Storie di vita impresse nella pietra in tre dimensioni

17 aprile 2023

Il fascino dell’antichità più o meno celata e conservata si intreccia con storie eterne di amori e di potere, e l’archeologia si sposa con tecnologia e ipertesti. Accade nel libro intitolato Regilla. Luce della casa, a cura di Paolo Re e Tommaso Serafini (Roma, Arbor Sapientiae Editore, 2023, pagine 127, euro 18) che segue il filo logico della «strategia comunicativa» di Erode Attico percorrendo l’Appia antica.

Lo scenario è il cosiddetto Pago Triopio, l’area che potremmo definire adibita all’epoca a comprensorio, che si estendeva approssimativamente nella zona tra la chiesa del Quo Vadis e via dell’Almone. A ridosso c’era un imponente palazzo, di cui sono rimasti tra l’erba a testimoniarne l’importanza solo blocchetti di tufo per opera reticolata, mattoni triangolari, tegole, basoli isolati, selci, blocchi di travertino, lastrine di opus sectile marmoreum, tessere di mosaico, frammenti di intonaco colorato di rosso, azzurro o bianco.

Cinque epigrafi trovate, dette appunto iscrizioni triopee, forniscono notizie interessanti sull’origine e sull’organizzazione dell’area voluta da Tiberio Claudio Erode Attico, uomo molto ricco, nato tra il 100 e il 101 d.C., retore, filosofo, precettore degli imperatori Lucio Vero e Marco Aurelio, governatore di una parte dell’Asia e della Grecia. Aveva sposato Annia Regilla discendente dall’antica famiglia dei Regoli, che annoverava fra gli antenati il celebre Attilio morto durante la guerra punica. Fu lei a portare in dote al marito il fondo lungo il III miglio della via Appia. Su una colonna di marmo collocata originariamente all’ingresso del Triopio, ora ai Musei Capitolini, è scritto in latino e in greco: «Annia Regilla, moglie di Erode Attico, luce della casa, alla quale appartennero questi beni». La storia narra che quando morì, nel 160-161 d.C., Erode fu accusato dal cognato di averla assassinata, subì per questo un processo, da cui uscì assolto.

Le iscrizioni ci raccontano di campi di grano, olivi, vigne, prati, addirittura la stazione di “polizia”, il campo sacro a Nemesi e Minerva, il parco, il villaggio colonico che era dalle parti di Cecilia Metella e, nel luogo in cui successivamente fu costruito il Palazzo di Massenzio, la villa residenziale. È citato un tempio dedicato a Cerere, la dea romana corrispondente alla Demetra dei greci, e a Faustina moglie dell’imperatore Antonino Pio, morta poco tempo prima e “divinizzata”, al cui interno Erode collocò la statua della moglie.

In una delle due iscrizioni su grandi colonne di marmo cipollino, che si trovano ora al Museo Nazionale di Napoli, si legge: «Non è permesso ad alcuno di portarle via dal Triopio, che è situato al III [miglio] della via Appia, nel possedimento di Erode. Chi le rimuoverà non ne riceverà certo vantaggio. Ne è testimone la dea infernale (Hecate) e le colonne che sono dono a Cerere e a Proserpina e agli dei Mani e [a Regilla]». Due iscrizioni — le originali si trovano oggi al Louvre e una copia a villa Borghese — sono scolpite su cippi di marmo pentelico e contengono un lungo panegirico in versi, composto da Marcello Sideta, un poeta amico di Erode.

