Alla vigilia dei mondiali di calcio del 1994

DA IERI SERA, IL VIA ALLA GRANDE AVVENTURA DELLA XV EDIZIONE DEI MONDIALI DI CALCIO

Servizio di Fausta Speranza

Sono le note di “Gloryland”, la musica dedicata all’avventura di questi Mondiali ’94. Come sempre ufficialità, trepidazione, attese, polemiche e curiosità di retroscena, accompagnano questo appuntamento quadriennale che – si sa – non è solo un evento sportivo. A noi piace definirla una manifestazio~e di costume, anzi dei vari cDstumi del mondo. E ci piace pensare che partecipare ad una competizione. che si definisce mondiale, ci può far sentire – per un mese – cittadini di questo mondo, di questo globo in cui, grazie alla tecnologia, si accorciano sempre di più le distanze tra i popoli, ma rimangono tante barriere che ostacolano una convivenza pacifica ed una equilibrata distribuzione delle risorse; in cui le comunicazioni e gli interscambi sono sempre più velocizzati, ma una cultura alla mondialità rimane ancora sostanzialmente solo un bel discorso.

In questo mondiale, in definitiva, faziosi ed appassionati come mai, non manchiamo di “tifare” ciascuno per le prorpio squadre, senza dimenticare, però, che lo facciamo in una arena mondiale. La dimensione della mondialità è una dimensione che dobbiamo imparare.

Cerchiamo dunque di accostarci un po’ alla macchina dei Mondiali, messa ormai in moto. Ascoltiamo Andrea Fusco, giornalista della RAI, che segue la manifestazione negli Stati Uniti:

La. scommessa più importante e difficile non è legata all’avvenimento sportiva ma a quello sociale: capire fino a che punto gli Stati Uniti si lasceranno coinvolgere dal Mondiale. E non stiamo parlando delle comunità (solo a New York sono presenti 178 etnie): tra italiani, ispanici, irlandese, tedeschi è impensabile un loro disinteresse. Ci riferiamo invece agli americani veri, che guardano con diffidenza al Soccer, perché gli sport che contano qui sono il football, il basket e l’hockey. Ma resta sempre un interrogativo: questa l5.ma edizione rappresenterà un investimento, con il calcio pronto a crearsi un suo spazio o saremo destinati – già tra qualche mese – a camminare come turisti tra i resti di un sport che non sarà mai americano?

LA SVOLTA POLITICA ITALIANA

– Intervista con padre Michele Simone –

L’Italia è ad una svolta politica. Nelle elezioni di domenica e lunedì scorsi gli italiani hanno scelto l’alleanza di destra. Il cosiddetto Polo della Libertà ha raggiunto la maggioranza assoluta alla Camera, con 366 seggi su 630, contro i 213 dei progressisti e i 46 del Centro. Per soli 3 voti è stato mancato un risultato analogo al Senato.

La 12.ma legislatura si parirà il 15 aprile con l’insediamento dele nuove Camere e l’elezioni dei rispettivi presidenti. Subito dopo il presidente del Consiglio, Ciampi, si dimetterà e inizieranno le consultazioni ufficiali.

Intanto l’attenzione è rivolta ai contrasti sulla guida del governo tra il leader della Lega, Bossi, da una parte, e il leader di Forza Italia, Berlusconi, e il leader di Alleanza Nazionale, Fini, dall’altra. In definitiva, se per la sinistra le elezioni hanno rappresentato una dura sconfitta, per il Centro di Segni e Martinazzoli hanno segnato una vera e propria disfatta. Ma che cosa ha spinto l’elettorato ad una così forte aggregazione a destra?

Ascoltiamo l’opinione di Padre Michele Simone, caporedattore di “Civiltà Cattolica”, nell’intervista di Fausta Speranza.

R – La grande capacità del dottor Berlusconi è .. stata quella di aver intuito che esisteva uno spazio di centro-destra e di averlo saputo occupare. Correlativamente, c’è stata anche una sconfitta preannunciata, cioè l’incapacità della coalizione di sinistra di presentarsi in maniera credibile allo elettorato moderato. In fondo, anche senza volerlo, la campagna elettorale della sinistra è stata finalizzata a mantenere i voti della sinistra. Un elettore conservatore o moderato non si capisce perché avrebbe dovuto votare la coalizione sinistra.

D –  Padre Simone, abbiamo detto che tanti idealmente legati più al centro che alla destra hanno aderito a questo centro-destra vedendo una forza di contrasto alla sinistra. Quali speranze e quali timori possono nutrire questi elettori?

