendono le mosse dall’Enciclica papale Laudato sì del 2015 che vede il creato come bene comune che Dio ci affida come dono da proteggere e non solo da sfruttare. Come introduzione al libro troviamo una lettera del Papa all’Autrice e quattro introduzioni da parte di altrettanti professori universitari: un economista, un costituzionalista, uno studio di affari internazionali, un esperto di innovazione tecnologica. Mi soffermo sull’introduzione di Vandana Shivanotissima ed influente economista-ecologista indiana che ricorda come l’India sia nutrita concretamente ma anche spiritualmente dal Gange: ‘I fiumi sono sacri’.

Il tema della sacralità della natura e della necessità di un diverso rapporto fra umanità e il mondo naturale è un filo che lega i capitoli del libro che variano da l’acqua in borsa, acqua e salute, il ruolo delle risorse idriche nei processi di industrializzazione al fatto che nel XX secolo i consumi di acqua sono aumentati di dieci volte e dovunque si estendono i deserti.

Le risorse idriche figurano come strumenti anche nelle guerre e le pandemie sono effetti collaterali delle catastrofi ecologiche, tali pandemie hanno illuminato le carenze dei sistemi sanitari e gli effetti negativi di privatizzazioni selvagge.

Le siccità hanno anche conseguenze politiche ed economiche: migrazioni e sommosse, storicamente siccità hanno condotto all’abbandono di centri urbani e al collasso di importanti civiltà mesoamericane.

Accanto alla sorprendente ricchezza di informazioni[2] è presente in questo libro un discorso storico (le tematiche vőlkisch di naturalismo romantico, misticismo, darwinismo sociale e razzismo durante la Repubblica di Weimar confluite nel credo nazista) e ideologico. Speranza sostiene che volendo estirpare le radici della violenza la cultura occidentale contemporanea ha mosso guerra alle tradizioni culturali, i criteri estetici e le norme etiche e religiose prevalenti nell’era moderna, dilatando a dismisura lo spazio dei diritti a scapito dei doveri.[3]  Vengono criticati gli eccessi del relativismo culturale, del libertarismo che riduce il soggetto ad una funzione desiderante, l’idea che la civilizzazione rappresenti una minaccia per l’equilibrio ambientale e una colpa da espiare, questo tende a cancellare la superiorità spirituale dell’essere umano nel creato.

Il testo critica infine una totale sovrapposizione fra identità e autodeterminazione soggettiva per cui individuo o gruppo sarebbero liberi di definire la propria natura indipendentemente da condizionamenti biologici, storici e culturali (per esempio l’identità di genere viene presentata come un’opzione da scegliere).

La conclusione è che non vi può essere cura dell’ambiente senza cura dell’essere umano e viceversa. Posso affermare che un essere umano di cui non ci si cura non può essere in grado di proteggere il suo ambiente.

L’orizzonte del libro, nella seconda parte si rivela ancora più ampio e ricco, con un aggiornamento sulle ricerche dell’acqua nel sistema solare ed il loro scopo.

Il libro esamina brevemente le tecniche per la produzione dell’idrogeno ’verde’ dalla scomposizione dell’acqua. Qui aggiungo il caveat che l’idrogeno verde (prodotto con energia rinnovabile) al momento è solo l’1 per cento dell’idrogeno, il restante 99 per cento richiede l’uso di energia fossile, inoltre l’idrogeno non è fonte energetica ma è utile per lo stoccaggio dell’energia (“vettore energetico”).

Fausta Speranza riporta interessanti sperimentazioni in corso: vengono descritte coltivazioni idroponiche in serra che permettono di risparmiare fino al 90 per cento dell’acqua usando sistemi circolari di irrigazione[4].

Riprendendo le tematiche di Vandana Shiva viene sottolineato il ruolo delle donne (le protagoniste preistoriche della rivoluzione agricola) nella lotta contro la distruzione delle foreste in corso e per la difesa della biodiversità, Speranza sottolinea la necessità di essere all’ascolto di comunità autoctone la cui inventiva e adattabilità si sono dispiegate per secoli sul territorio da loro abitato e difeso.

Si parla di un’agricoltura che produce meno ma distribuisce meglio.

“Una strategia da perseguire: favorire ogni forma di integrazione delle economie come soluzione possibile al cambiamento climatico. E il Mediterraneo sarebbe davvero un’altra volta culla di nuova civiltà[5]

Posso aggiungere ‘con buona pace di Frontex’?