Tra le particolarità del libro c’è il fatto che vengono riproposte le traduzioni dei versi fatte da Giacomo Leopardi, mentre collegamenti multimediali spalancano opportunità di letture in metrica o letture espressive di brani, ricostruzioni in tre dimensioni di monumenti, riferimenti storici contestuali, storie e leggende di eroine e divinità. Ad esempio, la tecnologia aiuta a focalizzare le colonne e le varie epigrafi con movimenti visivi che permettono di comprendere come alcune iscrizioni sono state aggiunte in un altro pezzo di storia in cui le colonne sono state capovolte e praticamente “riciclate”. Reperti e passaggi storici mancano alle ricostruzioni degli studiosi, ma quello che sopravvive si arricchisce in modi diversi. È proprio quello che contribuisce a mettere in luce il libro, dedicato a epigrafi antiche e pensato per la dinamicità mentale delle nuove generazioni.

di FAUSTA SPERANZA

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-04/quo-089/storie-di-vita-impresse-nella-pietra-in-tre-dimensioni.html

Restaurare le sorprese

3 Aprile 2023

I lavori nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo

 Restaurare le sorprese

Un restauro divenuto scoperta promette altre sorprese. I lavori di recupero del Coro dei Laici della Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo hanno regalato alla città, che quest’anno è capitale italiana della cultura, un affresco di una Madonna col Bambino del Trecento e un’inedita parte della tarsia dedicata a Caino e Abele, conservata intatta dal Cinquecento. È stato inoltre svelato l’antico sistema di “coperti” delle tarsie e il suo originale meccanismo a scomparsa. Ma non c’è solo la soddisfazione per il maggiore apprezzamento delle opere restaurate e per le scoperte fatte: c’è anche un’accresciuta attesa per quel che resta delle preziosità di cui ci si prenderà cura prossimamente. Oltre alla sezione dedicata ai laici, infatti, il Coro ligneo si compone di una seconda parte, il Coro dei Religiosi, il cui restauro sarà ultimato entro l’autunno 2023. In sostanza, l’intervento di restauro, ancora in corso, restituirà alla città l’intera sequenza di tarsie lignee raffiguranti immagini di storie bibliche e simboliche, la cui esecuzione si colloca tra il 1523 e il 1555. Il tutto accade a 500 anni dall’inizio dei lavori di costruzione.

Per quanto riguarda il Coro ligneo, è impreziosito da ventinove tarsie che rappresentano scene dell’Antico Testamento, disegnate dal Lotto e realizzate dal maestro intarsiatore Capoferri. È il coro più “recente” — realizzato tra il 1553 e il 1555 — e occupa l’area absidale della Basilica. Il nome di questa sezione del Coro fa riferimento alla posizione in cui sedevano durante le celebrazioni i congregati laici.

Il restauro, avviato ad aprile 2022 — a cura di Luciano Gritti dell’omonima Bottega di restauro con la supervisione della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, con il sostegno della Fondazione Banca Popolare di Bergamo — è avvenuto con modalità innovative e partecipate, che permettono di coinvolgere non solo i numerosi turisti in visita in città, ma anche i bergamaschi, in particolare gli studenti. Quello allestito all’interno della Basilica di Santa Maria Maggiore, infatti, è un “cantiere vivo”, delimitato da pannelli trasparenti su cui sono riportati testi, immagini e QR code che permettono l’approfondimento di contenuti storici e artistici legati all’opera e al suo contesto. A oggi, oltre 500 mila persone hanno visitato il cantiere di restauro.

Grazie all’intervento, sono state scoperte opere inedite sia al pubblico che agli addetti ai lavori. La prima è un affresco di fine Trecento raffigurante una Madonna col Bambino, rimasta nascosta fino a oggi dietro a una tarsia del Coro. La seconda testimonianza è un’opera attribuita al pittore pavese del Cinquecento Francesco Rosso, intarsiata da Capoferri, raffigurante Caino e Abele. È oggi visibile per la prima volta dal Cinquecento.