R – Qui dipenderà un po’ dalla saggezza dei nuovi governanti, il non cadere nell’euforia della vittoria, cioè nel non rimanere schiavi dei progetti eccessivamente ispirati alla politica cosiddetta di Reagan e saper, invece, mitigare le asprezze del capitalismo selvaggio con gli opportuni ammortizzatori sociali, per salvare la pace sociale del Paese. In questo senso l’accordo tra sindacati, governo e confindustria sottoscritto all’epoca del governo Ciampi rappresenta un punto importante di passaggio per il futuro della società. Salvaguardare la pace sociale deve essere uno degli obiettivi del nuovo governo.

D –  Quale sarà il futuro del centro, in particolare che cosa dire a proposito della crisi attuale del Partito popolare?

R – Il Partito popolare ha avuto troppo poco tempo per poter far passare nell’elettorato la sua nuova realtà. E quindi è rimasto con l’immagine che la coalizione di centrodestra ha voluto appiccicargli sopra di partito eccessivamente di centro-sinistra e quindi aperto a una possibile coalizione con la sinistra. D’altro canto, l’appoggio al governo Ciampi compiuto per dovere nei confronti del Paese ha fatto sì che quella gran massa di cittadini che nella Democrazia Cristiana vedeva difesi gli interessi di una certa elusione fiscale, di una certa parziale evasione fiscale, non si è sentita più protetta, perché il bilancio statale non lo permette più, e ha visto quindi che la difesa dei propri interessi veniva assunta dal polo moderato.

D –  Quali prospettive ha questa nuova stagione?

R –  Rimane un punto interrogativo l’esistenza di una significativa presenza di un partito fatto di cattolici. E quindi il giudizio andrà dato sui singoli provvedimenti opponendosi a ciò che va contro la coerenza e i principi che ispirano un cattolico, accettando ciò che, da qualsiasi parte venga, sia nella linea indicata da questi principi.

LA RISOLUZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO SUI DIRITTI DEGLI OMOSESSUALI

– Intervista con il cardinale Lopez Trujillo e con il vescovo Sgreccia –

Si fa sempre più acceso nell’opinione pubblica il dibattito sulla risoluzione del Parlamento europeo, che martedì ha invitato la Commissione delle Comunità europee a presentare un progetto di raccomandazione sull’eguaglianza dei diritti degli omosessuali e delle lesbiche. Tale raccomandazione, a giudizio dell’Europarlamento, dovrebbe porre fine, tra l’altro, “al divieto per le coppie omosessuali di sposarsi o di beneficiare di disposizioi giuridiche equivalenti; garantire l’insieme dei diritti e dei vantaggi del matrimonio, come pure autorizzare la registrazione delle coppie; ed inoltre, abolire ogni restrizione al diritto delle lesbiche e degli omosessuali di essere genitori ovvero di adottare o allevare figli”.

Fausta Speranza ha chiesto un parere sugli aspetti antropologici e morali di una tale proposta al cardinale L6pez Trujillo, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, e al vescovo Sgreccia, vice-presidente dello stesso dicastero. Ecco la risposta del porporato e poi quella del presule:

R – Questo rappresenta veramente una profonda dimenticanza di ciò che è l’uomo, della verità dell’uomo, di come ci sia una dignità dell’amore e un piano e un progetto di Dio per l’umanità, attraverso quella unione di amore, di responsabilità aperta alla vita che è la famiglia. Una cosa è che queste persone, le quali hanno tali atteggiamenti deviati e non assolutamente accettabili dalla morale, debbano essere aiutate e accompagnate per andare verso una conversione, che l’amore di Dio possa anche perdonare e dunque ricostruire un tessuto cosi a rischio. Altra cosa è immaginare che la Chiesa, o che i governanti, o che i legislatori che dovrebbero avere a fondamento una solida antropologia, un rispeetto per la dignità dell’uomo, approvino queste proposte: ciò è veramente qualcosa che lascia una grande perplessità e una profonda delusione.

D – Mons. Sgreccia, qual è l’aspetto in fondo più grave di una proposta come quella dell’Europarlamento?