Nella terza parte si precisa la versatilità del libro, che offre in testa a ciascun capitolo una citazione, ad esempio, da Michail Gorbaciov“I popoli viaggiano sull’acqua. I popoli scrivono, cantano, danzano e sognano l’acqua”. Accanto alla scienza, ecologia e geopolitica dell’acqua si allineano i contributi umanistici.

Per l’acqua sulla superficie lunare viene scomodato Leopardi, poeta ma anche matematico e astronomo, si cita anche Fabrizio de André: “Guardate l’idrogeno tacere nel mare, Guardate l’ossigeno al suo fianco dormire” e la risonanza dell’immaginario intorno all’acqua, fonte della vita[6] è esplorata nelle religioni, la letteratura, l’arte, il cinema e l’architettura; viene ripreso il tema della sacralità dell’acqua, fonte e origine della vita.

Questa ricerca procede per associazioni non sistematiche, nate dagli interessi e dalle letture dell’Autrice.

Iniziamo da ‘le acque’ nella Bibbia che scrive al primo paragrafo ‘lo Spirito aleggiava sopra le acque’ e che identifica la salvezza con il passaggio attraverso le acque del Mar Rosso. In tutte le religioni l’acqua ha valore di purificazione rituale.

La simbologia dell’acqua si associa a quella del giardino: nel cantico dei cantici l’amata afferma: ‘Io sono una fontana che irrora i giardini/ pozzo d’acque vive/ che sgorgano dal Libano’.

Nell’ebraismo Dio fa sgorgare l’acqua dalla roccia nel deserto (acqua fossile?) e sono descritti numerosi incontri ai pozzi.

Nel cristianesimo Gesù descrive sé stesso come fonte di acqua viva: “chi beve di quest’acqua non avrà più sete”; il battesimo (un’antica pratica rituale) diventa “battesimo in acqua e Spirito”.

Nel Corano Dio ha creato tutti gli esseri viventi dall’acqua, chi invoca gli idoli al posto di Dio “è come chi stende le mani all’acqua per portarsela fredda alla bocca e non riesce a farlo” (Cor. 57).

Per i buddisti l’acqua simboleggia purezza, chiarezza e tranquillità. Il poeta e mistico indiano Goswami Tulsidas afferma: “Quando confluisce nell’acqua dell’oceano, l’acqua del fiume si acquieta, come l’anima quando trova il Signore”.

Troviamo persino una riflessione su ‘la memoria dell’acqua’ nella teoria della medicina omeopatica, un excursus storico sulle terme romane e la terapia idrologica o termale. Segue la tappa letteraria da Omero e Dante Alighieri fino a Johann Wolfgang von GoetheAlessandro Manzoni e Giuseppe Ungaretti: ”Stamane mi sono disteso/in un’urna d’acqua”.

Non poteva mancare Venezia (Per una civiltà dell’acqua[7]) con il suo Water Museum (del quale ignoravo l’esistenza) che raccoglie patrimoni acquatici naturali e culturali; la barriera Moses e l’acqua alta del 2019. “L’acqua resta ancora l’elemento più misterioso e incontrollabile dell’universo”.

Il ritmo di questo zibaldone sull’acqua è impetuoso e sostiene la concentrazione su di un tema che, più che vasto, è infinito, l’Autrice stessa lo descrive nella sua conclusione[8]: “lavoro di denuncia, riflessione ma anche recupero della memoria spirituale, storica e artistica”.

Come ultima suggestione riporto la chiave finale del film Samsara (2001) diretto da Pan Nalin. Il titolo si può tradurre dal sanscrito come “oceano dell’esistenza”.

Come si può impedire a una goccia d’acqua di asciugarsi? Immergendola nel mare[9].


[1] Fausta Speranza, Il Senso della Sete, L’acqua tra diritti non scontati e urgenze geopolitiche, Roma, Infinito, 2021, 208 p.

[2][2] Si veda Fausta Speranza, Il Senso della Sete, op. cit. alla nota precedente,  p. 65 sui rischi dello scioglimento del permafrost cui conseguirebbe un massiccio rilascio di gas serra.

[3] Ibid. p.74.

[4] Ibid. p.122.

[5] Ibid. p.145.

[6] Ibid. p.151 si cita Talete di Mileto: ‘L’acqua è la sostanza da cui traggono origine tutte le cose’.

[7] Ibid. p. 211.

[8] Ibid. p. 249.

[9] Ibid. p. 248.

Democrazia Futura. Cura dell’ambiente e cura dell’essere umano, due impegni inseparabili