La terza grande scoperta attiene all’antico sistema di “coperti” delle tarsie. Dalla metà del XIX secolo le tarsie sono state nascoste alla vista del pubblico da coperchi di legno e, prima del restauro, solo alcune erano osservabili durante le visite guidate. Smontando la parte presbiteriale del Coro, — raccontano i restauratori — la più antica e cioè il Coro dei Religiosi), si è scoperto che le tarsie con simbologie neoplatoniche lì disposte erano in origine pensate come coperchi, “coperti” appunto, delle tarsie a tema testamentario. Fino a oggi gli studiosi non erano riusciti a spiegare la funzione dei “coperti”. Stefano Marziali, docente alla Scuola di restauro dell’Accademia di Verona, spiega che è venuto alla luce un sistema unico e mai visto in un oggetto di questo tipo: le sedute del coro presbiteriale erano state predisposte per ospitare un originale sistema a scomparsa, ovvero la tarsia simbolica sarebbe sparita dietro l’alzata della seduta con un sistema a ghigliottina, lasciando scoperta la tarsia biblica.

Marziali precisa che le tarsie sono 36 coperti e 34 scene bibliche che formano un percorso propedeutico alla meditazione intellettuale e spirituale. Immagini simboliche che sintetizzano visivamente i temi attinti dagli eterogenei campi di ricerca del Rinascimento, una sintesi fra temi religiosi e archetipi pagani: alle storie bibliche, infatti, si sono aggiunte metafore dell’alchimia, figure care all’ermetismo, suggestioni della mitologia greco-romana e concetti della filosofia neoplatonica. Luciano Gritti, restauratore dell’omonima Bottega di Restauro sottolinea che le parti intagliate, dopo gli interventi di pulitura, tornano a mostrarsi nella loro tinta originaria: il bosso, il noce, la quercia affogata, che creano, insieme, «un effetto straordinario». Si tratta di immagini complesse, con una costruzione narrativa che spesso offre una molteplicità di interpretazioni, a volte anche in contraddizione l’una con l’altra. Racconti intensi, a volte anche violenti, come le tarsie dedicate all’uccisione di Abele, al martirio dei fratelli Maccabei con la madre o alla storia di Lot in fuga da Sodoma e Gomorra. Ma nell’insieme le tavole accompagnano nel racconto biblico con armonia ed immensa delicatezza e l’immagine della Madonna ritrovata catalizza e accompagna le emozioni.

di FAUSTA SPERANZA

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-04/quo-078/restaurare.html

Saperi di sabbia

01 Aprile 2023

Tornano i visitatori nelle Biblioteche del deserto

Saperi di sabbia

Chinguetti era uno ksar, un villaggio fortificato berbero diffuso nel Maghreb, uno dei tanti in Mauritania in cui si camminava tra abitazioni e granai e in cui si fermavano viandanti sulle vie carovaniere. Era più ricco di altri e, a dimostrazione della sua importanza, offriva spazi per la lettura in ben 24 biblioteche.

Oggi la cittadina di Chinguetti si presenta divisa in due da un fiume di sabbia, parte vecchia e parte nuova. La desertificazione ha privato di ogni solennità l’accesso a quella che è stata la via principale, ma l’ingresso nelle stanze che conservano libri regala la meraviglia di circa 700 testi antichi e preziosi, rarissimi manoscritti, messi insieme a partire dal 1699.

Si tratta di un universo culturale contenuto all’interno della tipica area cinta da un muro con quattro torri e una sola entrata, ma nutrito da contributi provenienti da tanti Paesi del Nord Africa e del Vicino Oriente. Arrivano da tempi passati. Il più antico è di Ebi Hilal el—Askeri, un testo di teologia autografo, del 480 dell’Egira.

Al largo delle coste di Chinguetti si trova il giacimento petrolifero omonimo, segno evidente dello sviluppo che ha conosciuto il Paese dell’Africa occidentale e delle risorse divenute preziose nel secolo scorso. Nel dinamismo vorticoso dei processi industriali c’è stato chi ha lanciato il primo appello a salvare dalla distruzione le opere che erano custodite in scaffali del tutto inadeguati, invasi dalle termiti: nel 1949 lo studioso mauritano Mokhtar Ould Hamidoun ha pubblicato l’inventario che ha dato il via all’impegno di recupero e cura degli inestimabili testi che sono passati dalla gestione di privati senza mezzi alla protezione internazionale.