R – Da un punto di vista bioetico, gli aspetti più gravi di questa risoluzione mi sembrano due. Anzitutto, che si misconosce lo statuto biologico della persona umana. La persona umana è sessuata, complementare nei due sessi – uomo- donna – e su questa complementarietà, trascritta anche nel corpo, si fonda l’apertura alla famiglia. La famiglia, che è un arricchimento dell’individuo, non è un suo depauperamento. Ora, questo statuto antropologico, che è anche biologico, anche corporeo, viene sorpassato e trasgredito da un atto di carattere velleitario: non basta una risoluzione di un Parlamento a cambiare la natura dell’uomo, il corpo dell’uomo, la sessualità bipolare uomo-donna. In secondo luogo, la cosa grave è anche dal punto di vista psicologico, soprattutto in riferimento all’adozione: tutte le scienze psicologiche e pedagogiche dicono che il bambino deve crescere, per seguire uno sviluppo normale, nell’identificazione con la figura maschile e femminile del papà e della mamma. Perfino il freudismo più recentemente introdotto e le scienze psicologiche del profondo affermano questa necessità. Ora, come dare la possibilità di un’adozione là dove manca la bipolarità delle due figure, che si cerca di rimediare per la morte di un genitore con grande fatica? Questi fatti sono da segnalare all’opinione pubblica, perché ci sia una saggia reazione. lo penio che tutto questo non vada contro il rispetto della dignità anche dei singoli, delle singole persone umane, anc~e di quelle che soffrono di questa disarmonia, nella propria affettività. Perché il riconoscimento della dignità dell’individuo, della persona, vuoI dire il rispetto della eguale dignità di tutti, ma anche il riconoscimento della differenza. Come noi dobbiamo riconoscere la differenza che c’è tra un bambino, un anziano e un giovane, così dobbiamo riconoscere la differenza che c’è tra un uomo e una donna. Questo non va contro, ma va a favore del rispetto della uguaglianza. Il principio di uguaglianza comprende e include il riconoscimento della differenza. Cancellare la differenza tra uomo e donna con un atto giuridico è un atto di follia giuridica.

 

Antiche genti d’Italia

Questa è la più datata delle trasmissioni speciali che ho conservato. Si tratta di una lunga intervista-chiacchierata con l’illustre studioso Sabatino Moscati. Aveva curato la mostra intitolata “Antiche genti d’Italia”, allestita a Rimini nell’ambito del Meeting dei popoli. Ne vengono fuori riflessioni storico-antropologiche.

del 02/01/1994

“Pedro Arrupe. Un’esplosione nella Chiesa”

LA PERSONALITA’ FORTE DI PADRE ARRUPE E LA SUA INFLUENZA  NELLA VITA DELLA COMPAGNIA DI GESU’ E DELLA CHIESA, A DUE ANNI DALLA SUA MORTE, RIPROPOSTE ALL’ATTENZIONE DEL PUBBLICO IN UN LIBRO DI PADRE MIGUEL LAMET

“Pedro Arrupe. Un’esplosione nella Chiesa”: è il titolo italiano del libro scritto in spagnolo da padre Pedro Miguel Lamet che ripropone la figura del Superiore generale dei Gesuiti, morto nel   1991.

Il volume, pubblicato dall’Editrice Ancora, è stato presentato alla stampa da padre Giuseppe Pittau, rettore della Pontficia Università Gregoriana, e da padre Federico Lombardi, direttore dei Programmi della Radio Vaticana.

Il servizio è di Fausta Speranza.

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“E’ la storia di un testimone d’eccezione di questo agitato secolo nel quale viviamo”: cosi dice nell’introduzione lo stesso autore del libro, padre Lamet. Una valutazione condivisa da quanti hanno presentato il volume.

Padre Arrupe Gondra nasce in terra basca nel 1907; entrato nella Compagnia di Gesù, completa gli studi teologici in Belgio. Dopo una prima esperienza negli Stati Uniti, alla vigilia della seconda guerra mondiale, comincia la sua missione in Giappone.

Nel 1954, diventa Provinciale dei Gesuiti in Giappone e, in pieno Concilio Vaticano II, nel 1965, viene eletto Superiore generale.

Gli anni della sua intensa attività alla guida di uno dei p1U importanti Ordini religiosi attraversano i delicati momenti  della contestazione degli anni ’60, e le fasi di profonda trasformazione all’interno della Chiesa in relazione al Concilio. “Anni difficili e dolorosi”, li ha definiti padre Lombardi nella sua presentazione, ricordando da una parte le difficoltà all’interno della Compagnia di Gesù e quelle all’interno della Chiesa, dall’altra le tensioni tra la Santa Sede e la Compagnia di Gesù.