I volumi conservati a Cinguetti provengono da Egitto, Siria, Turchia, dal Maghreb. Alcuni sono identificabili per un genere di scrittura comune all’attuale Marocco, Algeria, Tunisia. Fra i pezzi davvero importanti viene messo in evidenza il testo del Corano di Buaïn çafra (colui che ha l’occhio giallo) ed è un manoscritto orientale miniato da Mohammed Ben Abou’l Qayym el-Qawwal e Tebrizi. Su questo testo il cadì di Chinguetti faceva giurare i testimoni. È conservata anche una produzione di eruditi locali, circa 240 volumi di autori legati ai centri di Ouadane, Oualata, Tichitt, Atar, Trarza e alla regione di Tagant con opere a volte in più volumi. Sono conservate anche una cinquantina di opere del mistico e politico sahrāwī Maa el Ainin stampate a Fez, in Marocco.

Un patrimonio eccezionale che, dopo tante vicende, sembrava felicemente approdato nel 1996 sotto l’ala protettrice dell’Unesco. Ma la dichiarazione di sito Patrimonio dell’umanità, che è stata decisiva per dare il via a tante iniziative di conservazione e tutela, non ha potuto nulla o quasi nulla di fronte all’imperversare del terrorismo a inizio secolo, quando sotto sigle diverse più o meno comunicanti, gruppi armati, dall’Iraq al Mali, dall’Afghanistan alla Somalia, dalla Siria alla Nigeria, e non solo, hanno portato orrore e distruzione. I manoscritti di Chinguetti fortunatamente non hanno subito attacchi, come purtroppo è successo, tra gli altri, al preziosissimo museo di Palmira in Siria, ma l’incombere delle azioni terroristiche sulla macroregione africana ha significato un doloroso isolamento e ha segnato un passo indietro nel percorso verso la tutela del patrimonio librario.

Attualmente Cinguetti si raggiunge in fuoristrada partendo da Atar, capoluogo della regione montana dell’Adrar a ridosso del Sahara occidentale. Grazie a varie misure prese da qualche tempo, in particolare su impulso dell’antropologo italiano Attilio Gaudio, il ricco patrimonio è sempre più protetto dall’avanzata delle sabbie.

Torna a crescere il numero dei visitatori a Cinguetti e anche in altre città nel centro sud della Mauritania come Ouadane, Tichitt, Oualata, depositarie di altri volumi antichi, altrettanti siti Patrimonio dell’umanità.

Si può provare a comprenderne il valore immergendosi in un tempo lontano, quando soprattutto Chinguetti ma anche Ouadane, Tichitt, Oualata erano considerate, secondo una remota tradizione locale, il settimo luogo santo dell’Islam. In ogni caso, erano tappe obbligate per le carovane che attraversavano il deserto collegando l’area mediterranea con l’Africa subsahariana e che qui potevano trovare non solo ristoro, ma anche un ambiente vivace dal punto di vista intellettuale e sociale. Una scia di saperi che dopo secoli continua a tenere vivo il fascino delle Biblioteche del deserto.

di FAUSTA SPERANZA

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-04/quo-077/saperi.html

Se l’acqua è sacra

22 Marzo 2023

Se l’acqua è sacra è il titolo del video presentato nella Giornata Mondiale dell’Acqua 2023 nell’ambito dell’iniziativa Aquae a Roma e ripreso sul sito MeridianoItalia.tv:

https://www.meridianoitalia.tv/index.php/ambiente/570-se-l-acqua-e-sacra

Il 25 Maggio 2023 la proiezione del video è occasione di dibattito presso la Parrocchia Santa Maria delle Grazie al Trionfale: locandina festa 2023

AQUAE a Roma 22 marzo 2023

22 Marzo Giornata Mondiale dell’Acqua 

AQUAE  2023

 A dibattito ministri, esperti e studenti

Biblioteca Nazionale Centrale (viale Castro Pretorio 105)

dalle 9,15 alle 18,30

Conducono Marco Frittella e Fausta Speranza

Evento in presenza e in diretta streaming: scuola.edulia.it/aquae

Regista Stefano Gabriele 
Direttore scientifico Vincenzo Romano Spica Università Foro Italico 
Organizzazione Manuela Trombetta (Galatea Comunicazione)

    Al mattino tra gli altri:

Nello Musumeci, Ministro Protezione civile e Politiche del mare, Maurizio Martina, Vice Direttore Generale FAO. Claudio Barbaro, Sottosegretario al Ministero dell’Ambiente e della Tutela di Territorio e Mare. Messaggi da: Antonio Tajani, Ministro degli Affari Esteri; Andrea Abodi, Ministro per lo Sport e i Giovani, Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy.

Presentato il VIDEO intitolato Se l’acqua è sacra 

Mis-en-Scène di Paolo Minnielli con brani tratti dal libro Il senso della sete. Contributi di giovani e interviste al Rabbino Ariel Di Porto, al Segretario generale della Grande Moschea di Roma Abdellah Redouane, e a Suor Linda Pocher dell’Auxilium. Una coproduzione VATICANMEDIA e FRAMEXS.  https://www.ansa.it/oltretevere/notizie/2023/03/22/acqua-perche-e-sacra-un-video-con-i-leader-religiosi_17374f25-dbfb-40de-87c9-fa4501807df7.html 

video visibile su: https://www.meridianoitalia.tv/index.php/ambiente/570-se-l-acqua-e-sacra

Nel pomeriggio

IL RUOLO DELLA SCUOLA PER EDUCARE ALLA SOSTENIBILITÀ

conduce SAVINO ZABA

Tra gli altri ospiti:

Giuseppe Valditara Ministro dell’Istruzione e del Merito (video)

Federica Campanari Celestini Commissario Straordinario per l’Agenzia Nazionale Giovani

Roberto Ferrigno Membro del CdA dell’Institute for European Environmental Policy

Ennio Tasciotti Scienziato e ricercatore San Raffaele di Roma

Vincenzo Schettini Fisico e autore di “La fisica che ci piace”

Gaetano Boldrini Fondatore Associazione La Venta Esplorazioni

Alessandro Coletta Direttore COSMO Sky Med agenzia spaziale italiana

Laboratori scuole  Pestalozzi, Highlands.  Padre Manuel Diez LC Rettore Highlands Roma / Rossella Sonnino Dirigente Scolastico I.C. Enrico Pestalozzi

intermezzo Orchestra Toscanini Next – Libertango con Federico Pacinotti Tenore e chitarrista – canta, tra l’altro, Nessun Dorma dalla Turandot di Puccini

Il Rabbino Ariel Di Porto, il Segretario generale della Grande Moschea di Roma Abdellah Redouane,  Suor Linda Pocher dell’Auxilium,  e Fausta Speranza  a dialogo con i ragazzi

18:30 CHIUSURA LAVORI

 Il video complessivo della giornata a disposizione sulla piattaforma dell'evento

in rassegna stampa:

Ansa

https://www.vaticannews.va/it/podcast/rvi-programmi/la-finestra-del-papa/2023/03/la-finestra-del-papa-prima-parte-23-03-2023.html

 


Non più far west degli oceani ma concrete misure a tutela dei fondamentali beni comuni in aree marine al di fuori della giurisdizione nazionale: dopo lo storico Trattato per l’Alto Mare, (Onu, inizio marzo) la giornalista  Fausta Speranza, autrice del libro dal titolo Il senso della sete. L’acqua tra geopolitica, diritti, arte e spiritualità auspica che “gli Stati si impegnino a ratificare il Trattato quanto prima e a porre in essere, da subito, tutte le misure necessarie per gli adempimenti previsti, anche in assenza di meccanismi di controllo o sanzione”. Inoltre – afferma Speranza – “in una fase storica in cui vacilla l’ordine mondiale bisogna fare di tutto per difendere la forza del diritto internazionale: su terra e su acqua”. Altrimenti non basterà teorizzare di proteggere il 30 per cento degli Oceani entro il 2030.