La memoria va ad episodi che hanno coinvolto Papa Paolo VI e poi Papa Giovanni Paolo II; a proposito di quest’ultimo, padre Lombardi ha ricordato quando non accettò la proposta di dimissioni di padre Arrupe, 73.enne, e quando, in seguito alla trombosi cerebrale che colpi nel 1981 padre Arrupe, Giovanni Paolo II mise a guida della Compagnia di Gesù un suo delegato, padre Dezza, contravvenendo alla prassi  dell’elezione interna alla Compagnia.

“Si tratta di momenti del cammino di rinnovamento della Chiesa – ha detto padre Lombardi – nel quale padre Arrupe si pone come personalità estremamente significativa”. A proposito del libro di padre Lamet, che ripropone tale figura sulla base di ampie ricerche, ascoltiamo padre Severino Medici, direttore dell’Editrice Ancora:

R –     Lo ha scritto con uno stile biografico da reportage. Quindi, non è uno    studio sulla sua spiritualità, non è uno studio teologico, ma è piuttosto la presentazione delle testmonianze dirette sulla figura eccezionale di padre Arrupe.

Il libro, alla sua uscita in Spagna, ha conosciuto un grande successo con varie riedizioni, pubblicate – sottolinea padre Medici – non da un’editrice cattolica, ma da un’editrice più che laica. Quali aspetti della figura di padre Arrupe hanno colpito di più il mondo laico? Chiediamo l’opinione di padre Medici:

R –   Posso immaginare che ciò che ha impressionato maggiormente della figura di padre Arrupe è stata la sua testimonianza in occasione dello scoppio della bomba atomica su Hiroshima, alla quale lui ha assistito personalmente, e quando egli si dedicò con una carità straordinaria alla cura delle persone ustionate, dei feriti ••• Lui era medico, tra l’altro, e quindi curò centinaia e centinaia di persona, ospitandole nella Casa dei gesuiti stessi, per cui è apparso prima che come un consacrato, una persona religiosa, come un uomo che si dedica interamente ad altre persone, e quindi viene incontro ai bisogni. E poi, l’altro aspetto che è apparso molto evidente durante il suo generalato e che gli ha creato anche molti nemici e molti problemi: la sua passione per la giustizia e per la promozione dell’uomo, soprattutto nei Paesi poveri.

50 ANNI FA, LA MORTE DI SIMONE WEIL

INSIGNE TESTIMONE DEL TRAVAGLIO DEL NOSTRO TEMPO
 Servizio di Fausta Speranza

Una scelta etica di fondo, quella di proteggere e di difendere sempre gli oppressi: è la costante delle scelte di vita di Simone Weil e del suo pensiero, complesso e articolato, asistematico, ma sempre dominato dall’ispirazione etico-religiosa.

Nata a Parigi il 3 febbraio 1909, da famiglia ebraica, discepola di un prestigioso maestro di filosofia assai influente in quegli anni, e insegnante di tale disciplina nei licei, un giorno decide di lavorare in fabbrica, al fine di conoscere e condividere la condizione operaia. Nel 1938, si avvicina alla religione cristiana.

Nel 1940, dopo l’invasione tedesca della Francia, si trasferisce prima negli Stati Uniti e poi in Inghilterra, dove si impegna attivamente nella resistenza ed entra nell’organizzazione “France Libre”.

Anche nel breve ma intenso periodo della sua militanza politica e sindacale, si ritrova l’ispirazione etico-religiosa. Esprime un giudizio fortemente negativo sugli esiti della rivoluzione sovietica e matura una posizione critica anche nei confronti del marxismo teorico.

Poi, dopo l’avvicinamento al cristianesimo, la sua riflessione si incentra su tematiche esistenziali e soprattutto religiose. Simone Weil pone l’accento sulla miseria umana, ossia sul carattere finito e limitato dell’uomo, sulla sua lontananza dalla perfezione divina e quindi sull’incapacità di autoredimersi attraverso le proprie forze.

   Riguardo alla sua appartenenza alla Chiesa, però, scriveva: “La mia vocazione      m’impone di restare fuori dalla Chiesa. E questo per il servizio di Dio e della fede nel campo dell’intelligenza. Il grado di onestà intellettuale che mi è obbligatorio, in ragione della mia vocazione particolare, esige che il mio
pensiero sia indifferente a tutti i sistemi di idee”.

Ma alla fine, Simone Weil si è rimossa da questa posizione, dopo il ritorno dall’America: poco prima di morire in un sanatorio alla periferia di Londra, divorata dalla tubercolosi e dalla stanchezza, ha chiesto il battesimo e l’ha avuto, come testimoniarono i medici e gli amici che le furono vicino.