Il libro pubblicato da Infinito Edizioni:
Titolo: Il senso della sete. L’acqua tra geopolitica, diritti, arte e spiritualità
Autrice: Fausta Speranza
Con una lettera all’autrice di Papa Francesco

Prefazioni di Vandana Shiva e Pasquale Ferrara

Introduzioni di Francesco Profumo e Leonardo Becchetti

Con una poesia di Plinio Perilli

Postfazione di Stefano Ceccanti

(€ 17,00 – pag. 256)

Il testo spazia da temi giuridici a quelli economici, sociali, scientifici, culturali e spirituali.

Per informazioni:
Infinito edizioni: 059/573079 – 331/2182322

Un armonico amore per la liturgia

15 marzo 2023

Un uomo mite con una preparazione fuori dal comune e che aveva nella gentilezza il suo tratto distintivo. Così in tanti ricordano Benno Scharf, musicologo scomparso il 9 marzo scorso all’età di 87 anni.

Nato a Milano da una famiglia austro-tedesca, si era formato al Pontificio Istituto di Musica Sacra. Per la dedizione e la cultura espresse in tanti corsi tenuti a vari livelli, lo ricorda il maestro di Cappella della cattedrale di Como, don Nicholas Negrini. Il maestro Lorenzo Pestuggia dell’Archivio musicale della stessa diocesi ha affermato che ora «potrà conoscere tanti di coloro che ha studiato durante la sua lunga e laboriosa attività musicologica e tutti insieme canteranno cum angelica turba coelorum».

In particolare, «L’Osservatore Romano» ricorda la trentennale collaborazione: circa 200 articoli di Scharf sono stati raccolti nel volume La canzone religiosa europea dal IV al XIX secolo (Libreria Editrice Vaticana, 2019, a cura di Roberta Aglio e Marco Ruggeri). Altri hanno fatto seguito fino all’ultimo del 27 febbraio 2023. Presenta un vasto repertorio: dal canto ambrosiano sino al primo Novecento, passando attraverso la lauda medievale, i canti di sant’Alfonso Maria de’ Liguori, Silvio Pellico e don Bosco, con una panoramica sulle importanti tradizioni della Spagna, della Francia, della Germania, dell’Inghilterra e dei Paesi scandinavi. Un’occasione per ripercorrere la storia della lingua liturgica che — come sottolineava Scharf — fino al Concilio vaticano II era il latino. Tra le altre pubblicazioni accademiche citiamo Le origini della monodia religiosa nell’Europa Occidentale e Storia della canzone religiosa italiana in Analecta Musicologica 2003.

Nell’impegno di Schaf, c’è stato anche quello di traduttore di opere letterarie tedesche. Ha insegnato Filologia germanica e Letteratura tedesca all’Università Iulm Milano e alla Ca’ Foscari, nella sede di Treviso. Sylvia Fuehrlinger, già preside della Scuola superiore d’interpreti e traduttori Carlo Bo, parla di «un docente di grande cultura, gentile e generoso, dedito alla liturgia che allietava ogni giorno con il suono dell’organo», precisando che Benno Scharf lo ha fatto fino a una settimana prima di ritornare a Dio. (fausta speranza)

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-03/quo-062/un-armonico-amore-per-la-liturgia.html

Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale

11 marzo 2023
di FAUSTA SPERANZA

Disordine mondiale e imperi high tech, delocalizzazione e conflitti di potenza, populismi e digital divide, secolarizzazione radicale e nuovi nazionalismi. Se si vuole parlare degli anni Venti di questo XXI secolo sono tantissimi gli ambiti da attraversare, molti i presupposti da rivedere, diverse le illusioni da superare. Il primo passo è recuperare i pezzi della storia a partire dalla caduta del Muro di Berlino, per poi comprendere che, al di là della narrazione della globalizzazione o di quella dello scontro di civiltà, l’Occidente è ridimensionato. È il salto concettuale che si fa leggendo Storia del mondo post-occidentale. Cosa resta dell’era globale? (Soveria Mannelli, Rubbettino, 2023, pagine 184, euro 16) di Eugenio Capozzi, che ha il pregio dello sguardo più oggettivo possibile, difficile da conseguire per fatti così ravvicinati nel tempo.

Mettere a fuoco bluff imperdonabili, come quello della cosiddetta «economia del credito illimitato», o radicalizzazioni come le involuzioni del «politicamente corretto», non significa deprezzare l’Occidente: piuttosto, le analisi di Capozzi suonano come un monito, affinché questo pezzo di mondo dia un contributo agli equilibri globali degno dello spessore storico e culturale che gli appartiene.

In ogni caso, la disamina nel volume è completa: si va dalla parabola fatta dalla Russia dal fatidico 1989 fino all’era di Putin, in parallelo con la stessa tendenza al «raccorpamento dei poteri nazionali» in altre aree del mondo. Si va dall’illusione statunitense di fare della Guerra nel Golfo il laboratorio di quella che doveva essere la super potenza unica del mondo fino alla «America first» di Trump e la nuova esasperazione della questione razziale. Dalle accelerazioni dell’interdipendenza e dell’interconnessione tra le varie aree del pianeta a livello economico, culturale, politico e della comunicazione — definita globalizzazione e pensata come destinata a sfociare in una sempre maggiore integrazione — fino ai molti e svariati conflitti emersi da allora; le crisi economiche e politiche; le tensioni nei rapporti di potenza. Si passa attraverso la pandemia e si arriva alla moltiplicazione di macro aree di accordi commerciali, che si delineano come arcipelaghi in un oceano di de-globalizzazione.

Per tutti questi snodi o fenomeni storici è prezioso il punto di vista di Capozzi che illustra, ad esempio, come i processi di globalizzazione abbiano convissuto con la tenace persistenza di contrapposizioni culturali, etniche, politico-militari, economiche. Per poi mettere in luce come — contrariamente a quanto le classi dirigenti, il mondo politico e gli intellettuali occidentali hanno spesso pensato — il fenomeno non ha coinciso con una crescente occidentalizzazione del mondo, cioè con l’imporsi a livello planetario di un modello di società — cultura di massa, democrazia liberale, diritti umani — ereditato dai processi europei di modernizzazione. Anzi, il fenomeno più macroscopico che ha accompagnato la globalizzazione è stato l’emergere di potenze economiche e politiche alternative all’Occidente, a partire dal continente asiatico, con il corrispondente ridimensionamento occidentale. Capozzi lo declina in tutti i suoi aspetti, anche quelli di solito meno citati: in termini di Prodotto interno lordo sul piano mondiale, di incidenza sulle crisi internazionali, ma prima ancora in termini demografici. Ricorda il progressivo diradarsi delle nascite, «dovuto a motivi culturali per l’affermazione di un’etica edonista e soggettivista», e un invecchiamento delle società che rende sempre più difficile la crescita e una sua proiezione verso l’esterno.

Un ridimensionamento che — sostiene Capozzi — è stato innanzitutto culturale. Il processo di occidentalizzazione del mondo, che avrebbe dovuto ipoteticamente imperniarsi su un passaggio dal bipolarismo Usa/Urss a un unipolarismo statunitense, si è scontrato ben presto con la realtà che, nei primi anni Novanta del secolo scorso, Samuel P. Huntington aveva individuato, inascoltato dai più: una realtà che si articola nella pluralità e nel pluralismo delle civiltà, con la relativa conflittualità che né la superiorità tecnologica, né il mercato, né il fascino della società dei consumi avrebbero potuto scalzare.

Al contrario, l’apparente dilagare del modello delle società di massa occidentali — che nel frattempo hanno esasperato l’individualismo e radicalizzato la secolarizzazione grazie anche all’amplificazione digitale di internet e social media — ha suscitato, o accompagnato, nelle civiltà non occidentali «reazioni difensive identitarie vigorose», talvolta violente. Si è aggiunto il successo economico di Paesi non occidentali nella competizione globale e si è arrivati — spiega Capozzi — al rafforzamento di poli alternativi, «per nulla disposti ad adeguarsi alle prescrizioni” dell’internazionalismo occidente-centrico».

Il resto è storia sotto gli occhi di tutti: la competizione globale ha innescato processi conflittuali profondi all’interno delle stesse società occidentali, in cui le classi medie e operaie sono state falcidiate dalla concorrenza asiatica e dagli imperi digitali.

Doveroso sottolineare che in un humus culturale povero di idealità, si è andata producendo una divisione di classe preoccupante tra élite internazionalizzate e popolo sfiduciato, spaventato dal futuro, rancoroso. Efficace è la sintesi dello storico che parla di «ridefinizione della dialettica politica delle democrazie in contrapposizione tra globalismo e sovranismo/populismo». Ed è importante la denuncia della tendenza al «progressivo commissariamento della democrazia da parte di regimi tecnocratici e dirigisti, con pretese eticizzanti», fondati su un controllo e una sorveglianza sempre più capillare di comportamenti e consumi privati, reso possibile da tecnologie fortemente invasive.

Intanto, i cambiamenti climatici chiedono il conto di uno sviluppo incurante dell’impatto sull’ambiente. Ma è scoppiato il dramma dell’invasione russa dell’Ucraina e si parla ormai più di possibile scontro nucleare che di transizione ecologica. Rischia di comporsi in modo drammatico il puzzle della terza guerra mondiale che papa Francesco, con la forza della verità, già da tempo denuncia osservandola «a pezzi nel mondo».

L’Osservatore Romano 11 Marzo 2023

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-03/quo-058/qualcosa-di-nuovo.html

Antidoto alla schiavitù

08 marzo 2023

Abramo, Giuseppe, Mosè, il faraone, sono personaggi che ci richiamano subito alla mente la profondità di sapienti interpretazioni delle narrazioni bibliche. È meno immediato pensare all’odierno concetto di leader o alle complicazioni di rapporti familiari alla luce degli studi di psicologia. Eppure il terreno di una lettura attualizzante è proprio quello in cui ci conduce con discrezione il libro di Waris Umer intitolato Attenti ai “sognatori” (Roma, Città Nuova, 2022, pagine 287, euro 10).

Il volume ripropone vicende e figure della Genesi che da secoli illuminano percorsi umani e processi interiori. Nei libri sacri schiavitù e libertà sono declinati in un modo che ne rende universale il valore. Nel testo di Umer lo stesso identico valore assume sfumature nuove perché raccontato con il linguaggio di oggi, attraverso immaginari dialoghi di madri, di sorelle, di figli, di fratelli, che si ritrovano al centro di gesti di crudeltà e atti di generosità. Si tratta della “novità” rappresentata da ogni personale esperienza. In quella dell’autore c’è l’origine pachistana, il viaggio in Italia, il dottorato di ricerca all’Università Gregoriana. In ogni caso, è l’esperienza di chi dall’esempio di fede della madre di Mosè, che affida il piccolo alle acque del Nilo in un cesto confidando nell’aiuto di Dio, ha tratto un convincente messaggio di speranza per la propria vita e immagina e ripropone il mondo interiore di Mosè: «Si sentiva piuttosto debole ma la volontà era pronta ad affrontare qualsiasi difficoltà».

di FAUSTA SPERANZA

https://www.osservatoreromano.va/it/news/2023-03/quo-056/antidoto-alla-schiavitu.html